“Non dico arrivederci al cinema perché ho altri film da fare, ma soprattutto ammiro Ridley Scott per aver girato Il Gladiatore”. E alla fine Martin Scorsese fa contenti grandi e piccini. La prima tappa della lunga ospitata torinese del regista di Taxi driver è ricca di dichiarazioni politiche (link), speranze e piccole confessioni. Insomma, per il presidente della Regione Piemonte, Enzo Ghigo, e per il direttore uscente del Museo del Cinema, Domenico De Gaetano (tra qualche giorno entra il nuovo direttore, Carlo Chatrian) “gli oltre 50mila euro” sborsati per l’arrivo dell’82enne regista newyorchese sono soldi spesi piuttosto bene.
In realtà l’invito a Scorsese era nato dal neo direttore del Torino Film Festival, Giulio Base. Troppi impegni per zio Marty a fine novembre (il TFF è dal 23 al 30 novembre ndr). A quel punto meglio anticipare l’ospitata in questi giorni per assegnarli il premio Stella della Mole, proprio mentre sta girando in Italia, a Taormina e dintorni, un documentario sugli antichi relitti greci e romani ritrovati in fondo al mare siculo. Proprio là, dalle parti di Polizzi Generosa, alle spalle di Cefalù, nel paesello d’origine del nonno – Francesco – dove Scorsese tornerà prestissimo, tra meno di 48 ore, dopo la masterclass di domani sotto la Mole.
Intanto la conferenza stampa, evento rarissimo per il nostro, al di fuori della promozione diretta di un suo film, lo ha portato a confermare un dato che, vista l’età, non può che essere confortante: Scorsese non si ritira dalla settima arte. “Non dico arrivederci al cinema perché devo girare ancora diversi film”, ridacchia il maestro. “Sempre che Dio mi dia la forza e i soldi per farli”, altro sorriso a trentadue denti. Il film su Sinatra “è solo rimandato”. Mentre a quello su Gesù “stiamo lavorando”. Senza dimenticare, appunto, il documentario che sta uscendo dai fondali del Mediterraneo (“un viaggio sentimentale per capire le mie radici”).
E sempre in tema di nostalgia, di rimpianti e di occasioni mancate, Scorsese diventa improvvisamente generoso con i suoi colleghi non proprio della sua cerchia. “Ce ne sono tante di Rosebud nella mia carriera (la domanda rivoltagli da un giornalista era su quale fosse un suo rimpianto, la sua Rosebud – citando Quarto potere di Welles ndr). Io sono sempre stato affascinato da come impostare la scena, dalle traiettorie della macchina da presa, dalla gloria del grande schermo”, spiega il regista. “Ho sempre amato l’epica della storia, dei suoi grandi personaggi, film come Cabiria. Per questo ammiro molto Ridley Scott che è riuscito a girare Il Gladiatore, scatenando uno splendido entusiasmo tra il pubblico. Cosa volete, io faccio solo film con personcine piccole piccole in un angolo”. Scorsese è tornato a parlare delle opportunità che oggi possono fornire le piattaforme sostenendo che il suo The Irishman (2019) è stata “la svolta” nel settore, proprio perché per ringiovanire nella storia i vecchietti De Niro, Pacino e Pesci “sono state adottate tecniche nuove che costavano moltissimo”; ma soprattutto con lo streaming “stando seduti sul divano” le persone scelgono con più facilità di seguire un film di tre o quattro ore: “Vi ricordate con Novecento o C’era una volta in America quando i produttori chiedevano di tagliare perché i film erano troppo lunghi? Ora c’è un pubblico diverso pronto ad accoglierli”.