Sale la tensione per la manifestazione pro Palestina prevista per domani, sabato 5 ottobre, a Roma. A un anno di distanza dai fatti del 7 ottobre, con l’attacco di Hamas e la successiva invasione di Gaza da parte di Israele, i pro Pal sfidano i divieti e decidono di marciare lo stesso per le vie della Capitale, nonostante la manifestazione non sia stata autorizzata. I pullman sono pronti a partire da diverse città: l’appuntamento è alle 14 a Piazzale Ostiense, vicino Piramide. Sono previsti controlli fin dal mattino ai caselli autostradali e nelle stazioni, un dispositivo di sicurezza a cerchi concentrici sempre più stringenti attorno all’area di Ostiense. Le misure di sicurezza per la giornata di sabato sono state messe a punto venerdì in un tavolo tecnico in Questura, il primo presieduto dal neo questore Roberto Massucci. E intanto il “no” alla manifestazione continua a dividere la politica.

La manifestazione pro-Pal a Roma è “illegale” e sarà comunque “gestita in equilibrio dalle nostre forze di polizia, di cui mi fido ciecamente”, ha detto il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi. “Non tutti i manifestanti scenderanno in piazza: una sigla molto rappresentativa del mondo palestinese ha accettato il divieto come invito a riprogrammare il corteo sabato 12 ottobre, perché è chiaro che alla vigilia del 7 ottobre e per il modo in cui era stata proposta c’era il forte rischio che fosse celebrativa di un eccidio e foriera di turbative di piazza”, ha aggiunto il titolare del Viminale. Non tutto il mondo palestinese parteciperà infatti domani al corteo vietato dalla Questura: ci saranno l’Unione democratica arabo-palestinese e l’Associazione dei giovani palestinesi. La Comunità palestinese di Roma e Lazio ha al contrario deciso di spostare e organizzare il corteo per sabato 12 ottobre.

Nelle strade di Roma – secondo i manifestanti – si potrebbero riversare fino a 30mila persone, se non di più. L’Udap e i Giovani palestinesi hanno confermato sui social l’appuntamento di sabato alle 14 a Piramide anche dopo il pronunciamento del Tar che ha rigettato il loro ricorso. Per promuovere la manifestazione hanno utilizzato l’espressione “il 7 ottobre è la data di una rivoluzione“. “Riteniamo doveroso rifiutare questo diktat palesemente politico”, ha tuonato Khaled El Qaisi, rappresentante dell’Unione democratica arabo-palestinese. Incassato anche il sostegno di Amnesty International che ha rimarcato che “il diritto di protesta è protetto da diverse disposizioni sui diritti umani e in particolare dall’interazione dei diritti alla libertà di riunione pacifica e di espressione”.

Anche diversi esponenti delle opposizioni si schierano apertamente contro lo stop: dal leader di Iv Matteo Renzi al responsabile delle iniziative politiche del Pd, Marco Furfaro, dal capogruppo di Avs in Senato Peppe De Cristofaro al segretario di Più Europa Riccardo Magi. Quindici esponenti del Movimento 5 stelle hanno sottoscritto un’interrogazione, a prima firma Stefania Ascari, al ministro dell’Interno Matteo Piantedosi per chiedere formalmente il motivo del niet al corteo. “Vietare le manifestazioni è sempre, in ogni caso, un errore e un brutto segnale perché si tratta di una limitazione arbitraria di un diritto fondamentale dei cittadini e delle cittadine. Questo è un principio che va al di là delle opinioni espresse, che condivise o no, in un Paese democratico non sono censurabili”, dichiara la parlamentare del M5s Stefania Ascari, anche coordinatrice dell’intergruppo per la Pace tra la Palestina e Israele. Che poi conclude: “Spero non si sia voluto cogliere un pretesto per far tacere chi, pacificamente e democraticamente, vuole denunciare i crimini di guerra e contro l’umanità che il governo israeliano sta commettendo a Gaza, in Cisgiordania e ora in Libano“.

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