Qualche giorno fa in un articolo apparso sul New York Times il giornalista si chiedeva se una eventuale vittoria dei democratici avrebbe salvato gli Usa dalla catastrofe fiscale che si preannuncia, in quanto nel 2025 scadono i tagli fiscali di Trump e il loro rinnovo porterebbe a una impennata del debito pubblico, già ora gigantesco (122% del Pil nel 2023). Negli Usa funziona così: i cosiddetti prudenti conservatori gonfiano il debito riducendo le tasse principalmente per i ricchi e le imprese; tocca poi ai democratici riportare la situazione in ordine.
In Europa la situazione è diversa ed è compito ingrato degli organismi europei rimettere ordine nei conti degli stati facendo rispettare il Patto di stabilità, ora ammorbidito ma ancora stringente per i grandi debitori come l’Italia. Il nuovo patto ci salverà dalla catastrofe fiscale annunciata in altre terre, come Usa ma anche Giappone e Cina?
Il nuovo patto di stabilità ha portato anche al rinnovo della denominazione contabile. Il governo ha approvato il 27 settembre il Piano strutturale di bilancio di medio termine, che sostituisce la vecchia Nadef. È un documentone volontariamente prolisso e ampiamente retorico – molte pagine potrebbero essere eliminate – che indica la strada finanziaria e fiscale dei prossimi 7 anni. Saranno i sette anni di vacche magre, di austerity, come preannunciati nella Bibbia da Mosè al faraone? Il ministro ha affermato che ci saranno sacrifici non banali. Affermazione del tutto scontata per paesi che hanno un debito mostruoso come il nostro. Il problema è capire come sarà possibile rispettare i vincoli europei e poi come ripartire il fardello dei sacrifici tra i contribuenti.
Come sarà la politica tributaria nei prossimi sette anni? Con una lettura abbastanza veloce del documento ho trovato una spiegazione a pag. 104. Non ci sarà nulla di nuovo, e si continuerà sulla vecchia strada del governo Meloni. Il testo elenca quattro punti, ma i principali sono i primi due. Il perno dell’azione di governo saranno misure improntate alla vergogna fiscale e alla irrazionalità, sempre fiscale. La vergogna la ritroviamo nell’intenzione (primo punto) di “promuovere il concordato preventivo e l’adempimento collaborativo”. In altre parole avanti a più non posso con i condoni e le sanatorie. La delega del viceministro Leo ha fatto il record di condoni, sia in qualità che in quantità. L’ultimo condono, il concordato preventivo biennale, ha però superato la più fervida immaginazione, in negativo. Mentre i condoni precedenti portavano soldi, pochissimi, nelle casse dello Stato, questo prevede un ammanco di circa un miliardo, visto che lo stato ha rinunciato a sanzioni e interessi, e ci si accontenta di una piccola percentuale sull’evaso accertato.
Essere d’accordo con il generale entrato da poco in politica mi dà molto fastidio, ma il fisco sicuramente attirerebbe la sua attenzione perché è un mondo al contrario dove gli evasori sono coccolati e gli onesti mazziati. Ma recuperare l’evasione è sempre stato molto difficile per tutti i governi per via delle abitudini italiche dei soliti noti e quindi il danno strutturale non è così elevato. Diciamo che si è fatto il callo morale.
Elevatissimo invece è il danno creato dal secondo punto del programma fiscale, le new entries. Il governo si propone di “confermare quale misura strutturale la rimodulazione delle aliquote Irpef e gli effetti del cuneo fiscale”. Oggi la rimodulazione dell’Irpef costa 4 miliardi all’anno e la riduzione del cuneo fiscale circa 7 miliardi. Questi sembrano essere i due provvedimenti di punta del governo di destra-destra per il prossimo futuro. Poiché i soldi non ci sono, si tratta di provvedimenti finanziati in disavanzo che poi andrà, nel mutato regime fiscale, in qualche modo coperto.
La riduzione dell’Irpef è arrivata a un massimo di 260 euro nel 2024, e quindi 21 euro al mese. La riduzione del cuneo fiscale invece oscilla tra i 50 e i 100 euro netti al mese. Diciamo che per milioni di contribuenti fino a un decimo dello stipendio è puro assistenzialismo, pagato dai contribuenti e in disavanzo. Naturalmente gli imprenditori ringraziano per questa boccata di ossigeno per i loro profitti. Non serve aumentare i salari quando lo stato regala generosamente tutte queste risorse.
È una soluzione sostenibile per la finanza pubblica? Chiaramente no e la fragile crescita economica, insieme al ridursi dell’inflazione, renderà ancor più problematica la situazione. In effetti il documento conferma che la percentuale del debito sul Pil rimarrà molto alta. Anzi, in termini assoluti il debito con la squadra di Meloni sarà il più alto di sempre. Ridurre Irpef e contributi Inps non è una mossa razionale per sistemare i conti pubblici.
Come impedire allora l’annunciata catastrofe fiscale che si prospetta anche per l’Italia? Anche qui si è già visto molto in questo biennio. Il governo Meloni ha dato un forte taglio alle pensioni, venendo meno al patto tra generazioni. Poi non sta rinnovando i contratti della PA, con risparmi per miliardi di euro. Va avanti, silenziosamente, una riduzione della spesa per i servizi pubblici, dalla sanità, alla scuola e a tutti gli altri comparti. La destra-destra cambia il pelo ma non il vizio puntando a demolire silenziosamente lo stato sociale.
Siccome la spesa pubblica non si può ridurre istantaneamente, pena la rivolta popolare, la strada maestra è quella seguita dalla destra americana di creare debito pubblico riducendo le tasse (ai ricchi in quel caso). Pazienza se poi gli onesti cittadini, che ora battono le mani, dovranno ricomprarsi i beni offerti gratuitamente a un costo ben più altro del contributo fiscale. Elevato invece è il plauso degli evasori che, come Candide del romanzo di Voltaire, vivono nel migliore dei mondi possibili.
Forse non siamo vicini alla catastrofe finanziaria, grazie all’Europa, ma di sicuro sull’orlo di quella sociale per colpa di una destra attaccata al carro del populismo fiscale. C’è da osservare che il governo italiano furbescamente non ha mai rispettato le regole del vecchio patto di stabilità, e ho l’impressione che lo stesso capiterà con il nuovo. Vedremo cosa uscirà dal cilindro della creatività latina, ma meglio sarebbe che gli elettori, di destra e di sinistra, licenziassero questi dannosissimi apprendisti stregoni.