Se all’ultimo minuto l’attaccante della Juventus – me mettiamoci pure una grande squadra qualsiasi – lanciato in area in velocità stramazza a terra al primo tocco del difensore avversario, nove volte su dieci è rigore. Stavolta no: in Juve-Cagliari, Francisco Conceição si è preso il giallo per simulazione (il secondo) e quindi è stato espulso. Un episodio talmente eccezionale da diventare per forza il caso di giornata.
Gli strali dei tifosi bianconeri – convinti di esser stati danneggiati o comunque penalizzati dal solito doppiopesismo – lasciamoli da parte. Così come le proteste di quelli avversari per il primo rigorino a favore della Juve sul mani di Luperto. Ognuno tira l’acqua al suo mulino, in curva l’obiettività non esisterà mai. E forse nemmeno sul campo perché poi è chiaro che ogni episodio rimane frutto di una valutazione, ormai di più persone perché all’arbitro si sono aggiunti Var ed assistenti vari quindi dovrebbe essere più difficile sbagliare con l’aiuto della tecnologia, ma comunque soggettiva. Inutile continuare a rinfacciarsi episodi simili di una giornata o una stagione fa fischiati diversamente. Per una volta bisogna solo fare i complimenti al direttore di gara, Marinelli. Che è stato bravo. E soprattutto coraggioso: ci voleva lucidità per valutare l’entità (nulla) di quel contatto. E ancora più personalità per ammonire il giocatore in uno stadio ostile.
Alla fine la maggioranza dei commentatori, in fondo anche dei tifosi bianconeri, concorda sul fatto che non fosse rigore. Rimane un argomento, che si è ascoltato da più parti nelle ultime ore: il contatto c’era ma non era fallo, l’arbitro poteva non ammonire. E invece il punto è questo: Marinelli doveva ammonire, perché lo dice il regolamento e forse anche per dare un messaggio. La dinamica è chiara: Obert poggia la mano sulla spalla ma non tira, non spinge; il contatto c’è ma non determina la caduta, se non nella percezione dell’attaccante della Juve, che appena sente il tocco si lascia andare. Questa è la casistica precisa della simulazione: “Tentare di ingannare l’arbitro fingendo di aver subito un fallo”. Ciò che appunto ha fatto Conceição, che ha cercato di approfittare della situazione (una posizione di vantaggio sul difensore che spesso sfocia in un fallo), in un momento decisivo della gara (rigore all’ultimo minuto quasi sicuramente avrebbe significato vittoria per la Juve). Regolamento alla mano, ammonizione. Ineccepibile.
Con questo ovviamente non si vuole colpevolizzare il portoghese, ma l’atteggiamento, comune a tanti altri giocatori in Serie A: i Cuadrado, per intenderci, i vari Leao, Dybala, Barella e Lautaro, tutti quelli che più o meno spesso ci provano, e qualche volta ci riescono pure. Su una cosa però ha ragione Thiago Motta, che a fine gara ha commentato con signorilità l’episodio. L’ammonizione (con espulsione annessa) di Conceição è un precedente. Anzi, sarebbe bello se lo creasse, se fosse l’inizio di una linea dura contro le simulazioni. Non sarebbe facile da mantenere, perché entriamo in un ambito di grande soggettività, e perché gli attaccanti tenderanno sempre ad accentuare i contatti in area. Ma forse proprio per questo bisogna provarci. Che il rosso a Conceição sia una lezione per tutti i “tuffatori”. Se invece resterà un episodio isolato e alla prossima giornata torneremo ai rigorini compiacenti, o comunque alla logica molto italiana del “lasciamo correre” – come fatto intendere anche dall’Aia che con Gervasoni ha commentato in questo senso l’episodio ad OpenVar – quello di Marinelli non diventerà un errore col senno di poi. Sarà soltanto un’occasione persa.