La tegola sulla legge italiana firmata Francesco Lollobrigida che vieta di chiamare ‘bistecca’ alimenti a base vegetale, che poi è la stessa contro la carne coltivata, arriva dalla Corte di Giustizia Ue. Per i giudici europei i prodotti vegetariani possono invece essere commercializzati e pubblicizzati in Unione europea utilizzando anche i termini tradizionalmente associati alla carne. Si può scrivere ‘bistecca’, ‘salsiccia’, ‘scaloppina’ e ‘hamburger’, a patto che gli ingredienti siano indicati in modo chiaro sulla confezione.

La Corte lo ha stabilito prevedendo un’eccezione, ossia il caso in cui un Paese abbia già adottato una denominazione legale per un determinato alimento a base di proteine vegetali. Se questo non avviene “uno Stato membro non può vietare l’uso di termini tradizionalmente associati a prodotti di origine animale per designare un prodotto contenente proteine vegetali”. La Corte di Giustizia Ue ha così accolto il ricorso di quattro associazioni francesi contro un decreto di Parigi, che vietava l’uso di denominazioni come ‘bistecca’ o ‘salsiccia’ per prodotti contenenti proteine vegetali, anche in caso fossero inserite indicazioni aggiuntive come ‘vegetale’ o ‘soia’ per spiegare al consumatore di cosa fosse effettivamente fatto il prodotto. La decisione avrà certamente impatto in Italia, dove il divieto di meat sounding adottato attraverso la controversa legge che blocca la produzione e la commercializzazione della carne coltivata nel Paese è quindi contrario al diritto europeo. In particolare, lo è il contenuto dell’articolo 3.

Il pasticcio che andava previsto (ed evitato) Poteva accadere ed è accaduto. Da più parti, d’altro canto, è stato fatto notare al governo Meloni che la legge era stata approvata in violazione della procedura europea TRIS e che la vicenda rischiava di trasformarsi nell’ennesimo pasticcio. Già nel 2020, il Parlamento europeo aveva respinto la proposta di vietare alle aziende di utilizzare termini come ‘hamburger’ e ‘bistecca’ per i prodotti a base vegetale. E la Lega tuonò: “Il Parlamento europeo non blocca la ‘carne senza carne’ e così facendo danneggia il Made in Italy e i consumatori. Sul mercato potranno rimanere finti hamburger senza che sia segnalata con chiarezza la totale assenza di carne”. In realtà, però, è sempre stata una priorità quella di garantire una corretta e trasparente informazione ai consumatori sugli effettivi ingredienti dei prodotti acquistati al supermercato. Per il ministro Matteo Salvini l’Ue si mostrava “sempre più paladina del fake-food. Non bastava il vino senza uva e il formaggio senza latte. Ora anche la carne senza carne”.

Il ministro Lollobrigida che voleva seguire la legge francese (ora bocciata) – Nonostante tutto, precedenti e contraddizioni, il ministro dell’Agricoltura, Francesco Lollobrigida, ha ribadito la sua posizione, annunciando a inizio anno che gli uffici legislativi italiani stavano “verificando la compatibilità del modello francese con il nostro sistema per riprendere, eventualmente, la strada già seguita in un ordinamento sostanzialmente simile al nostro”. La legge francese in questione è un decreto del 2021 (a cui ne è seguito uno simile), che proibisce l’uso di termini associati alla carne convenzionale per quella a base vegetale, contestato dall’Unione Vegetariana Europea e dall’Association Végétarienne de France, secondo cui la norma era in conflitto con il diritto dell’Unione europea. Ad agosto 2023, proprio seguito all’introduzione del decreto del 2023 che vieta termini come ‘bistecca’ e ‘salsiccia’ per i prodotti a base di carne vegetale e la denuncia di sei aziende del settore, il Consiglio di Stato francese ha preso posizione, segnalando il caso alla Corte di Giustizia Ue e sospendendo, in attesa di chiarimenti, il divieto di utilizzo di termini come ‘bistecche, scaloppine e prosciutti’ vegetali.

Un settore in crescita “Alla luce della decisione della Corte Europea, il governo italiano deve tempestivamente rispettare l’impegno preso con il settore plant-based a rivalutare la norma e abolire il divieto di meat sounding” ha commentato Francesca Gallelli, responsabile per le relazioni istituzionali per il Good Food Institute Europe. Un impegno preso dopo le critiche alla legge (arrivate fino alla Commissione Ue) da parte di un settore in forte crescita che mette in commercio prodotti, utilizzando termini ormai sdoganati, come polpette di ceci o burger di pesce. Secondo gli ultimi dato Circana (settembre 2024), il mercato al dettaglio dei prodotti plant-based in Italia vale oltre 640 milioni di euro ed è cresciuto del 16% tra il 2021 e il 2023. Così Lollobrigida aveva messo sul tavolo anche l’ipotesi di una ‘rivisitazione’ della legge che permettesse di “non cambiare le denominazioni dei prodotti di punta di alcune aziende e modificare invece quelli meno conosciuti”.

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