Tecnologia

L’intelligenza artificiale offre enormi potenzialità, ma vanno affrontate alcune questioni etiche

L’idea che una democrazia libera e un libero mercato possano generare un aumento del benessere è stata a lungo un principio cardine delle società occidentali. Negli anni ’90, si credeva che l’apertura dei mercati potesse portare alla democratizzazione di paesi come la Cina. La previsione si è rivelata assolutamente errata: la Cina ha visto un notevole incremento della sua ricchezza senza adottare i valori democratici occidentali.

Questo ha sollevato interrogativi sulla validità dell’equazione iniziale e ha messo in luce una crisi di fiducia nei confronti della democrazia nei paesi occidentali.

L’influenza della tecnologia sulla politica

Con l’avvento dello smartphone all’inizio del nuovo millennio, il panorama comunicativo ha subito una trasformazione radicale. La tecnologia mobile ha giocato un ruolo cruciale durante eventi come le Primavere Arabe, dove il digitale sembrava essere un diventato alleato fondamentale della democrazia. Il contesto è però cambiato drasticamente verso la fine del secondo decennio del 2000. Eventi come l’assalto a Capitol Hill degli Stati Uniti hanno dimostrato che le stesse tecnologie possono alimentare disinformazione, polarizzazione e crisi democratiche.

La pandemia di Covid-19 ha accelerato ulteriormente l’integrazione della tecnologia nella vita quotidiana. Videochiamate e transazioni digitali sono diventate la norma, trasformando il nostro spazio pubblico in uno “spazio democratico computazionale”. Questa evoluzione ha portato a una maggiore consapevolezza dell’importanza dell’intelligenza artificiale (Ai) nella nostra vita.

Adesso, arrivati al terzo decennio del secolo, l’Ai si è affermata come cambiamento fondamentale nello sviluppo tecnologico. Le applicazioni di Ai generativa, come ChatGpt e altri modelli sviluppati da OpenAi, stanno rivoluzionando il modo in cui produciamo contenuti e interagiamo con i dati. Questi dati (i dati di gran parte dell’intera umanità) trovano ‘residenza fisica’ per il 90% della loro globalità nella Silicon Valley statunitense. L’innovazione quindi, come anche lo sviluppo, non sono più nelle mani della politica dei singoli Stati, ma quasi esclusivamente in quelle di aziende statunitensi protese al profitto, all’innovazione per il profitto e difficilmente per lo sviluppo. Soprattutto, questa concentrazione conferma e aumenta quello che è definito il ‘dominio’ Usa nel mondo.

Secondo un rapporto di McKinsey, la sola Ai potrebbe arricchire di 4,4 trilioni di dollari l’economia globale ogni anno, automatizzando attività che attualmente occupano il 60-70% del tempo dei lavoratori. Un’economia nella quale comunque gli Usa faranno la parte del leone. Ecco allora che tale transizione presenta sfide significative, non soltanto la sostituzione di posti di lavoro tradizionali con sistemi basati su Ai, che ha suscitato grandi preoccupazioni sociali, ma anche il perdurare di un predominio culturale univoco che ignorerà qualsiasi deviazione dalla narrazione dominante.

Goldman Sachs stima che gli strumenti di Ai generativa potrebbero avere un impatto su 300 milioni di posti di lavoro a tempo pieno in tutto il mondo. Cruciale allora che aziende e governi investano nella riqualificazione (reskill) dei lavoratori per affrontare queste trasformazioni, ma chi investirà nella consapevolezza dei diversi popoli del mondo riguardo alla cultura proposta dalle varie applicazioni di Ai?

Verso un futuro inclusivo?

L’intelligenza artificiale offre enormi potenzialità per migliorare vari settori, dall’automazione industriale alla sanità, ma diventa essenziale affrontare le questioni etiche legate al suo utilizzo. L’Unione Europea ha già avviato iniziative per regolamentare l’Ai attraverso l’Ai Act, che classifica le applicazioni in base al loro livello di rischio. Inoltre, eventi recenti come la Rome Call hanno sottolineato l’importanza di un approccio etico all’uso degli algoritmi.

In questo contesto, occorre riflettere su come utilizzare l’intelligenza artificiale per promuovere un futuro più inclusivo e sostenibile. La sfida consiste nel garantire che i benefici – indubbi – dell’Ai siano distribuiti equamente e che non si perda mai di vista la democrazia come valore fondativo in un mondo sempre più digitalizzato/automatizzato.