Claudio Descalzi non l’ha prese bene. Come amministratore delegato di una delle più grandi compagnie petrolifere del mondo, si scaglia contro i piani europei di ridurre l’inquinamento, abbassando la quota di auto a benzina e diesel a favore di una maggiore diffusione dell’elettrico. “Se facciamo il focus sull’ automotive, che è importante, ci fa anche arrabbiare”, perché la questione “è insulsa e ridicola”, ha detto oggi il numero uno di Eni, gruppo controllato al 30% dallo Stato.

“Non voglio essere anti europeo, ma anche la stupidità uccide e ci sta uccidendo perché dobbiamo subirla sulla base di ideologie ridicole che ci vengono dettate da una minoranza dell’Europa, non una maggioranza, e noi dobbiamo continuare a digerirle e chinare il capo morendo lentamente“, aggiunge Descalzi. Della “minoranza” individuata da Descalzi fanno parte anche Germania e Spagna .

Come molte altre compagnie petrolifere, anche il gruppo Eni ha speso molto in campagne di marketing e ritinteggiamenti di logo per dare l’impressione di essere attenta all’ambiente Adesso si definisce “Una società integrata dell’energia”. Ma il gruppo continua a investire pesantemente nel fossile che non sembra avere alcuna intenzione di cominciare ad abbandonare. Normale che quando all’orizzonte si profilano interventi che potrebbero intaccare i profitti, nella dirigenza gli animi si scaldino.

E da Venezia, forse la città più vulnerabile al mondo ai cambiamenti climatici, interviene anche il presidente del Veneto Luca Zaia secondo cui “il green deal è una brutta pensata” perché “il tema del rispetto dell’ambiente, della sensibilità rispetto alla sostenibilità debba essere qualcosa che noi dobbiamo avere nel nostro intimo, è genetico. Da qui a pensare di mettere in ginocchio tutte le attività produttive, decisamente no”.

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