Almeno trecento dispersi. È la cifre provvisoria dell’ultima tragedia della navigazione nella Repubblica Democratica del Congo, avvenuta ancora una volta nelle acque del lago Kivu. Questa mattina il battello MV/Merdi era partito da Minova in direzione Goma. Era stracarico: le cifre ufficiali parlano di trecento passeggeri, ma secondo le testimonianze di alcuni sopravvissuti, a bordo c’erano almeno cinquecento persone e molte merci e bagagli. Un video amatoriale, girato per caso da qualcuno che transitava su un’altra barca, mostra il momento del rovesciamento del battello, stracarico. Proprio il sovraccarico sembra essere all’origine dell’ennesima tragedia annunciata.
Pochissime le persone finora tratte in salvo, grazie a una équipe d’intervento appoggiata dai soldati della Sadc, la forza dell’Africa australe presente in Nord Kivu a causa della guerra. Secondo fonti locali, le operazioni di soccorso e ricerca e recupero dei corpi sono tutt’ora in corso, anche con l’aiuto di alcune delle organizzazioni umanitarie, che nell’area sono numerosissime.
L’imbarcazione si stava avvicinando alla banchina del porto di Kitutu, sede anche di un grosso mercato che rifornisce fra l’altro la città di Goma dei prodotti alimentari provenienti anche dalla zona di Minova. Questo porto, come tanti altri, non dispone di un sistema di monitoraggio del traffico lacustre, sempre molto intenso. Alle carenze strutturali e alla mancanza del rispetto delle norme di sicurezza – cause di frequenti naufragi qui e su altri laghi e fiumi, l’ultimo solo ieri sempre sul lago Kivu – si aggiunge ora però un’altra ragione che può considerarsi concausa della tragedia: da quando i guerriglieri dell’M23 occupano diverse zone del Nord Kivu e controllano tutte le strade di accesso al capoluogo Goma, la città è raggiungibile solo via lago. Ed è via lago che affluiscono anche i generi alimentari, indispensabili per i circa due milioni di abitanti asfissiati dall’occupazione dei territori circostanti. Sul battello MV/Merdi viaggiavano merci e persone che non possono più muoversi via terra. Un altro “danno collaterale” del conflitto. “Ho perso mio zio, mia sorella e i miei due nipotini” racconta al fattoquotidiano.it una persona direttamente colpita da questa tragedia. E sconsolata aggiunge: “Questi morti dovrebbero essere computate fra le vittime della guerra”
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