Gli enti locali ammoniscono che l’ulteriore stretta ai loro danni di cui si discute in queste ore sarebbe insostenibile. Bankitalia avverte che il miglioramento dei conti 2024 su cui il governo intende appoggiarsi per finanziare parte della manovra potrebbe non essere strutturale e, come l’Ufficio parlamentare di bilancio, ufficializza che il tasso di crescita del pil ritenuto realistico dal governo è ormai un miraggio. La Corte dei Conti prefigura “scelte difficili” e l’Istat nota che l’economia al momento è in uno “stato stazionario”. La seconda tornata di audizioni sul Piano strutturale di bilancio davanti alle Commissioni bilancio di Camera e Senato – dopo quelle di sindacati e Confindustria giovedì scorso – conferma quello che il ministro Giancarlo Giorgetti ha anticipato pochi giorni fa: sono in vista “sacrifici” per tutti.

Nel Piano, hanno sottolineato i rappresentanti della Corte dei Conti, viene delineato un percorso “impegnativo” e nella manovra “saranno necessarie scelte difficili sull’allocazione delle risorse”. “Su molti fronti si evidenziano necessità crescenti derivanti da problemi strutturali, da andamenti dei costi, dal crescere di aree di sofferenza sociale, dall’emergere di nuove sfide economiche e produttive a cui si aggiungono esigenze poste da nuove criticità legate al contesto nazionale ed internazionale”. Sergio Nicoletti Altimari, capo dipartimento Economia e Statistica di via Nazionale, ha definito “non esente da rischi” il programma delineato nel piano: per finanziare parte della nuova manovra “sfrutta il margine determinato dalle maggiori entrate ora attese per il 2024, con l’assunzione implicita che esse siano interamente permanenti”, cosa che non è garantita. Finanziare per circa 9 miliardi la prossima manovra “accrescendo il disavanzo di circa 0,4 punti percentuali di pil” rispetto al tendenziale, poi, “è comprensibile” visto che attenersi al quadro di finanza pubblica a legislazione vigente implicherebbe significativi tagli alla spesa primaria corrente in termini reali, ma “anche piccoli scostamenti dai piani di bilancio potrebbero rendere difficoltoso riportare, come pianificato dal Governo, l’indebitamento netto sotto la soglia del 3 per cento del prodotto nel 2026 e, più in generale, conseguire il profilo del debito delineato nel Piano”.

Tra l’altro gli sgravi contributivi per i lavoratori dipendenti con redditi medio bassi, uno dei cavalli di battaglia che il governo intende rifinanziare, se resi strutturali secondo Altimari farebbero “perdere l’equilibrio tra entrate contributive e uscite per prestazioni”, che oggi “rappresenta un punto di forza” del sistema previdenziale. Ogni imprevisto, poi, farebbe crollare l’intera impalcatura: sarebbe sufficiente “uno scenario macroeconomico lievemente meno favorevole (ad esempio un aumento imprevisto di 100 punti base dei rendimenti sui titoli di Stato di nuova emissione) per rendere più arduo conseguire l’obiettivo del governo di riportare nel 2026 l’indebitamento netto al di sotto del 3 per cento del Pil”. Il tutto mentre la revisione dei conti economici trimestrali pubblicata venerdì scorso dall’Istat già comporta “una correzione meccanica al ribasso di due decimi di punto percentuale della stima per l’anno in corso”, dunque da +1 a +0,8%. Il che peggiorerebbe i rapporti debito/pil e deficit/pil.

La presidente dell’Upb, Lilia Cavallari, ha confermato: “I nuovi dati trimestrali diffusi dall’Istat venerdì scorso hanno peggiorato la variazione acquisita del PIL sull’anno in corso di due decimi di punto percentuale, per cui una simile correzione andrebbe apportata sulla previsione del PIL del 2024“, si legge nella sua relazione, che aggiunge: la realizzazione del Piano, che prevede “un aggiustamento di bilancio impegnativo e prolungato nel tempo”, è soggetta “elementi di incertezza. In primo luogo, il Piano assume la piena attuazione del PNRR e la prosecuzione dell’impegno a realizzare riforme e investimenti lungo l’intero orizzonte di programmazione. Sono, inoltre, presenti rischi di natura generale e sistemica derivanti dalla transizione demografica, dall’impatto dei cambiamenti climatici e della transizione energetica, nonché dall’incertezza geopolitica“. Poi ha tirato le orecchie al Mef anche sul metodo, segnalando “carenze di informazioni nel quadro tendenziale di finanza pubblica del PSB, che avrebbe potuto assorbire maggiormente i contenuti di norma presenti nella Nota di aggiornamento del Def“. In particolare mancano informazioni sullo scenario a politiche invariate e “circa la rimodulazione del profilo temporale di attuazione del Pnrr“.

Il direttore per la contabilità dell’Istat, Giovanni Savio, ha rincarato la dose: “Dal lato crescita del Pil”, ha detto, “siamo tornati a una fase di stato stazionario o ‘steady state’ con tassi di crescita abbastanza contenuti che stentano a dimostrare la situazione di un’economia che si sviluppa in forma consistente”. Insomma: “Si sono spente alcune cause che hanno generato, nel corso degli anni precedenti, dopo la crisi Covid, questa spinta propulsiva. Dobbiamo attendere che ci siano altre forze che possano incrementare la crescita”.

Intanto gli enti locali cercano di allontanare l’amaro calice di nuovi tagli. “Un’ulteriore ipotesi di richiesta di contribuito ai comuni per il risanamento della finanza pubblica diventerebbe estremamente gravosa soprattutto per enti già in difficoltà”, ha spiegato Alessandro Canelli, delegato Finanza locale di Anci. “Un ulteriore taglio, oltre a quello subito nella manovra dell’ultimo anno, fino al 2028, che ha portato a un impoverimento della parte corrente dei bilanci dei Comuni di circa 1 miliardo complessivi” con un “restringimento del perimetro sulla spesa, diventerebbe insostenibile per tantissimi enti”. Anci segnala anche che “riparte il meccanismo di perequazione, che siamo riusciti finora a sterilizzare con il meccanismo del rimborso che Anci, d’accordo con Mef, ha utilizzato”. “Un’ipotesi sarebbe quella di prevedere un accantonamento sui bilanci, ma anche questo sarebbe un forte vincolo per i comuni che non potrebbero affrontare spese per esempio sul sociale“. Anche Luca Menesini dell’Upi ha stoppato le intenzioni del governo: “E’ da escludere qualunque ulteriore taglio alla spesa corrente delle Province, neppure surrettizio, come delineato nel PSB nel quale si prevedono contributi al Bilancio da parte di singoli enti con trattenuta diretta sui trasferimenti erariali piuttosto che l’obbligo, per gli enti in avanzo di bilancio, di accantonare un fondo di parte corrente da destinare negli esercizi successivi al finanziamento degli investimenti e all’estinzione anticipata del debito. Parimenti irricevibile è l’obbligo di incremento dell’importo del disavanzo da ripianare nell’esercizio per gli enti in disavanzo”.

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