“La vita va difesa fino in fondo anche quando è immobile in un letto. Domandiamoci se certe istanze arrivano dal fatto che la società sta lasciando sole le persone e che la sanità pubblica sta venendo meno”. A dirlo, in un’intervista al Fatto Quotidiano del 2 ottobre, è stata la candidata presidente della Regione Umbria, Stefania Proietti, che sarà sostenuta dal centrosinistra unito. A quelle parole risponde, con l’intervento che segue, Laura Santi, consigliera generale dell’Associazione Luca Coscioni.

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di Laura Santi*

Lei non si ricorderà di me, ma io la candidata alle elezioni regionali per il centro-sinistra in Umbria, Stefania Proietti, l’ho conosciuta. La intervistai anni fa, nella mia vita precedente in cui facevo la giornalista, quando la malattia ancora non era visibile. Ne apprezzai subito il fervore nel promuovere il benessere del territorio. Una persona competente e appassionata. Quindi leggere oggi un’intervista in cui parla di fine vita e dice che “la vita va tutelata a tutti i costi, anche quando si è immobilizzati in un letto 24 ore” mi fa rabbrividire. E mi fa rabbia: perché da elettrice di sinistra continuo a sentirmi orfana di una vera rappresentanza. Continuo ad assistere a livello nazionale e locale a una sinistra sempre dannatamente timida sui diritti e le libertà civili.

Perché forse sarà vero, cara Proietti, che la vita va tutelata a tutti i costi: ma io la intendo come vita libera. Io direi che la libertà va tutelata a tutti i costi. Ha ragione quando si chiede se certe richieste di morire non siano dettate piuttosto da disperazione, solitudine, abbandono. Ma una volta verificato che la scelta di una persona con patologia, disabilità grave o gravissima non è dettata da questi fattori, ma dalle sofferenze del corpo e della mente, dell’anima direbbe lei, che diritto abbiamo di opporci a questa scelta? Che diritto abbiamo di sindacare sul suo percorso di vita e fine vita? Di appropriarci della sua vita?

Nel 2021, anno del referendum Eutanasia Legale promosso dall’Associazione Luca Coscioni di cui oggi sono consigliera generale, la mia era una battaglia di principio, di libertà. Bocciato il referendum dalla Consulta, decisi di intraprendere una strada legale individuale, che però sarebbe valsa per tutti, grazie all’aiuto di Filomena Gallo e del team legale della Coscioni, e contando anche sul fatto che potevo ancora aspettare i tempi della giustizia. Una giustizia molto lenta soprattutto perché ci muovevamo a piccoli passi in un ambito non regolamentato.

Da almeno un anno a questa parte questa battaglia è diventata un’urgenza vera e propria. Non ho ormai alcuna speranza terapeutica né riabilitativa nonostante sia ben seguita dalla sanità e sotto fisioterapia costante, nonostante le numerose ore di assistenza domiciliare e gli ausili fornitimi dallo Stato. La mia mente è viva, ma il mio corpo si sta spegnendo progressivamente. Sono ormai tetraplegica: sto dettando questo articolo con la voce, perché con le dita uncinate dalla spasticità non ho la minima risorsa della sola mano che muovo, la destra (ed ero mancina). Ho perso anche l’uso delle gambe, delle braccia e l’avambraccio destro. Il tronco se ne è andato e con esso la mia stabilità. Sono un peso totalmente morto. La mia vescica e il mio intestino non fanno più il loro lavoro: sono sotto infezione e antibiotici da oltre un anno. Il mio corpo è un coacervo di dolori che riesco a lenire un po’ con la fisioterapia e la morfina. Ho sempre mani, braccia, corpi e aliti addosso, sono continuamente spostata e manovrata. Casa mia è un piccolo centro ausili domestico con nessuno spazio per mio marito caregiver, e per nessun’altra attività oltre alla mera routine assistenziale. Nonostante ciò, strappo ogni brandello di vita possibile con i denti e con le unghie. Ci sono persone al posto mio che hanno già fatto la loro scelta. Ci sono persone, cara Proietti, che stanno peggio di me.

Lei si è per lo meno immaginata di stare al posto di queste persone 24 ore su 24, tutti i giorni della settimana, tutti i mesi, tutto l’anno, tutti gli anni? Ha provato a mettersi nei loro panni? Io penso di no, è impossibile per chiunque nonostante la migliore volontà. Mi obietterà che la vita non è nostra. Ma questo lo crede lei e lo credono i cattolici. Io che non credo perché non posso essere libera di peccare assumendomene la responsabilità? Non esiste nella fede quella cosa che si chiama pietas? Non esiste l’ascolto dei malati e delle loro sofferenze?

Avevo fiducia e vedevo nella sua figura, cara Proietti, la possibile svolta per la nostra Umbria. Ora capisco che anziché fare passi avanti questo centro-sinistra non fa altro che passi indietro.

Faccio appello a lei e al suo schieramento: non siate timidi, non siate indifferenti, cercate di essere coraggiosi anche a costo di scontentare parte dell’elettorato. Mi sento di rassicurarla: ci sono moltissimi elettori cattolici che non vedono l’ora di avere una buona legge sul fine vita. In alcune regioni abbiamo avuto segnali enormi dai governatori Luca Zaia, Giovanni Toti, Attilio Fontana. La questione è trasversale. Vogliamo smetterla di nasconderci dietro l’alibi del credo personale? Di essere indifferenti al dolore irreversibile delle persone? Se una persona in certe condizioni ha fatto la sua scelta definitiva vogliamo cercare finalmente la sua libertà dalle sofferenze o davvero vuole la vita a tutti i costi? Perché così, cara Proietti, lei le persone non le mantiene vive, le mantiene in trappola.

*l’autrice è consigliera generale dell’Associazione Luca Coscioni

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