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Storica riforma della giustizia: vi spiego la nuova scommessa per il Messico

di Luis Armando Pérez Albores*

Il 21 febbraio 2023, a Brooklyn (Usa), l’ex segretario della Pubblica Sicurezza del governo di destra (2006-2012) Genaro García Luna è stato dichiarato colpevole per affari connessi al traffico di droga. Guarda caso, lo stesso giorno, il decimo Tribunal Colegiado del primer circuito (Messico) emetteva tempestivamente una revoca dell’ordine di sequestro dei conti bancari milionari della moglie del suddetto super poliziotto, consentendole di rientrare in possesso dei suoi “risparmi” su cui l’Unità d’Intelligenza Finanziaria messicana stava indagando per presunto riciclaggio di denaro.

Questa è solo una delle tante sospette coincidenze che hanno messo in dubbio l’integrità, l’imparzialità e l’indipendenza del Poder Judicial de la Federación (Pjf) di fronte all’opinione pubblica. Numerosi sono, infatti, i casi che hanno dimostrato come spesso i giudici e i magistrati abbiano agito in modo sospetto. Senza contare poi i problemi della macchina giudiziaria: eccessiva burocrazia, nepotismo, mancanza di trasparenza, costi e sprechi.

Di fronte a questa situazione, il 15 settembre, il presidente uscente Andrés Manuel López Obrador (Amlo) ha promulgato una riforma costituzionale del Pjf senza precedenti. Amlo ha scelto una data simbolo della storia politica del paese per varare una delle modifiche più strutturali dell’assetto istituzionale. Il 15 settembre, infatti, si festeggia el grito d’indipendenza dalla Spagna, con una celebrazione nazionale che, per grandeur e coinvolgimento emotivo popolare, non trova corrispettivi in Europa.

I punti della riforma

1. Il passaggio da un sistema tradizionale di nomina a un sistema di elezione dei magistrati e giudici attraverso il voto libero, diretto e segreto dei cittadini. Le prime elezioni straordinarie sono previste per giugno 2025, dove si eleggeranno i membri della Suprema Corte de Justicia de la Nación (Scjn), magistrati elettorali e quelli di ogni circoscrizione della Repubblica. Si tratta di un metodo sui generis per la selezione dei candidati: dopo che il Senato avrà emesso una convocazione generale, ogni potere dello Stato dovrà costituire un Comitato di valutazione che avrà il compito di costruire le liste con un tot delle persone con i migliori profili. In seguito, da questi profili verrà estratto a sorteggio il numero di candidati richiesto a ciascuna lista nel rispetto del principio della parità di genere.

È previsto un periodo di campagna elettorale con forum di dibattito in radio e tv forniti gratuitamente dall’autorità elettorale, per cui è vietato il finanziamento pubblico o privato. I partiti politici e i funzionari pubblici non possono parteggiare a favore o contro alcun candidato. Il Senato incorporerà automaticamente gli attuali magistrati e giudici come candidati nel 2025, per un’unica volta insieme ai candidati proposti dagli organi istituzionali (salvo eventuale rifiuto). Una sorta di chance per quelli che vogliano difendere davanti ai cittadini il lavoro svolto durante il loro mandato.

2. Riduzione del numero dei membri della Scjn da undici a nove e la durata del loro mandato da 15 a 12 anni. L’incarico dei magistrati elettorali passa da nove a sei anni e i magistrati e giudici di ciascuna circoscrizione resteranno nove anni, con la possibilità di rielezione consecutiva. Verrà inoltre istituito un Tribunale di disciplina (Tdj), un nuovo organo di controllo sull’operato dei giudici, che potrà avviare indagini ex officio, procedimenti d’inchiesta e sanzionare i giudici e magistrati. Le sentenze del Tdj saranno inattaccabili. Di certo, tale
tribunale sembra avere un animus inquisitorialis preoccupante agli occhi dell’intellettuale europeo. Tuttavia, per chi conosce il contesto in cui operano gli avvocati e i giudici messicani, potrebbe rappresentare una garanzia di indipendenza e imparzialità della giustizia.

3. Limite massimo per i compensi dei magistrati e giudici che non può essere superiore a quello del presidente della Repubblica (circa 90mila euro annuale netto). Una misura clamorosa di fronte alle sproporzioni evidenti nel contesto socio economico di riferimento: quest’anno ogni membro della Scjn percepirà più di 150mila euro netti per salari e prestazioni, oltre ad altri privilegi (assicurazione medica privata per sé e coniuge, auto di lusso, autisti, ecc.); tutto ciò mentre lo stipendio di un lavoratore con il salario minimo sarà meno di cinquemila euro. La riforma cancella le pensioni vitalizie e ora saranno proporzionali alla durata in carica.

Le reazioni alla riforma

La transizione verso un nuovo paradigma di elezione popolare di giudici e magistrati ha portato con sé la resistenza e la naturale opposizione di un Pjf che sembrava intoccabile. I partiti dell’opposizione, ma anche i grandi gruppi imprenditoriali e mediatici, nazionali ed esteri, beneficiari dei rapporti stretti con i membri della Scjn hanno ostacolato la riforma generando fake news e una narrazione di sfiducia e incertezza. Per non parlare dell’ingerenza dell’ambasciatore degli Stati Uniti in Messico, Ken Salazar, che ha dichiarato che l’elezione popolare dei giudici rappresenta un grave rischio per il funzionamento della democrazia messicana, disprezzando apertamente la partecipazione dei cittadini ai processi elettorali. Una grande contraddizione per chi rappresenta un paese dove in molti Stati i giudici e magistrati sono eletti dal popolo.

Tuttavia, l’approvazione della riforma del Pjf non è una sorpresa per nessuno. Ciò rientrava nel programma elettorale del movimento politico legato ad Amlo e che adesso, con un voto effettivo di quasi il 60%, ha portato alla Presidenza della Repubblica una donna, Claudia Sheinbaum Pardo. La Sheinbaum, ormai in carica dal 1° ottobre, non solo ha sostenuto l’importanza della riforma ma l’ha resa parte della sua politica di governo.

Le sfide della riforma

Garantire in poco tempo un’amministrazione della giustizia tempestiva, rapida e adeguata; configurare i controlli giuridici per evitare che i processi di selezione siano soggetti a pratiche di corruzione o, peggio ancora, si possano introdurre candidati legati alla criminalità organizzata; assicurare la massima pubblicità e trasparenza nel processo di costruzione normativa e nel profilo dei suoi attori.

Questa riforma va letta inoltre alla luce di una più ampia strategia pedagogica che mira a coinvolgere i cittadini nella dinamica politica del paese, rendendo possibile un’autentica democrazia partecipativa. Per questo, il successo della riforma dipenderà dalla risposta positiva dei cittadini al processo di sviluppo della riforma, possibile grazie al livello di sensibilizzazione dell’elettorato tramite i canali (in)formativi alternativi e all’uso delle tecnologie (voto per internet, urne elettroniche, piattaforme digitali, ecc.).

In sintesi, la riforma è una scommessa in più per la presidenta Sheinbaum e offre al Messico l’opportunità di presentarsi alla comunità internazionale come un nuovo laboratorio di sperimentazione politica progressista.

*Avvocato messicano, dottorando in giurisprudenza all’Università di Palermo e all’Ucm (Madrid)