Sta aumentando giorno dopo giorno il numero dei rifugiati siriani che fuggono dal Libano per tentare di mettersi in salvo nel paese natale che avevano lasciato durante questi 13 anni di guerra, tra il regime di Damasco e i gruppi jihadisti oggi arroccati nella regione di Idlib. La maggior parte dei rifugiati si era diretto in Turchia e nel Paese dei Cedri – 1 milione circa “- pur sapendo di non poter godere di alcun diritto nei paesi “ospitanti”, specialmente in Libano, compreso attualmente l’accesso ai rifugi governativi per scampare alle bombe dello stato ebraico.
In seguito all’offensiva di Israele su Beirut di questi giorni, sono dunque già migliaia i siriani che stanno raggiungendo il nord della Siria, cioè le aree occupate e controllate dalla Turchia, in particolare la roccaforte jihadista di Idlib, per l’appunto. Si tratta di un problema per Ankara, che da anni sfrutta la questione dell’accoglienza e quindi del ritorno dei milioni di rifugiati siriani disseminati in tutta la Turchia, per sovvertire la demografia del nord della Siria, finora costituita soprattutto da curdi e da oppositori del dittatore siriano Bashar al-Assad.
La regione di Idlib però è già densamente popolata da oppositori di Assad – non solo jihadisti- e l’arrivo imprevisto di siriani dal Libano rompe le uova nel paniere del presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Il “Sultano” inoltre da un paio d’anni sta cercando di trovare un punto d’intesa con l’ex amico Assad per rimandare in Siria i rifugiati dato che i turchi non li vogliono più. L’insofferenza dei cittadini turchi nei confronti dei profughi siriani è aumentata di pari passo con la crisi economica: i rifugiati vengono accusati di rubare il lavoro perchè accettano di essere pagati molto meno dei turchi e, per giunta, in nero .
Per questo il clima socio-politico in Turchia è molto teso. Il presidente del Parlamento, Numan Kurtulmuş, però la prende alla larga e in modo strumentale, manipolando lo stato delle cose. Ieri ha affermato che l’assemblea si riunirà in una sessione a porte chiuse per affrontare le potenziali minacce alla sicurezza poste da Israele alla luce delle sue azioni militari in corso nei territori palestinesi e in Libano. “Questo sarà un incontro importante, non solo per discutere, ma anche per adottare le misure necessarie e aumentare ulteriormente la sensibilità dei nostri partiti e parlamentari su questo tema”, ha affermato Kurtulmuş durante un evento nella capitale. È probabile che i ministri partecipino alla sessione per fornire ulteriori approfondimenti, ha aggiunto.
La decisione di Kurtulmuş segue una chiamata del leader del principale partito di opposizione, il Partito Popolare Repubblicano (CHP), Özgür Özel. “Vogliamo informazioni sulla questione della sicurezza della Turchia. Vogliamo sapere se c’è una minaccia nella questione israeliana”, ha detto Özel ai giornalisti nella città meridionale di Antalya. Le sue osservazioni sono arrivate dopo che il presidente Recep Tayyip Erdoğan ha avvertito il 1° ottobre che “il prossimo posto su cui Israele poserà gli occhi sarà la Turchia”. “Le frasi pronunciate da Erdoğan sono impressionanti e preoccupanti”, ha detto Özel. “Ci auguriamo che informi il parlamento il prima possibile. Se il presidente esprime una minaccia così chiara alla Repubblica turca, dovrebbe spiegarla con ragioni concrete”.
Il leader del CHP ha giurato di non permettere che questa questione venga usata come distrazione dai problemi interni del paese. “Tutti sono preoccupati per il discorso ‘Stai dietro di me, c’è uno stato di guerra’ e per il pragmatismo ‘Hai fame, sei povero, ma il pericolo è grande, dovresti sostenermi’”, ha detto. “Se vedi un pericolo, dillo al parlamento e facciamo insieme ciò che è necessario… Se il pericolo è grande, siamo a favore dell’unità e della solidarietà”. Il CHP sostiene gli sforzi diplomatici del governo e le sue richieste di azione internazionale contro l’aggressione israeliana, ha detto Özel. “Abbiamo condannato i crimini di Israele contro l’umanità fin dall’inizio. La causa palestinese è la causa di ogni membro del CHP”.
In realtà non vi è alcun pericolo per un attacco di Israele contro la Turchia, essendo un paese membro della NATO nonché alleato di Washington, il grande protettore di Israele. Per il presidente turco però è uno spauracchio facile da agitare davanti agli occhi imbevuti di propaganda, non solo dei suoi elettori ma anche di tutti i turchi fedeli della Fratellanza Musulmana – i cui leader sono l’emiro del Qatar e lo stesso Erdogan – che vedono nella causa palestinese un mezzo di riscatto.