Tenne un comportamento “in netto contrasto con le linee guida del settore” e con “le buone pratiche clinico assistenziali”. Con questa motivazione è stata confermata in appello la condanna a un anno del professor Giorgio Galanti per la morte di Davide Astori, il capitano della Fiorentina deceduto per le conseguenze di una fibrillazione ventricolare dovuta a una cardiomiopatia aritmogena silente.
Galanti – accusato di omicidio colposo e condannato già in primo grado con rito abbreviato – è il medico che svolse, sia nell’estate 2016 che in quella successiva, le visite alla base del via libero sanitario all’attività agonistica del difensore della Viola e della Nazionale. L’accusa ha sempre sostenuto che la malattia al cuore di Astori avrebbe dato segnali all’esito dei test – una extrasistolia ventricolare emersa ripetutamente durante le prove da sforzo – e sarebbe potuta essere scoperta qualora fossero stati disposti degli accertamenti di secondo livello, mai effettuati.
Il giocatore – è la teoria dei magistrati – sarebbe stato fermato una volta accertata la malattia e quindi si sarebbe salvato. Invece a causa del comportamento di Galanti, all’epoca dei fatti direttore sanitario del centro di medicina dello sport di Careggi a Firenze, la sua carriera professionistica continuò e Astori venne ritrovato senza vita nella sua camera d’albergo nel marzo 2018 a poche ore dal match Udinese-Fiorentina.