“Altro che aumento degli stipendi agli insegnanti. Ora l’Italia, dopo l’apertura del procedimento della Corte Ue che contesta a Roma di non aver posto fine all’uso abusivo di contratti a tempo determinato e a condizioni di lavoro discriminatorie, rischia un esborso inimmaginabile visto che potremmo contare circa 500mila persone che in questi anni hanno vissuto il precariato”. A dare le dimensioni del fenomeno e della gravità della situazione è il numero uno dell’Associazione nazionale presidi, Antonello Giannelli.

Il presidente dell’Anp è un uomo solitamente capace di misurare le parole, non può essere certo etichettato a Sinistra ma sulla questione è perentorio: “Siamo di fronte ad un problema non nuovo che da tempo si trascina con inviti bonari da parte dell’Ue a risolvere il caso. Per i togati di Bruxelles un lavoratore temporaneo deve essere trattato come uno a tempo indeterminato. In qualsiasi settore. Anche nella scuola dove, invece, da anni non sono riconosciuti ai precari gli scatti stipendiali per l’anzianità”. La Commissione, infatti, “ritiene che la legislazione italiana che determina lo stipendio degli insegnanti a tempo determinato nelle scuole pubbliche non preveda una progressione salariale incrementale basata sui precedenti periodi di servizio”.

Ad oggi è difficile prevedere come il governo risponderà all’Ue. Lo dice anche Ivana Barbacci, segretaria della Cisl Scuola: “Si tratta ora di vedere in che modo governo e parlamento daranno seguito alle decisioni che assumerà la Corte di Giustizia, mettendo fine alla latitanza che si è registrata rispetto a precedenti richiami. Difficile calcolare con precisione i possibili costi economici, mentre è ancora più evidente la necessità di irrobustire la dotazione di risorse per il prossimo Ccnl del comparto”.

Anche sull’abuso del lavoro precario Barbacci è chiara “Serve stabilizzare i posti in organico, rendendo possibile la loro copertura con personale di ruolo, rimuovere le disposizioni che impediscono di assumere su tutti i posti vacanti, rivedere il sistema di reclutamento, perché chi lavora precariamente abbia opportunità di rendere a tempo indeterminato il proprio rapporto di lavoro, attraverso un canale di assunzione che valorizzi l’esperienza maturata, da riconoscere come fattore rilevante di crescita professionale. Nell’incontro che avremo martedì col ministro non mancheremo certo di porre sul tavolo anche questi temi”.

Oggi, infatti, abbiamo in servizio circa 200-250mila precari ma nel corso di questi ultimi dieci anni le persone che hanno lavorato nella scuola ad intermittenza con contratti fino al fine dell’attività didattica o al 31 agosto potrebbero essere – secondo Giannelli – anche 500mila. Quindi il “monte -supplenti” con i quali il governo dovrebbe fare i conti sarebbe molto alto. È il fallimento dei premier che si sono succeduti e che hanno consentito e continuano a consentire che un lavoratore su quattro nella scuola sia a tempo determinato.

“Sul versante salariale, il governo ha fatto poco o niente. Ha banalmente deciso di non attribuire dieci punti percentuali di inflazione a stipendi già molto bassi. Da questo punto di vista, lo diremo al ministro, dice la segretaria nazionale della Flc Cgil, Gianna Fracassi, nell’incontro previsto la prossima settimana, queste risorse per il rinnovo del contratto non solo sono insufficienti per procedere a un’equiparazione tra personale a tempo determinato e a tempo indeterminato, ma non contribuiscono neppure a rispondere all’inflazione, da un lato, e valorizzare gli stipendi dall’altro”.

C’è anche una questione meno evidente ma altrettanto grave che sottolinea la Uil Scuola attraverso il segretario nazionale Giuseppe D’Aprile: “I contratti a tempo indeterminato servono per garantire stabilità al personale interessato, migliorare la funzionalità delle scuole e contribuire a mettere in moto l’economia del Paese che passa inevitabilmente dalla stabilità del lavoro”.

La gravità di questa sanzione dell’Ue ha una conseguenza anche sulla qualità del servizio e sulla vita delle persone: nelle scuole c’è un turn-over di docenti precari ogni anno che non garantiscono la cosiddetta continuità didattica. Anche quest’anno dopo un mese dall’avvio dell’anno scolastico in molti istituti i presidi cercano disperatamente insegnanti da assumere fino alla fine dell’anno. Parliamo di uomini e donne che devono proprio fare il conto di accontentarsi di un lavoro ove non hanno le stesse garanzie dei colleghi pur facendo lo stesso in classe.

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