Calcio

Johan Neeskens, addio all’ultimo tulipano: le mille incredibili vite del primo centrocampista totale nella storia del calcio

Un altro petalo dei tulipani arancioni è volato via. Johan Neeskens, formidabile centrocampista dell’Olanda vicecampione del mondo nel 1974 e nel 1978, è morto mentre era impegnato in Algeria in un progetto legato al calcio, il World Coaches. Aveva compiuto 73 anni il 15 settembre. Nato a Heemstede, uno dei comuni più ricchi dei Paesi […]

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Un altro petalo dei tulipani arancioni è volato via. Johan Neeskens, formidabile centrocampista dell’Olanda vicecampione del mondo nel 1974 e nel 1978, è morto mentre era impegnato in Algeria in un progetto legato al calcio, il World Coaches. Aveva compiuto 73 anni il 15 settembre. Nato a Heemstede, uno dei comuni più ricchi dei Paesi Bassi, Neeskens è stato uno dei simboli della rivoluzione che, negli anni Settanta, cambiò per sempre la storia del football. Il suo primo ruolo fu quello di terzino, ma dopo l’approdo all’Ajax, fortemente voluto da Rinus Michels, diventò centrocampista. Una folgorazione: grazie a una straordinaria forza fisica, fu il primo mediano “box to box”, capace di coprire sessanta metri di campo e dotato di un pregevole senso del gol. Ai mondiali del 1974, in Germania, Neeskens mise la firma su cinque reti, compreso il rigore nella finale contro i padroni di casa. Quattro anni dopo, Neeskens perderà la seconda finale di fila, ancora una volta contro il paese organizzatore, l’Argentina.

La figura di Neeskens s’intreccia fortemente con quella di Johann Cruijff. I due composero un centrocampo leggendario: Neeskens si sdoppiava in due ruoli, numero 4 numero 8, mentre Cruijff era il talento allo stato puro. Neeskens, cresciuto nel Racing Club Heemstede (1968-1970), approdò all’Ajax per vivere un quadriennio da favola, in cui i lancieri conquistarono tre coppe dei Campioni (1971, 1972 e 1973), due campionati olandesi (1972 e 1973), due coppe nazionali (1971 e 1972), una Coppa Intercontinentale (1972) e una Supercoppa Uefa (1973). Nel 1974, raggiunse Cruijff al Barcellona e divenne un idolo dei tifosi blaugrana: s’identificò con lo spirito catalano in una Spagna ancora prigioniera del franchismo. Le cinque stagioni vissute a Barcellona arricchirono la sua bacheca con una Copa del Rey (1978) e una Coppa delle Coppe (1979). Nel 1979, volò negli Stati Uniti, al Cosmos, per rimettere a posto le sue economie e fare una nuova esperienza. Nel 1984, il ritorno in Olanda, al Groningen e dopo un secondo capitolo negli Usa, la chiusura della carriera, in Svizzera, nel 1991. L’allenatore non è stato al livello del giocatore, ma è stato un vice prezioso delle nazionali d’Olanda e d’Australia: era in panchina, al fianco di Hiddink, il giorno della sfida degli ottavi contro l’Italia, vinta 1-0 dagli azzurri grazie al rigore di Totti. Dal 2006 al 2008, rieccolo al Barcellona, assistente di Rijkaard. L’esperienza negativa in Sudafrica, alla guida del Mamelodi Sundowns, lo convinse, nel 2012, a dire addio alla panchina.

La notizia della scomparsa di Neeskens è stata uno choc per l’Olanda. Personaggio amatissimo dai tifosi, il suo impegno nel sociale è stato un segno della qualità dell’uomo: undici anni di attività intensa per occuparsi di disabilità infantile. Una sensibilità figlia di un’infanzia non facile: la mamma malata, con un solo polmone funzionante; il padre operaio, in un’azienda di altiforni, lavoro massacrante. Il piccolo Han, come lo chiama la mamma, accudisce galline, mucche, maiali e lepri dell’allevamento di famiglia. A scuola non va bene, ma un giorno scopre di possedere eccellenti doti fisiche. Vince gare di corsa, di salto in alto e di salto in lungo, poi decide di dedicarsi al baseball. Negli europei giovanili di Roma, viene nominato miglior battitore del torneo. Approda nel calcio all’età di 16 anni e viene subito gettato nella mischia. Fino al 1970 è costretto a dividersi tra calcio e lavoro: fa l’uomo delle pulizie. La casa è malandata e con il fratello, nel 1970, occupa una casa ad Haarlem: dieci giorni dopo avviene lo sgombero, ma la carriera di Johan sta spiccando il volo. I problemi economici, con il trasferimento all’Ajax, vengono finalmente superati.

Neeskens è promosso titolare dopo la seconda partita del ritiro estivo, contro il Chelsea. Prestazione spettacolare e titoloni sui giornali: “È nata un stella”. Il ruolo iniziale è quello di terzino, ma prestò sarà dirottato a centrocampo: il 31 maggio 1972 sovrasterà Sandro Mazzola nella finale di Coppa dei Campioni Ajax-Inter di Rotterdam, 2-0 per gli olandesi. Un investimento sbagliato gli procura problemi economici, ma il trasferimento al Barcellona risolve i suoi guai. Neeskens è duro e spietato in campo, credulone e un po’ ingenuo fuori. Guadagni vertiginosi e crolli improvvisi segneranno la sua esistenza, fino a sprofondare per un breve periodo nell’alcolismo. Lapidaria una frase del suo ex compagno di squadra, Rijsbergen: “Johan sembra una calamita. Le persone sbagliate hanno controllato la sua vita”. L’America lo riporterà in alto, grazie non solo alla forza dei dollari, ma anche alla conoscenza di una donna svizzera, Marlis von Reding. I due si sposeranno nel 1985. Avranno due figli. “Ho trovato finalmente la pace”, le sue parole e l’inizio di un nuovo cammino, più leggero, concluso all’improvviso in Algeria, in una domenica di ottobre. Addio Neeskens, leggenda del calcio, simbolo di una rivoluzione: per chi si è goduto la grande Olanda degli anni Settanta, è un giorno davvero triste.