Il rapper è tra i protagonisti all'evento Red Bull 64 Bars Live di stasera a Scampia
Il conto alla rovescia per l’inizio del Red Bull 64 Bars Live è ufficialmente iniziato. Sul palco dell’evento che si terrà stasera a Scampia si esibiranno Guè, Artie 5ive, Kid Yugi, Massimo Pericolo, Tony Effe e i due padroni di casa, Geolier e il producer Dat Boi Dee. Abbiamo incontrato a poche ore dall’inizio Guè: “L’approccio a questo evento è sempre bello. È un format che parte dall’hip hop. Mi fa piacere essere con dei talenti più giovani di me che, nel loro genere, sono al top”, ha detto.
Il rapper ha raccontato anche delle difficoltà riscontrate ad inizio carriera perché era complesso “farci accettare”. Ora, invece, “siamo arrivati ad una scena per tutti i gusti”. Cultura hip hop che è sempre stata al centro dell’artisticità del rapper milanese. “Noi (i rapper, ndr) prendevamo l’esempio americano e lo portavamo in Italia, senza emulare le gang”. Un modo di vivere e di intendere la musica che era strettamente “parallelo all’hip hop. Una cultura di strada che non vuol dire criminalità, non c’era una glorificazione della violenza”, ha detto Guè.
Nonostante i testi crudi tipici dell’ambiente rap, in cui si fotografa una realtà senza usare filtri, il vero successo mainstream non lo si ha – tendenzialmente – con ciò che viene detto nei brani, bensì da come viene cantato. Barre e contenuti rimangono fondamentali, ma per arrivare al grande (o meglio grandissimo) pubblico, servirebbe altro: “Il fatto che il rap venda tanto è semplicemente una questione melodica e di moda. Non c’è una vera cultura rap, gli artisti vendono più per i loro pezzi maggiormente pop e perché sono melodici. Vale per tutti, io stesso sono conosciuto come uno che ha uno stile unico ma i pezzi che fatturano di più sono quelli ‘mainstream’”, ha proseguito Guè.
Non poteva mancare un commento sul dissing tra Fedez e Tony Effe, che ha tenuto banco qualche giorno fa. Guè, portando l’esempio dell’acceso diverbio musicale che ci fu tra Jay-Z e Nas, è andato contro a chi ha giudicato e sputato sentenze morali sulla questione “senza avere la cultura dei dissing. Le persone hanno vissuto questa cosa come se fosse Temptation Island. La gente non sa un cazzo e non capirà mai un cazzo”, ha dichiarato Guè. I dissing possono essere una sfaccettatura del rap: è sempre stato così. Non è corretto, come spiegato dallo stesso Guè, che si giudichi o addirittura condanni un artista per una forma di espressione che vige da decenni (ed in forme anche più pesanti).
Tornando in Campania non poteva di certo mancare un commento sull’ultima edizione del Festival di Sanremo e la serata delle cover al fianco di Geolier. Guè, accortosi dei fischi rivolti (soprattutto) a Geolier, ha incrociato lo sguardo del rapper partenopeo facendogli un segno di supporto e vicinanza.
La clip aveva fatto il giro del Web, anche se Guè crede sia stato “un gesto che è stato enfatizzato molto dalle pagine Instagram”. Poi non le manda a dire ad una parte del pubblico sanremese: “Un conto è vedere Sanremo in tele, ma quando tu sei là (all’Ariston, ndr), sei in un teatro con 1.500 persone che sono 1.500 stronzi. Non è un pubblico che è aperto di mente”.
“Speriamo non mi facciano più andare a Sanremo”, ha infine ironizzato il rapper, già pronto a scaldare i motori per la serata.