di Patrizia

“La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto”, art. 4 della Costituzione italiana.

Agosto 2024, centinaia di docenti in tutta Italia “scoprono” che tale diritto viene loro improvvisamente e ingiustamente negato da quella stessa Repubblica che dovrebbe garantirlo! Una negazione del diritto al lavoro che inevitabilmente rende questo Paese colpevole di ostacolare “il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese” (art.3).

Chi sono questi docenti? O forse potremmo definirli gli “sfigati di turno”? Prima di entrare nello specifico della questione, è doveroso sottolineare che qualunque cittadino italiano sarebbe potuto o potrebbe in futuro essere vittima di un tale impensabile accadimento, per il semplice motivo che ciò che è accaduto non è una questione di “fortuna” o “sfortuna” – nessun diritto potrebbe esserlo – ma è piuttosto frutto di scelte politiche ben precise. Ed è per questo che è una questione che interessa tutti in qualità di cittadini e lavoratori di questo Paese.

I docenti a cui mi riferisco sono certamente tutti i docenti precari d’Italia, nessuno escluso, vittime del fallimentare sistema italiano di reclutamento dei docenti.

Tuttavia, voglio soffermarmi su quella fetta ormai ridotta di precari storici, a cui poco spazio continua ad essere dato dalla politica e non solo! Mi riferisco ai docenti idonei del concorso straordinario DD 510/2020, che hanno visto le loro speranze di un futuro stabile improvvisamente sbriciolarsi.

Per dare un’idea di quali persone (e non numeri) si nascondono dietro le graduatorie di merito e nella fattispecie nella Gm21 del concorso straordinario di cui sopra, riporto in breve la mia storia, simile certamente a quella di tantissimi precari storici.

Mi laureo a 25 anni in Filosofia e Storia (classe di concorso A019), con il massimo dei voti, triennale a Messina, magistrale a “La Sapienza” di Roma. L’anno della laurea coincide con l’ultimo ciclo della Ssis, a cui non potrò quindi partecipare. Dovrò attendere quattro anni della mia vita, senza alcuna chiamata di supplenza, per poter partecipare e vincere il concorso del I ciclo Tfa (abilitazione all’insegnamento). Nei quattro anni di standby mi do da fare facendo altro, tra cui un anno di Servizio Civile Nazionale.

Dopo l’abilitazione arrivano le prime supplenze annuali a Milano, mi trasferisco. Nel 2021 vengo chiamata per immissione in ruolo in Lombardia dal concorso 2018, a cui avevo partecipato; rifiuto perché, nel frattempo, supero il concorso straordinario DD 510/2020 in Sicilia con 6 posti a bando; lo superiamo in 18, già indice di quanto si trattasse di un concorso selettivo. Precisamente si trattò di una prova computer-based con cinque domande a risposta aperta (su psicopedagogia, didattica, metodologia e la propria disciplina di riferimento) e cinque domande a risposta multipla in lingua inglese di livello B2, da completare in 150 minuti.

Negli anni 2021/2022, 2022/2023 e 2023/2024 la graduatoria scorre, con percentuali a noi riservate bassissime; per intenderci arrivano solo alla decima posizione. Quest’anno, avendo raggiunto la seconda posizione (da 12esima a seconda), sarebbe stato il mio turno di immissione. Senonché ad agosto scopro che tutte le Gm 2021 del concorso straordinario, nelle quali sono rimasti solo pochi idonei, non saranno fatte scorrere, perché ritenute decadute! Morale della favola, mi ritrovo a casa disoccupata, perché nel frattempo, certissima dell’immissione in ruolo, in estate prendo la decisione di trasferirmi nella mia regione d’origine, in Sicilia, dopo 9 anni di supplenza a Milano.

In sintesi: con laurea triennale, magistrale e abilitazione Tfa con il massimo dei voti, due concorsi alle spalle, 9 anni di insegnamento a Milano, continui corsi di aggiornamento, un trattamento giuridico-economico alla valorizzazione del merito per il lavoro svolto presso un liceo nel 2020, mi ritrovo ancora precaria e disoccupata! E allora mi chiedo: cosa dovrei ancora fare per dimostrare al mio Stato di essere “meritevole”? Il mio Bel Paese è una Repubblica fondata sul lavoro? Lo Stato in cui vivo promuove oppure ostacola il pieno sviluppo della persona umana e la sua partecipazione alla vita economica e sociale del Paese? Io cosa potrò mai insegnare al riguardo ai miei alunni? Come potrò mai invitarli ad impegnarsi nello studio, come potrò mai parlare loro di “meritocrazia”?

Concludo affermando il mio diritto al lavoro e alla stabilità lavorativa! Non voglio ritenermi tra i “fortunati” ad avere riconosciuto questo diritto, perché non mi risulta di aver giocato al gratta e vinci con la speranza un giorno di essere baciata dalla “fortuna” per ottenere un lavoro! Questo diritto me lo sono sudata con tutto il sangue che ho in corpo e se mi viene negato non è perché sono “sfortunata”, ma perché sono vittima di uno Stato le cui fondamenta non poggiano stabilmente sulla giustizia!

Gentilissimo governo e gentilissimi politici tutti, a nome di tutti i docenti precari, ma anche di tutti gli italiani che desiderano vivere in un Paese che ha a cuore il futuro dei suoi cittadini, vi esorto a porre rimedio a tale incresciosa situazione, tenendo conto, in maniera equa e giusta, di tutti i docenti presenti nelle graduatorie di merito (non a caso di “merito”), nessuno escluso, perché “tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge”, art.3.

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