La Russia ha ordinato l’arresto in contumacia dei giornalisti Rai Simone Traini e Stefania Battistini, da settimane sotto accusa per presunto “attraversamento illegale del confine” dall’Ucraina. I due sono rientrati in Italia in agosto dopo aver raccontato durante l’estate l’incursione ucraina a Kursk. Secondo i media russi, un tribunale della regione di Kursk ha chiesto l’estradizione in Russia e l’arresto di Battistini e Traini e ha ordinato la “custodia cautelare” in territorio russo o “dal momento dell’estrazione”. L’agenzia di stampa russa Interfax riporta però che la decisione della Corte non è entrata in vigore e può essere oggetto di ricorso.

“Il cameraman Simone Traini e la reporter Stefania Battistini, insieme ad altre persone non identificate, sono entrati nella Federazione Russa dal territorio dell’Ucraina con l’obiettivo di filmare un servizio sull’invasione delle formazioni armate dell’Ucraina il 6 agosto 2024, nel territorio del distretto di Sudzhansky della regione di Kursk utilizzando carri armati, artiglieria e altri veicoli leggermente corazzati”, si legge nel comunicato del sistema giudiziario del Kursk citato da Interfax, in cui si aggiunge che dopo aver attraversato illegalmente il confine di Stato russo, Traini e Battistini si sono recati a Sudzha, nella regione di Kursk, a bordo di un veicolo appartenente alle forze armate dell’Ucraina. Per il cameraman e la reporter è stata ordinata la detenzione “dal momento in cui verranno arrestati in territorio russo o dal momento in cui verranno estradati”.

A settembre il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, aveva fatto sapere di aver convocato l’ambasciatore russo alla Farnesina per discutere della decisione di Mosca di inserire Battistini e Traini nell’elenco delle persone ricercate. Insieme a loro erano stati aggiunti alla lista altri cinque giornalisti: Nick Walsh della Cnn, Nicholas Simon Connolly della Deutsche Welle, Natalya Nagornaya corrispondente dell’emittente tv ucraina 1+1 e altre due giornaliste ucraine, Diana Butsko e Olesya Borovik.

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