A meno di un mese dal voto americano per eleggere il presidente, il nuovo libro, War, del leggendario giornalista del Washington Post, Bob Woodward, irrompe nella campagna elettorale svelando i nuovi segreti intorno alla Casa Bianca. La rivelazione più importante, soprattutto alla luce di una sua possibile elezione, è quella che riguarda Donald Trump che, si legge, in questi anni ha continuato a intrattenere rapporti con Vladimir Putin anche dopo la fine del suo mandato.

Una notizia che conferma quello che sarebbe un netto cambio di posizione americano sulla guerra in Ucraina nel caso in cui il tycoon dovesse tornare a dirigere lo Studio Ovale. Nello specifico, i due hanno parlato almeno sette volte dalla fine del mandato di The Donald, anche agli inizi del 2024 mentre Trump era a Mar-a-Lago e ha allontanato uno dei suoi consiglieri per poter avere una telefonata privata con il presidente russo.

C’è di più, secondo Woodward. Trump avrebbe coltivato il suo rapporto privilegiato col capo del Cremlino anche da presidente, tanto da inviare segretamente, nel 2020 in piena emergenza Covid, dei tamponi per i test a Putin per suo uso personale mentre gli Stati Uniti e molti altri Paesi non ne avevano abbastanza. Putin ha accettato le forniture di Trump e lo ha messo in guardia dal non rivelare la spedizione: “Non dirlo a nessuno perché altrimenti si arrabbiano con te, non con me”, gli ha suggerito.

Rivelazioni che hanno provocato la dura replica della campagna elettorale di Trump: “Nessuna di queste storie inventate da Bob Woodward – afferma il direttore delle comunicazioni Steven Cheung – è vera e sono opera di un uomo veramente demente e squilibrato che soffre di un caso debilitante di sindrome da squilibrio legata a Trump. Woodward è un ometto arrabbiato ed è chiaramente turbato perché Trump lo sta citando in giudizio con successo a causa della pubblicazione non autorizzata di registrazioni da lui effettuate in precedenza. Trump non gli ha dato assolutamente alcun permesso per questo libro spazzatura che appartiene al cestino delle occasioni della sezione fiction di una libreria low cost o viene usato come carta igienica. Woodward è un viscido totale che ha perso la testa ed è lento, letargico, incompetente e nel complesso una persona noiosa senza personalità”.

Se l’intento di Woodward era quello di penalizzare Trump nella sua corsa alla Casa Bianca, non si capisce però perché nel libro vi siano anche numerosi episodi relativi invece al suo vecchio rivale Joe Biden. Ad esempio, scorrendo le pagine si ritrovano gli epiteti offensivi riservati dal presidente nei confronti del premier israeliano Benjamin Netanyahu, definito un “figlio di puttana” e “uno stronzo” per la condotta sanguinaria nella guerra a Gaza che ha creato problemi all’alleato americano nel giustificare il sostegno allo Stato ebraico. Woodward descrive il rapporto teso di Biden con Netanyahu. Mentre pubblicamente sosteneva Israele, Biden esprimeva privatamente frustrazione per la strategia di Bibi a Gaza. “Qual è la tua strategia, amico?”, gli avrebbe chiesto durante una telefonata di aprile. Il libro racconta i tentativi del presidente di frenare le azioni di Netanyahu, in particolare dopo che l’Iran aveva lanciato missili contro Israele in risposta a un attacco israeliano in Siria. “Non devi fare un’altra mossa. Non fare nulla”, consigliò Biden al premier israeliano, rimanendo però inascoltato. Questo non ha comunque portato il capo della Casa Bianca a compiere passi indietro nel sostegno militare a Tel Aviv. Mentre il conflitto si aggravava, la frustrazione del presidente Usa nei confronti di Netanyahu sarebbe poi esplosa: “È un fottuto bugiardo“, disse in privato dopo che Israele era entrato a Rafah. E in una conversazione di luglio successiva a un attacco aereo israeliano a Beirut, Biden avrebbe urlato a Netanyahu “Bibi, che cazzo!”.

Come è facilmente intuibile, il rapporto con Putin è invece molto diverso rispetto a quello intrattenuto da Trump. E anche nei confronti del presidente russo, Biden ha più volte lanciato offese: “Quel fottuto Putin”, “Putin è il male. Abbiamo a che fare con l’epitome del male”, sono le parole che avrebbe detto ai consiglieri nello Studio Ovale dopo l’invasione russa dell’Ucraina.

Commenti di disprezzo sono arrivati anche dal segretario di Stato Antony Blinken, ma stavolta nei confronti di un leader da anni considerato un partner importante per Washington, il principe ereditario saudita Mohammad bin Salman. Non è “nient’altro che un bambino viziato”, ha detto dopo un incontro teso tra i due.

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