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“Milioni di dollari dalla Russia per comprare le presidenziali in Moldavia”: l’allarme alla vigilia del voto (anche sull’adesione all’Ue)

La volontà della Russia di influenzare la vita politica delle ex repubbliche sovietiche è cosa nota. Ma scoprire come concretamente questo è messo in atto non può che colpire. Gli occhi del Cremlino sono da mesi puntati sulla Moldavia, dove il 20 ottobre si terrà una giornata elettorale dalla portata storica: i cittadini moldavi saranno infatti chiamati alle urne per le elezioni presidenziali e un contestuale referendum per decidere se inserire nella costituzione nazionale l’obiettivo di aderire all’Unione Europea. L’ultima notizia che arriva dalla repubblica dell’Europa orientale è che Mosca avrebbe investito, solamente durante il mese di settembre, almeno 15 milioni di dollari per comprare i voti di decine di migliaia di cittadini moldavi in vista della chiamata alle urne ormai prossima.

I dettagli dell’operazione orchestrata dalla Russia sono stati forniti dalla polizia di Chisinau, che ha dichiarato come quasi quasi 130mila persone sarebbero state coinvolte in questo schema di compravendita di voti. L’operazione sarebbe stata messa in piedi anche grazie al contributo del controverso politico e uomo d’affari moldavo di origine israeliana Ilan Shor, condannato lo scorso anno per aver partecipato al furto di un miliardo di dollari dalle banche moldave. Quest’ultimo è uno degli oppositori più accesi all’eventuale adesione all’UE del suo Paese e il suo ruolo, oltre che di persone a lui vicine, sarebbe stato quello di favorire l’ingresso in Moldavia del denaro servito poi a portare avanti lo schema corruttivo, realizzato anche grazie all’utilizzo di Telegram.

Chiaro l’obiettivo dell’iniziativa segreta: far naufragare il referendum tenendo lontana la Moldavia dalle influenze europee e contestualmente ottenere l’elezione di candidati favorevoli alla Federazione russa. Questa notizia segue di pochi giorni le dichiarazioni che il consigliere per la sicurezza nazionale della Moldavia ha rilasciato a Politico, in cui è stato sottolineato come la Russia avrebbe messo in atto attività di propaganda e intimidazione senza precedenti in vista del 20 ottobre. Secondo il funzionario, nel 2024 il Cremlino avrebbe addirittura destinato 100 milioni di euro per interferire nei processi democratici moldavi.

Il clima attorno alla tornata elettorale è incandescente: lo scorso giugno gli Stati Uniti, la Gran Bretagna e il Canada hanno messo in guardia dall’attivismo russo per influenzare le elezioni presidenziali e incitare alle proteste, soprattutto mediante l’utilizzo di fake news e attraverso la propaganda online, in caso di mancata vittoria di un candidato filorusso. L’attuale presidente, la filoeuropea Maia Sandu, dovrà vedersela con altri dieci candidati alla carica di leader del Paese, tra cui alcuni apertamente favorevoli a Mosca e altri la cui idea è quella di un bilanciamento tra ovest ed est. I sondaggi danno in vantaggio Sandu, ma se all’apparentemente scontato ballottaggio del 3 novembre dovesse arrivare una figura politica favorevole al Cremlino, la partita potrebbe farsi davvero serrata.

Sulla Moldavia pesa anche la sua posizione geografica. Il Paese condivide infatti un lungo confine con l’Ucraina e al suo interno vi è la presenza di due entità territoriali, la repubblica autoproclamatasi indipendente della Transnistria e la Gagauzia, ufficialmente facenti parte della repubblica moldava ma i cui governi spingono per l’indipendenza, guardano a Mosca e hanno storicamente rapporti a dir poco difficili con Chisinau. Negli scorsi mesi la tensione è salita soprattutto in Transnistria, dove sono di stanza un numero di soldati russi che dovrebbe aggirarsi attorno alle duemila unità: a fine febbraio il parlamento locale ha chiesto aiuto alla Russia per interrompere il presunto blocco economico imposto dalla Moldavia. Per alcuni giorni si è temuto il replicarsi di uno scenario ucraino, con un pretesto creato ad hoc per giustificare l’intervento delle forze armate russe, tanto più che il ministro degli Esteri di Mosca Lavrov non ha mancato di lanciare durissimi avvertimenti al governo centrale moldavo. La crisi è poi rientrata, ma lo scenario rimane incandescente e rischia di esserlo sempre di più con l’avvicinarsi del 20 ottobre.