Se le cose non dovessero cambiare, in fretta, si annunciano, di nuovo, tempi duri per famiglie e automobilisti. I prezzi energetici potrebbero presto tornare a mordere i portafogli e a spingere l’inflazione. Una prima azzannata c’è stata questa settimana, principalmente a causa delle crescenti tensioni in Medio Oriente. La prospettiva di un allargamento del conflitto, e la minaccia congiunta di Usa ed Israele di colpire le infrastrutture petrolifere iraniane, hanno fatto risalire il prezzo del greggio di circa il 10%.

Il Brent, petrolio di riferimento per il mercato europeo, è salito da 71 a 78 dollari il barile nel giro di 5 giorni. Stessa dinamica per lo statunitense Wti che si trova ora al di sopra dei 75 dollari al barile. I prezzi sono quindi tornati sui valori di inizio settembre, recuperando tutti i cali dell’ultimo mese. Siamo ancora lontani dal picco dei 91 dollari toccato lo scorso aprile ma il balzo dell’ultima settimana è il più marcato degli ultimi due anni.

Incidentalmente vale la pena di notare che prezzi del petrolio più alti significano anche maggiori entrate per la Russia e più soldi a disposizione del Cremlino per finanziare la guerra in Ucraina. In questo quadro,il governo italiano si prepara ad alzare le accise sul gasolio, allineandole a quelle della benzina, operazione che significa tra i 2 e i 3 miliardi di spesa aggiuntiva annuale per gli automobilisti.

Tensioni si registrano anche sul mercato del gas che risente dall’andamento generale dei prezzi energetici. Il danneggiamento di una piattaforma israeliana durante l’attacco iraniano e il fattore Ucraina, hanno contribuito a spingere le quotazioni, tornate sui valori di fine agosto. Siamo lontani dai prezzi stratosferici, oltre 300 euro, raggiunti nel primo anno di guerra tra Mosca e Kiev ma 40 euro sono tanti, quasi il doppio rispetto alla media storica degli anni precedenti al conflitto.

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