di Giuseppe Paradiso

“Il costo della vita al Sud è più basso rispetto al Nord Italia!”. Quante volte abbiamo sentito (o letto sui quotidiani) questa dichiarazione ripetuta come un mantra per convincere i cittadini del Sud che, in fondo, a loro sono necessari meno denari in tasca per vivere? E’ la verità? No affatto! Ed ecco una serie di “imbrogli”, perpetrati manipolando i dati diffusi dall’Istat.

Primo imbroglio: paragonare soggetti con dati non omogenei

Ha senso paragonare il costo della vita di una Regione italiana dove il reddito medio dei suoi abitanti è il doppio di quello di un’altra Regione dove, invece, è la metà? No, non ha alcun senso, perché i paragoni si fanno su dati omogenei, altrimenti il dato finale è viziato fin dall’origine. Questa prima deduzione è talmente ovvia che non vale la pena approfondirla.

Secondo imbroglio: confronto dei prezzi al consumo

Il cittadino medio italiano del Nord Italia che legge su un quotidiano le differenze dei prezzi al consumo nelle varie Regioni italiane – rilevati dai dati Istat – è indotto a credere che gli identici prodotti che lui acquista ad un certo prezzo, se si spostasse al Sud li acquisterebbe ad un prezzo inferiore (identico prodotto, identico brand). Ma non è vero.

L’Istat, infatti, non rileva la differenza di prezzo dell’identico prodotto al Nord e al Sud, ma lo fa tra quelli più venduti. Un esempio: se acquisto una confezione da 1 kg di spaghetti marca X in un centro commerciale del Nord, state pur certi che lo stesso kg di spaghetti marca X nello stesso centro commerciale del Sud ha un costo identico a quello acquistato al Nord. L’Istat, semplicemente, paragona la confezione di spaghetti marca X venduta al Nord (la più venduta e di migliore qualità, perché il reddito superiore lo permette) con la confezione di spaghetti marca Y venduta al Sud (la più venduta ma di qualità inferiore e più economica) venduta al Sud. Questo confronto, lo capirebbe anche uno scolaro delle elementari, è totalmente fuorviante e improponibile; lo stessa metodologia viene applicata per la totalità dei beni in commercio. Perché allora si continua a perpetuare la bugia secondo la quale al Sud i prodotti al consumo costano meno? Perché i “giornaloni” sono così reticenti a smascherare la bugia?

Terzo imbroglio: i servizi erogati dallo Stato italiano

Ultimo – ma non per importanza – l’aspetto relativo ai servizi erogati dallo Stato italiano o, per suo tramite, dagli enti locali.

Se a Reggio Emilia lo Stato eroga risorse per la costruzione di 90 asili nido e a Reggio Calabria (con popolazione di poco superiore a Reggio Emilia) lo stesso Stato eroga a malapena le risorse per costruirne 3, è ovvio che le famiglie calabresi devono sborsare di tasca propria la retta per pagare un asilo nido privato. Perché questo dato (insieme a moltissimi altri) “scompare” dalle rilevazioni ufficiali dell’Istat quando viene stilata la classifica del “costo della vita” tra le varie regioni italiane? A cascata, ciò incide anche sulla facoltà per una mamma calabrese di poter trovare lavoro, perché non può permettersi di pagare le rette dell’asilo nido privato.

La mancata erogazione dei servizi statali erogati al Sud è un segreto di pulcinella per gli addetti ai lavori, ma resta sconosciuta alla stragrande maggioranza dei cittadini italiani (in realtà si chiama questione meridionale e un tempo, molti decenni fa, era una questione di dominio pubblico). E ancora, se un cittadino del Sud per andare a lavorare è costretto a prendere la propria auto (o ad acquistare costosi abbonamenti su mezzi di trasporto privati) invece dei comodi e relativamente economici mezzi di trasporto pubblico presenti al Nord, perché anche questo dato non viene considerato nel computo del costo della vita?

Ci sarebbero poi tantissimi altri dati da considerare e, visto che a parità di reddito le tasse si pagano in maniera uniforme in tutto il territorio nazionale, facendo il gran totale viene fuori che al Sud il costo della vita è tutt’altro che basso.

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