La Gran Bretagna, tramite i suoi satelliti, continua a dominare la galassia globale dell’elusione/evasione fiscale. Isole Vergini Britanniche, Isole Cayman e Bermuda occupano le prime tre posizione dalla classifica aggiornata dei paradisi fiscali stilata da Tax Justice Network (Tjn). Le tre ex colonie mantengono stretti legami con Londra e la City da cui, nella sostanza, dipendono per i loro assetti tributari. Sono utili all’Inghilterra per fare le “cose sporche” fuori dai propri confini. A seguire nella classifica ci sono altri vecchi domini britannici come Singapore (4a) ed Hong Kong (6a).

In quarta posizione compare invece la Svizzera che, nonostante gli accordi, rimane un bastione dell’occultamento delle grandi ricchezze. Settima è l‘Olanda, una sorta di hub da cui i patrimoni “spiccano il volo2 verso giurisdizioni segreti d’oltre oceano. Poi di nuovo un appendice di Londra, ovvero Jersey, Irlanda e Lussemburgo. Fuori dalla top ten Bahamas, isola di Man, Guernsay, Cipro, Mauritius.

Tjn sottolinea come alla rete britannica di paradisi fiscali sia riconducibile un terzo degli abusi fiscali attuati dalle aziende. Eppure è stata classificata come “non dannosa” dall’Ocse. Moran Harari, vicedirettore di Tax Justice Network e uno dei curatori del rapporto ha ricordato che “Ogni secondo, perdiamo lo stipendio annuale di un’infermiera per colpa dei paradisi fiscale. Il Corporate Tax Haven Index aiuta a identificare i paradisi fiscali maggiormente responsabili di questo danno e le leggi che i governi possono adottare per proteggersi. L’abuso fiscale aziendale deruba i governi di denaro pubblico e deruba le persone di un futuro migliore”.

Sul sito missingprofits.world, realizzato dall’economista Gabriel Zucman è possibile rendersi facilmente conto di quanto questi sistemi danneggino i singoli paesi. L’Italia, ad esempio, perde ogni anno 7 miliardi di gettito di tasse sugli utili aziendali (il 18% del totale) a causa dello spostamento dei ricavi nei paradisi fiscali. Solo in Lussemburgo spariscono 3 miliardi di tasse, in Irlanda 1,5 miliardo, in Olanda un altro miliardo, in Svizzera, mezzo miliardo di euro.

Quanto alla rete inglese su cui insiste Tnj, “risucchia” 28 miliardi di gettito dagli Stati Uniti, 20 miliardi dalla Cina, 6,5 miliardi dall’Australia, 6,6 miliardi dal Brasile, 5 miliardi dal Canada, 2,7 miliardi dalla Russia, 1,3 miliardi dal Sudafrica e via a decrescere.

La rete di paradisi fiscali britannici, dove Londra ha il potere di imporre o vietare norme fiscali, è ciò che viene spesso definito il “secondo impero” del Regno Unito. Insieme sono responsabili di un terzo (33%) dei rischi di abuso fiscale aziendale, il 31% in più rispetto alla rilevazione del 2021. Si stima che i paesi del mondo perdano 84 miliardi di dollari all’anno in imposte sulle società a causa delle multinazionali che usano il Regno Unito e i suoi paradisi fiscali per pagare meno tasse. Questa perdita sale a 169 miliardi di dollari se si includono le perdite di gettito riconducibili ad individui facoltosi.

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