Nel tempo surreale in cui stiamo vivendo, quando i demoni della guerra si stanno scatenando in mille forme, quando il ministro Giorgetti annuncia lacrime e sangue con la prossima legge di bilancio, quando chiude un’acciaieria a Terni per l’insostenibile costo dell’energia, quando il colore delle vendite di Stellantis è profondo rosso, quando l’industria delle armi è l’unica che prospera col cilindro in testa e il sigaro in bocca come in una vignetta di Scalarini a cavallo degli anni Venti, è il momento di darsi una mossa.

Complicità, impunità, inazione – uso le parole che ho sentito da Flavio Lotti sul tema della guerra – racchiudono l’atteggiamento prevalente dei governi europei in particolare sulla tragedia del Medio Oriente, mentre va avanti ininterrotto un massacro di dimensioni bibliche a Gaza, per non parlare di Cisgiordania, Libano e oggi Iran, dove non ci vuole molto a immaginare una feroce ritorsione israeliana dopo l’attacco missilistico, e poi una reazione altrettanto violenta da parte del Paese dei pasdaran, e così via verso la catastrofe.

È trasversale una sorta di senso di impotenza davanti a questa accelerazione della storia (verso la preistoria). Una ragione in più per reagire. Già, ma come? Si sta preparando da parte di un grande cartello di associazioni (Anpi compresa) una importantissima giornata di lotta in tutta Italia sabato 26 ottobre. Ottima cosa.

Intanto quali segnali possiamo dare in concreto per contrastare le tre teste di Cerbero – complicità, impunità, inazione – che, orrido mastino, non a caso era a guardia degli inferi? Operando virtuosamente in direzione ostinata e contraria sul piano della concretezza e dell’iniziativa politica, cercando sempre la massima unità. Per questo l’Anpi nazionale ha lanciato due campagne.

Abbiamo infatti avviato una grande sottoscrizione popolare per finanziare la cura dei bambini, degli anziani, delle donne e degli uomini palestinesi ricoverati nell’ospedale che Emergency sta avviando a Gaza. In quella terra a causa dell’attacco israeliano risultano circa 41mila morti e poco meno di 100mila feriti. Se nessuno si muove, tranne che le associazioni di volontariato, noi diamo un segnale. Di prossimità, di vicinanza, di solidarietà, di umanità. E specialmente concreto. Chiunque fosse interessato, può donare attraverso questo sito.

Inoltre abbiamo proposto una grande campagna per il riconoscimento dello Stato di Palestina, dedicata in particolare alla richiesta ai sindaci di approvare una risoluzione a sostegno di tale riconoscimento. Abbiamo così fatto tesoro di una virtuosa esperienza toscana, dove, grazie all’impegno di tante associazioni fra cui l’Anpi provinciale, sono stati approvati ordini del giorno per il riconoscimento dello Stato di Palestina nei Comuni di Firenze, Barberino di Mugello, Borgo San Lorenzo, Calenzano, Campi Bisenzio, Dicomano, Empoli, Lastra a Signa, Montelupo Fiorentino, Pontassieve, Rignano, Sesto Fiorentino, Signa Vinci, Vicchio.

Perché insistiamo sul riconoscimento della Palestina? Perché la radice del problema dell’intero Medio Oriente, pur attraversato da mille contraddizioni, è la questione palestinese. La sua soluzione – due popoli in due Stati in reciproca sicurezza – è l’obiettivo politico da perseguire come unica possibilità di dar vita a una pace durevole e la cui condizione iniziale non può che essere il riconoscimento dello Stato di Palestina. In tanti, a cominciare dall’attuale governo, si dicono d’accordo con la politica dei due popoli in due Stati. Ma è una foglia di fico che nasconde non solo un’inazione, ma anche una complicità col governo israeliano: non sono cessate le forniture di armi concordate con contratti precedenti alla terribile strage di Hamas del 7 ottobre 2023; si è addirittura firmato da parte dell’Eni lo sfruttamento del giacimento di gas sito nelle acque di Gaza, la cui proprietà è palestinese; si balbetta davanti ai massacri in corso e alla evidente volontà espansionistica.

Siete per due popoli in due Stati? Benissimo: riconoscete di conseguenza lo Stato di Palestina. Netanyahu vuole Israele dal fiume al mare. Niente Stato palestinese. Hamas vuole la Palestina dal fiume al mare. Niente Stato di Israele. La politica diventa annichilimento dell’avversario. Il popolo diventa il nemico. Il sangue diventa il mezzo di risoluzione delle controversie internazionali. Basta. Chi paga sono i palestinesi. Ma – attenzione – sono anche gli israeliani, condannati dalla belluina politica di Netanyahu a un presente e specialmente a un futuro di insicurezza, di paura in una situazione di guerra continua, ad alta o bassa intensità. Il “nuovo ordine” di cui parla Netanyahu è inesorabilmente condannato alla sconfitta, perché se la questione palestinese dovesse uscire dalla porta rientrerebbe inevitabilmente dalla finestra, com’è sempre avvenuto da parte dei popoli oppressi da un’occupazione militare.

Il riconoscimento dello Stato di Palestina è una voce contro le urla dell’odio, una manciata di granelli di sabbia nella macchina della guerra, un segnale dell’isolamento della politica di Netanyahu nel mondo, un riconoscimento di una identità nazionale che oggi viene misconosciuta con l’equazione falsa: palestinesi uguale terroristi. L’obiettivo è una conferenza internazionale di pace. Siamo l’Anpi. Questo facciamo e faremo. Restiamo umani.

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