Le organizzazioni non governative Front-Lex e Refugees in Libya hanno presentato un’azione legale contro Frontex – l’agenzia europea per la sorveglianza delle frontiere terrestri e marittime – presso la Corte di Giustizia dell’Unione Europea. Entrambe sostengono che la fornitura da parte di Frontex di informazioni sulla posizione delle imbarcazioni dei migranti nel Mediterraneo centrale alla Guardia Costiera libica – di fatto in mano alle milizie armate già accusate traffico di esseri umani – sia illegittima ai sensi del diritto dell’UE. Pertanto Front-Lex e Refugees in Libya chiedono che la Corte ordini a Frontex di cessare di inviare queste informazioni agli enti libici.

L’azione legale è stata presentata a nome di un richiedente asilo sudanese bloccato in Libia dal suo rappresentante, l’avvocato Francesco Gatta, e potrebbe avere implicazioni sia per Italia che per Malta. Le organizzazioni hanno presentato numerose prove che dimostrerebbero come Frontex non solo fornisca la posizione delle imbarcazioni di migranti direttamente a Tripoli, ma condivida anche i dati di sorveglianza raccolti dai suoi aerei con le autorità italiane e maltesi. Queste autorità, a loro volta, comunicano le posizioni rilevate da Frontex alle autorità di Tripoli. Si chiede di conseguenza che la Corte ordini a Frontex di evitare tanto le comunicazioni dirette con Tripoli, così come qualsiasi comunicazione indiretta tramite Italia e Malta. Secondo le Ong, nel dare alla Guardia Costiera libica (LCG) la posizione delle imbarcazioni nel Mediterraneo centrale, l’obiettivo di Frontex non è salvare vite, ma facilitare le intercettazioni.

Nell’azione legale esaminata da Il Fatto Quotidiano sono state presentate le prove raccolte dalla Ong tedesca Sea-Watch che dimostrerebbero come, anche quando le imbarcazioni di soccorso umanitario sono nelle vicinanze, Frontex si astenga dall’allertarle, per notificarle solo a Tripoli. Le organizzazioni hanno anche denunciato come i migranti, nel tentativo di sfuggire una volta intercettati dalla LCG, spesso preferiscano buttarsi in mare piuttosto che essere riportati con la forza in Libia. Secondo una missione indipendente di accertamento dei fatti sulla Libia, commissionata dal Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, queste persone subiscono crimini contro l’umanità al momento del rimpatrio forzato in Libia. “Se Frontex avesse voluto salvare vite in mare, avrebbe informato e coinvolto le imbarcazioni di soccorso delle ONG o avrebbe avviato nuove operazioni di ricerca e soccorso nell’area. Invece, la vera motivazione di Frontex sembra essere quella di prevenire lo sbarco di individui in fuga da crimini contro l’umanità nei porti europei,” sottolinea l’avvocato Iftach Cohen di Front-Lex. David Yambio, co-fondatore di Refugees in Libya, aggiunge: “Frontex non può ‘salvare’ le persone dalla morte per annegamento inviandole nuovamente nei lager libici spacciati per centri di accoglienza. Questo è particolarmente vero quando queste persone scelgono consapevolmente di rischiare di affrontare il pericoloso viaggio attraverso il Mediterraneo centrale per sfuggire ai torturatori libici.”

La Cassazione ha recentemente riconosciuto che i richiedenti asilo che resistono al rimpatrio in Libia stanno esercitando il proprio diritto all’ autodifesa. Inoltre, la Corte di Crotone ha recentemente stabilito che le intercettazioni e i rimpatri in Libia non possono essere considerati operazioni di soccorso. La Corte di Giustizia del Lussemburgo è stata sollecitata a giudicare con urgenza il caso contro Frontex con la partecipazione di tutti i propri giudici, a causa dell’importanza della questione.

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