Società

Sulla criminalità il governo fa gli stessi errori del passato: si bada ai dati e non ai cittadini

Rimango letteralmente basito nell’ascoltare la cronaca giudiziaria del nostro Paese. I proclami del buon andamento della lotta alla criminalità e la repressione dei reati in genere, compreso le baby gang, mi fanno sorridere. Intanto, giova evidenziare che questo governo sta commettendo gli stessi errori del passato. Si guarda alle statistiche piuttosto che a quello che percepiscono i cittadini. L’evidente discrasia tra il dire e il fare è lapalissiana.

Cito non a caso l’aumento esponenziale della cosiddetta “quarta mafia”, ovvero la Sacra corona unita, che indisturbata ha occupato manu militari la Puglia: omicidi e rapine ai portavalori testimoniano la pericolosità. Analogo errore fu commesso dai governi precedenti, quando si ritenne che Cosa nostra era il male assoluto dell’Italia consentendo alle altre consorterie criminose, ‘ndrangheta e camorra, di espandersi liberamente.

Si dirà che lo Stato è stato presente dappertutto, questo è vero, ma in verità occorre anche dire che è stato incapace d’impedire la crescita dei criminali. In taluni casi lo Stato è stato rappresentato da personaggi che, vestendo abiti istituzionali, han tradito il giuramento di fedeltà, operando per fini personali o per interessi di partito strizzando l’occhio al coacervo mafioso. Ma ora tralascio le mafie, verso le quali ho svolto alcune indagini, e vorrei evidenziare lo stato comatoso in cui versano le forze di polizia: mi riferisco agli organici. Occorre dire che è un problema endemico che si protrae da almeno un ventennio. La difficoltà di rimpiazzare il personale andato in quiescenza è ampiamente dimostrata. Turnover? Non pervenuto. Potrei citare dei “vuoti” di cui sono a conoscenza: numeri davvero impressionanti. Questure, commissariati, stazioni di carabinieri languono e sono costretti a fare salti mortali per assicurare il minimo e indispensabile controllo del territorio. E quindi come si pretende di monitorare il territorio senza le forze in campo?

L’attuale governo, un giorno sì e l’altro pure, annuncia decreti sulla sicurezza aumentando le pene, o editando nuove fattispecie di reati. Invero, penso che aumentare le pattuglie per adibirle alla primaria funzione della prevenzione avrebbe più successo. Non occorre l’inasprimento della pena, si deve investire di più sul controllo del territorio per avere una diminuzione dei reati: ne gioverebbe la sicurezza in generale. Ovviamente non sto scoprendo il carbone a palline, giacché quel che sto dicendo è ampiamente noto. Solo che la politica fa orecchie da mercante: basta apparire nei media per appropriarsi di qualche successo investigativo e poi tutto il resto rimane un sogno. Per dirla in siciliano “agneddru e sucu e finiu un vattio” (dopo il battesimo tutto ritorno come prima).

Da ex sindacalista, pioniere del movimento per la smilitarizzazione della polizia, non posso non essere accanto ai miei colleghi, carabinieri, finanzieri e polizia penitenziaria, che soffrono nel non poter offrire di più sicurezza. Ed è sull’aumento degli organici che Meloni e Piantedosi dovrebbero intervenire. L’aumento dei cosiddetti reati di strada allarma sempre più l’opinione pubblica, e se poi si aggiungono gli ultimi cambiamenti della procedura penale, con riferimento a borseggi e furti in genere, siamo alla frutta. Già i borseggi io li annovero tra il liberal business, specie in mancanza di querela.

La sicurezza ha un costo: un costo necessario per la convivenza civile, ma vivaddio non possiamo permettere che orde di borseggiatori agiscano impunemente. Conosco bene il fenomeno e ritengo che l’aumento delle pene da poco introdotto non serve a nulla: figuriamoci se il borseggiatore si spaventa. Ricordo da giovane agente che nella Pubblica Sicurezza esisteva la squadra antiborseggio: ripristinarla sarebbe certamente efficace.

Un altro argomento che attanaglia il nostro Paese è l’acuirsi della violenza verso il personale sanitario e le forze di polizia. Anche qui siamo davvero carenti nell’assicurare tranquillità nell’esercizio delle funzioni. Infine un sogno: che qualsiasi donna possa essere libera di vestirsi come meglio crede e di andare dove vuole in qualsiasi ora del giorno e della notte, senza essere oggetto di violenza. Presidente Meloni, lei che è donna, suppongo sia d’accordo con me e quindi diamoci da fare: stop alla violenza sulle donne, magari aumentando il controllo del territorio. Si può fare?