Il governo ha inviato alle Camere il Piano Strutturale di Bilancio 2025-2029 (Psb) che lo esamineranno mercoledì 9 ottobre. Un Psb che detta gli indirizzi e gli obiettivi programmatici, che poi dovrebbero essere presenti nella prossima legge di bilancio, il cui esame quest’anno partirà dalla Camera dei deputati.

Avevo ascoltato nei mesi precedenti i proclami del ministro alle Infrastrutture parlare di Piano casa visionario, di 200.000 nuovi alloggi sociali, di diritto alla casa per lavoratori e studenti, per poi trovarci come primo risultato quello di far passare immobili piccoli e inabitabili in case residenziali che dovrebbero estinguere l’emergenza abitativa. Nonostante questo grande era la curiosità (tenuto conto che per la prima volta la Commissione europea ha un Commissario alle politiche abitative, che quindi dovrebbero vedere anche finanziamenti in tal senso), nel leggere il Psb.

Una curiosità, svanita presto, nel leggere le sole otto righe e novanta parole, che il governo nel Psb ha destinato alle politiche abitative, su un totale di 210 pagine e a fronte di altre migliaia e migliaia di altre parole.

Eccole le parole che segnano il piano casa visionario del ministro Salvini:

“Al fine di ridurre la povertà abitativa, il governo si impegna a realizzare politiche abitative e di supporto ai soggetti vulnerabili con interventi come il social housing e misure per la realizzazione di alloggi per lavoratori e gli studenti fuori-sede attraverso il Piano Casa Italia, che potrebbe fare leva su strumenti di garanzia di carattere finanziario. Ulteriori interventi riguarderanno le opere di urbanizzazione nei comuni medio-piccoli, la valorizzazione degli immobili demaniali per adibirli a finalità abitative e l’erogazione di incentivi orientati al reperimento dell’alloggio, in caso di nuovi assunti.”

Null’altro. Nessun riferimento in tutto il PSB alla condizione abitativa, nessun riferimento alla povertà che impedisce l’accesso alla abitazione e più in generale all’abitare. Nessuna impostazione strategica e strutturale, nessun impegno a rifinanziare i fondi contributo affitto e morosità incolpevole. Traspare, neanche celata, una indifferenza nei confronti della questione abitativa e delle sue criticità. E questo segnale di indifferenza si protrae questa volta, in atto che ha valenza non per tre anni, ma per 4 anni.

Quindi il Psb del governo evidenzia una assoluta lontananza, direi ideologica, dalle condizioni di vita di milioni di cittadini italiani. Quelli con sfratto, quelli che arrancano nel pagare un affitto, quelli sfrattati, quelli poveri e quelli ai quali è stato tolto il reddito di cittadinanza e, in tale ambito, è proprio l’Inps che dice che il passaggio tra rdc e assegno di inclusione si sono perse oltre 300.000 famiglie, guarda caso quelle composte da minori, anziani, disabili, che stanno in affitto.

Sbaglierei però se dicessi che quelle otto righe e novanta parole non rappresentano nulla. In quelle otto righe traspare la volontà da parte del governo di continuare a vedere nelle politiche abitative un fattore commerciale, la casa come merce, meglio se dedicato a coloro che, pur soffrendo, un affitto lo possono pagare.

Il Psb a suo modo indica un percorso. Un percorso che getta milioni di italiani nel baratro dell’esclusione sociale. Per questo quelle otto righe vanno conosciute perché con linguaggio apparentemente accattivante lascia lo spazio all’appalto delle politiche abitative ai privati, alle fondazioni, agli operatori economici. Realtà, guarda caso tutte presenti nel famoso tavolo presso il Ministero delle infrastrutture, realtà economiche che saranno chiamate a partecipare ad un piano molto housing e poco social, destinato a solvibili che consenta di riportare a reddito e rendere remunerativi, i loro immobili, oggi vuoti o inutilizzati, che da “mecenati” metteranno a disposizione. Altrimenti a cosa serve la ulteriore spinta alla valorizzazione dei beni immobili pubblici, che verranno donati a privati per i loro affari, social?

Questo è il Piano Casa Italia che il governo intende perseguire, ed i nuovi soggetti sociali che saranno oggetto di questo nuovo business, sono lavoratori, non certo i working poor, e gli studenti ai quali offrire gli splendidi student hotel, dotati di tutti i servizi e comfort, ad un prezzo, secondo loro, all’altezza dei servizi prestati, insomma un social housing studentesco che attraverso rette salate faccia anche un po’ di scrematura.

Si riafferma così un modello nel governo del territorio, in cui chi determina le politiche abitative sono il privato e la rendita con il pubblico prono, ai loro desiderata, che fornisce, oltretutto, agevolazioni e strumenti anche finanziari. Attenzione un modello che il governo propone, ma che anche amministrazioni di centro sinistra di grandi città perseguono e da tempo. Il governo rende, così, proposta strutturale nazionale il modello Lombardia/ Milano, e lo indica come percorso a tutta l’Italia.

Siamo di fronte ad una beffa, anche se condensata in poche righe. Un siffatto Piano casa presentato in Unione europea come quello che affronta la povertà, peccato che ai poveri l’offerta abitativa del governo è preclusa.

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