Un altro verdetto della Corte di Giustizia Europea contro le organizzazioni che reggono il calcio internazionale, in questo caso la Fifa. Per alcuni, addirittura una nuova sentenza Bosman, in grado di rivoluzionare il sistema. Più probabilmente, un precedente complesso, che rappresenta di sicuro un brutto colpo per le istituzioni del pallone (dopo il no alla Superlega) ma i cui effetti sono ancora tutti da decifrare. Sta facendo il giro del mondo la notizia della vittoria al tribunale UE di Lassana Diarra contro la Fifa. Per capire di che si tratta bisogna riepilogare brevemente la vicenda, che risale a quando l’ormai ex centrocampista della Francia giocava in Russia per il Lokomotiv Mosca più di 10 anni fa.

Nell’agosto 2014 il club russo rescinde il contratto lamentando una serie di inadempienze da parte del calciatore: ne nasce una causa in cui la società chiede un indennizzo di 20 milioni di euro, mentre il giocatore il pagamento degli arretrati salariali. La Camera arbitrale della Fifa condanna il calciatore a un risarcimento di circa 10 milioni, poi confermato dal Tas, e a quel punto scattano i meccanismi Fifa per cui qualsiasi squadra che avrebbe tesserato Diarra sarebbe stata responsabile in solido della pendenza non onorata, oltre che passibile di squalifica. Ragione per cui a inizio 2015 salta il possibile passaggio allo Charleroi (la società belga si tira indietro di fronte ai possibili rischi) e Diarra rimane svincolato fino ad agosto, quando si accaserà al Marsiglia, dopo un periodo di inattività di un’intera stagione, piuttosto insolito per un giocatore del suo calibro. Oggi, a distanza di quasi 10 anni, la Corte di Giustizia Europea condanna la Fifa perché le sue misure sono state vessatorie e sproporzionate, in quanto contrarie alla libera circolazione dei lavoratori nella Ue.

La Fifa si è limitata a precisare che “solo due articoli delle norme internazionali sui trasferimenti sono stati messi in discussione”. Per l’avvocato Dupont (il nome non è casuale: è lo stesso legale della storica sentenza Bosman e più recentemente della Superlega, praticamente la criptonite di Uefa e Fifa) si tratta di una “vittoria totale che cambierà il sistema”. Infatti c’è già chi immagina una rivoluzione per cui i giocatori saranno liberi di lasciare le squadre, praticamente la fine del calciomercato e del calcio come l’abbiamo conosciuto. Ma cosa dice davvero la sentenza?

La condanna della Corte è pesante, per carità. I giudici europei affermano che la Fifa può porre dei paletti per tutelare la stabilità del sistema e la regolarità delle competizioni, ma che “diverse norme sembrano andare, sotto diversi aspetti, al di là, e addirittura, per alcuni, molto al di là di quanto necessario per raggiungere tale obiettivo”. Sono tre in particolare i punti censurati: il fatto che la nuova società che assume il calciatore a seguito di una risoluzione sia solidalmente responsabile del pagamento di indennità fissate su criteri imprecisi o discrezionale; che la nuova società incorra in una sanzione consistente nel divieto di tesserare calciatori; e che la Federazione di appartenenza possa rifiutarsi di rilasciare i certificati necessari al calciatore per andare a giocare in un nuovo campionato. Tutto ciò limita la libera circolazione e probabilmente andrà rivisto dalla Fifa.

Non è scritto da nessuna parte, però, che d’ora in poi i calciatori potranno stracciare i contratti a piacimento per accasarsi al miglior offerente. Per intenderci, il caso Diarra assomiglia più al lodo Mutu (anni fa condannato a risarcire il Chelsea dopo il licenziamento) che alla sentenza Bosman, con alcune specificità che potrebbero limitarne la portata. Innanzitutto in questo caso fu proprio il club (il Lokomotiv Mosca) a rescindere il contratto, e non il calciatore come invece si vorrebbe intendere per il futuro. Per altro, il dispositivo chiarisce che il trattato non si applica alle situazioni in cui tutti gli elementi sono confinati all’interno di un unico Stato membro (ma solo tra Stati diversi), dunque eventualmente gli effetti della sentenza non riguarderebbero i trasferimenti all’interno di un singolo campionato (ad esempio da una squadra di Serie A all’altra) ma solo verso altri tornei, e già questa è un’ulteriore limitazione. La conseguenza più certa e concreta sarà ridurre i rischi per i nuovi club che vogliano tesserare calciatori con un contenzioso pendente. E quindi solo in questo senso, soltanto indirettamente, la sentenza intacca il valore dei cartellini. Al momento, è soprattutto un altro punto in favore della lobby dei procuratori e un’altra sconfitta per Fifa/Uefa. Per il resto bisognerà attendere.

X: @lVendemiale

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