“Artifizi” e “raggiri” che hanno finito per indurre in errore gli acquirenti e procurare un “ingiusto profitto” per un totale di circa 2 milioni di euro alle società dell’imprenditrice digitale più famosa al mondo. I comunicati stampa e i post su Instagram di Chiara Ferragni erano “pubblicità ingannevole” e diffondevano “informazioni fuorvianti” sulle donazioni benefiche associate al pandoro Balocco e alle uova di pasqua Dolci Preziosi, entrambi “limited edition” marchiati dalla star del web. In altri termini: una truffa aggravata secondo il procuratore aggiunto Eugenio Fusco e il pubblico ministero Cristian Barilli che hanno chiuso l’inchiesta, svolta dalla Guardia di finanza di Milano, nei confronti di Ferragni, ai vertici delle società Tbs Crew e Fenice, del suo ex braccio destro Fabio Damato (allora legale rappresentante di Sisterhood e consigliere di Fenice), di Alessandra Balocco alla guida dell’omonima azienda dolciaria e di Francesco Cannillo, presidente del cda di Cerealitalia, gruppo che ha tra i suoi brand Dolci Preziosi. Tutti ora rischiano il processo.

All’imprenditrice digitale viene contestato 1,075 milioni di euro di ingiusto profitto per l’operazione del pandoro e 1,050 milioni di euro per le due campagne legate alle uova di Pasqua. A Balocco invece si imputano i ricavi dei 362.577 pandori marchiati “Pink Christmas – Limited edition Chiara Ferragni” e a Dolci Preziosi altri 7,45 milioni derivanti dalla vendita del prodotto. “Tutti conseguivano, inoltre, profitto non patrimoniale derivante dal ritorno di immagine legato alla prospettata iniziativa benefica”, si legge nell’avviso di conclusione delle indagini che precede, solitamente, la richiesta di rinvio a giudizio da parte della procura.

I quattro, secondo l’accusa, hanno indotto in errore un “numero imprecisato” di acquirenti mettendo in correlazione l’acquisto dei due prodotti con il contributo alla raccolta di fondi a favore in un caso dell’ospedale Regina Margherita di Torino e nell’altro dell’impresa sociale I bambini delle fate, quando in realtà le donazioni erano sganciate dalle vendite. Le due società infatti avevano già deciso con gli enti il quantum delle donazioni (50mila per Balocco, 1.000 euro mensili nel 2021 e 2.000 nel 2022 per Dolci Preziosi) prima che avvenisse la commercializzazione dei prodotti natalizi e pasquali. “Nessun legame sussisteva tra tale pagamento e i profitti derivanti dalla vendita del prodotto”, si legge negli atti. Riguardo alla campagna con Balocco, tra l’altro, la procura contesta anche il prezzo di vendita tra gli “artifizi e raggiri” perché “commercializzare il prodotto” marchiato Ferragni a 9,37 euro “a fronte di circa 3,68 euro del pandoro tradizionale” avrebbe rafforzato “nel pubblico la convinzione che la differenza di prezzo andasse a beneficio” dell’ospedale torinese.

Le campagne promozionali poi, è la sintesi dei magistrati, avrebbero costituito un vero e proprio raggiro: “Venivano propalate informazioni fuorvianti”, si legge negli atti dell’inchiesta. In particolare, Ferragni avrebbe condiviso “pubblicità ingannevole” con “almeno” 4 post e 12 stories su Instagram attraverso i propri canali e quello della sua Fenice riguardanti il pandoro, oltre ad altri 11 tra post e stories per le due campagne legate alle uova di Pasqua. Si leggevano messaggi del tipo: “Anche quest’anno io e Dolci Preziosi abbiamo deciso di sostenere I bambini delle fate con delle uova di Pasqua. Troppo fiera di sostenere I bambini delle fate con le mie uova”. E poi: “La Pasqua è vicina, è il momento giusto per fare del bene”. Ancora: “Il mio pandoro sostiene l’ospedale Regione Margherita di Torino per un Natale più dolce per tutti”.

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