Il Mossad ha impiegato quasi dieci anni a mettere in atto il piano che ha portato all’enorme operazione d’intelligence che ha colpito Hezbollah facendo esplodere dei cercapersone. L’obiettivo, rivela un’inchiesta del Washington Post, era quello di uccidere o mutilare più combattenti possibile, così da decimare le milizie sciite del partito libanese.
Il piano era solo apparentemente semplice da realizzare. Dopo aver manomesso i dispositivi con dell’esplosivo, l’intelligence israeliana ha fatto sì che sui cercapersone apparisse una notifica con scritto: “Hai ricevuto un messaggio criptato“. Non un messaggio casuale, questo, dato che il modello di teledrin “sicuro”, ufficialmente di fabbricazione taiwanese, distribuito ai miliziani come alternativa ai cellulari ritenuti vulnerabili, obbligava, proprio per motivi di sicurezza, a premere due bottoni contemporaneamente con entrambe le mani per leggere il messaggio. In questo modo, il miliziano nell’esplosione avrebbe perso l’uso di entrambi gli arti, diventando così, se non morto, impossibilitato a combattere.
Ovviamente non c’è solo questo, un piano del genere ha richiesto il controllo di una società, come già emerso, che giustificasse l’acquisto di migliaia di dispositivi, la loro manomissione e la loro distribuzione nel giro dei combattenti di Hezbollah. Tutto questo è iniziato, non a caso, nel 2015, secondo le testimonianze raccolte dal Washington Post che ha parlato con politici, diplomatici e funzionari della sicurezza israeliani, libanesi e statunitensi.
L’operazione, scrive il giornale, è stata ideata dal Mossad fin dal 2015, ma progettata e organizzata dal 2022, e si è basata sulla commercializzazione online e il sabotaggio hi-tech dei cercapersone nella totale inconsapevolezza della ditta detentrice del marchio, la Gold Apollo di Taiwan. “Per nove anni – si legge – gli israeliani si sono accontentati di intercettare le conversazioni di Hezbollah, mentre pianificavano come trasformare i walkie talkie in bombe nel caso di una futura crisi. Poi si è presentata una nuova opportunità, con un nuovo gadget” suscettibile di essere trasformato in una trappola. “Poiché i leader di Hezbollah temevano possibili sabotaggi, i cercapersone non potevano essere originari di Israele, degli Stati Uniti o di altri alleati del ‘nemico sionista‘. E così dal 2023 Hezbollah ha cominciato a ricevere offerte di acquisto in blocco di cercapersone della nota ditta taiwanese Apollo, un marchio ben riconoscibile, una linea di prodotti con una distribuzione planetaria e nessun legame riconoscibile con ‘interessi ebraici‘. E la compagnia di Taiwan di tutto questo non sapeva nulla”.
L’offerta commerciale arrivò da un intermediario, una donna, ex rappresentante Apollo che aveva creato una propria ditta e acquistato la licenza per vendere con quel marchio. Fu lei, scrive il Wp, a vendere a Hezbollah i robusti e sicuri teledrin modello Ar924, dotati di una grossa batteria che dura anche mesi senza ricarica e resistente a forti sollecitazioni, quindi adatta a situazioni di guerra. A questo punto la produzione di questi gadget, del peso di meno di 80 grammi, è stata esternalizzata di fatto al Mossad che li ha “supervisionati” modificandoli uno a uno senza alterarne peso, dimensioni, aspetto o funzionamento. Nella batteria è stata inserita una piccola ma potentissima carica esplosiva, virtualmente invisibile anche smontando la stessa batteria, dotata di un innesco elettrico ancora meno visibile. “Qualche rischio chiaramente c’era”, spiega al giornale una delle fonti. Ma lo stratagemma da una parte – a costo anche di ferire, mutilare o uccidere passanti innocenti – ha messo fuori combattimento centinaia, forse migliaia di miliziani e dall’altra ha costretto Hezbollah, passata anche l’ondata di esplosioni di radioline, a rinunciare alla comunicazione a distanza, esponendo i capi al rischio degli assembramenti. Una tattica che sembra aver pagato, nelle mire israeliane, nei casi di Hassan Nasrallah e forse anche del suo successore, Hashem Safieddine.