Mentre il mondo per la prima volta dal 1948 prende consapevolezza della ‘questione israeliana’, cioè delle conseguenze della creazione voluta dal mondo anglosassone di uno Stato teocratico dentro i territori arabi, assistiamo ad una guerra spietata su vari fronti: Gaza, dove ha assunto la portata di un genocidio, Cisgiordania, dove gli attacchi mirati alle infrastrutture civili fanno presagire una operazione di annessione ormai nei fatti, Libano, colpita la capitale con tonnellate di bombe dopo gli attacchi terroristici via walkie talki, ora l’Iran, dove Israele può attaccare solo con il supporto operativo degli Stati Uniti.

La guerra ha coinvolto anche lo Yemen, la Siria e l’Iraq e in parte anche l’Egitto che ha visto uccidere alcuni soldati del proprio esercito al confine con Gaza. Secondo l’analista francese Giles Kepel, “nessuno ferma Israele perché sta facendo il lavoro sporco per tutti”: a stare alle frasi sinistre del genero di Trump, Jared Kushner, è proprio così: “Finire il lavoro, ora tocca all’Iran”, ha scritto in un post il grande manovratore degli accordi di Abramo del 2020, sdoganati dal tycoon-presidente ma confermati dal suo successore Biden il quale, peraltro, aveva contribuito a mantenere la postura statunitense inneggiando alla uccisione di Nasrallah.

A nulla conta per il vecchio Jo che il capo del Partito di Dio libanese aveva svolto una azione di moderazione anche all’interno del suo movimento, al di là della retorica ufficiale. Trucidato lui e decimata la leadership di Hezbollah, fiaccata dalle infiltrazioni e dal collaborazionismo di alcuni ambienti iraniani, il governo di Tel Aviv ha scelto di colpire al cuore ogni mediazione per spingere in avanti la guerra totale. Che non è solo l’opzione che mantiene in vita il criminale Netanyahu, è la linea sulla quale si concentrano gli appetiti anche di un fronte arabo sunnita rimasto a guardare il massacro dei fratelli arabi.

L’unica cosa certa al momento è che il fronte degli accordi di Abramo, che contengono in seno il potenziale distruttivo del diritto alla esistenza di uno Stato palestinese, e dunque vero obiettivo anche dell’attacco terroristico di Hamas dello scorso 7 ottobre, sta sostanzialmente tenendo, e che odio e rancore sono stati sparsi a sufficienza per mietere guerre e morte, al di là della retorica sui due Stati e per due popoli.

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