“Israele si sta suicidando da tanti punti di vista: certamente militare e politico, perché non si possono avere tutti questi fronti di guerra aperti. Ma anche dal punto di vista politico interno e soprattutto dal punto di vista morale ed etico, perché in Israele, tra l’altro, c’è una sorta di incapacità di empatia nei confronti dei morti a Gaza, che deriva sicuramente dal terribile trauma del 7 ottobre”. Sono le parole pronunciate da Anna Foa, autrice del saggio “Il suicidio di Israele” (Ed. Laterza) e studiosa della storia degli ebrei. Figlia della partigiana Lisetta Giuia e del politico e intellettuale antifascista Vittorio Foa, la storica si è convertita all’ebraismo in età adulta.
“Il 7 ottobre – spiega – ha creato una sorta di suicidio morale che riguarda non solo l’aspetto culturale, ma anche etico. È come se ci fosse un abisso in cui Israele sta precipitando. E io non ho scritto questo libro certamente per augurare questo suicidio, come si dice nel mondo ebraico più filo- Netanyahu, ma perché, denunciando le cose, spero sempre che questo suicidio si arresti e che in Europa si riesca a capire un po’ di più di questa situazione”.
“Ma lei non teme di essere molto criticata dalla sua stessa comunità?”, chiede la conduttrice Lilli Gruber.
“Sono così vecchia che non mi importa più essere criticata – risponde sorridendo la storica – Anzi, forse sarebbe un bene se ci fosse un dibattito. La cosa che mi fa paura è che non c’è dibattito nel mondo comunitario ebreo. Credo che solo la diaspora americana si stia muovendo un po’. Certo, ci sono delle opposizioni tra gli ebrei europei e italiani ma sono minoranze ma anche qui c’è un blocco dovuto al trauma del 7 ottobre. Si ha paura di insistere troppo contro Israele, si ha paura di fare una critica molto feroce, che invece va fatta, contro Netanyahu e i suoi ministri, ma soprattutto contro questa idea di arrivare alla grande Israele annettendo la Cisgiordania”.
E conclude: “Di fatto stanno cercando di annettere la Cisgiordania, dove ci sono non solo coloni ma anche soldati. E ogni giorno c’è un bombardamento. Tutto questo va denunciato ma si ha paura che denunciare un paese la cui esistenza si teme possa aiutare il suo suicidio e non fermarlo“.