“I concessionari di autoveicoli sono sottoposti ad una pressione eccessiva la cui origine è il Green Deal Automotive che, con tutti i limiti di una “decarbonizzazione” misurata al tubo di scarico (TTW), vincola i costruttori a produrre veicoli poco graditi dal nostro mercato”. Lo sostiene Massimo Artusi, presidente di Federauto, bocciando in toto la politica comunitaria sull’auto elettrica e le forzature del mercato che essa ha prodotto: “La normativa europea in materia di Green Deal Automotive, prevedendo pesantissime multe per i Costruttori fuori target nelle emissioni di CO2, induce i car-maker a forzare la fabbricazione di autoveicoli elettrici che il mercato non assorbe. Se tali norme non saranno modificate entro il 2025 – come chiedono alcuni Paesi membri a cominciare dall’Italia – inevitabilmente i Costruttori finiranno per trasferire l’onere di smaltire prodotti difficili da commercializzare sui Concessionari i quali, pur avendo oggi un buon equilibrio finanziario, potrebbero non essere più in grado di svolgere la naturale funzione di mercato”.
In altri termini, ciò che denuncia il numero uno di Federauto è che il costo dell’automobile elettrica, indigesta al mercato italiano ma anche a quello europeo, sia caricato sulle spalle dei concessionari. “I dati sulle immatricolazioni”, ha aggiunto il presidente di Federauto, “distorcono la realtà effettiva del mercato: più del 50% delle auto a batteria (EV) è immatricolato, obtorto collo, dai concessionari con ingenti oneri finanziari di stock e di obsolescenza causata dal prolungato stop dell’invenduto, problemi a cui si aggiunge l’inquietante notizia dell’assegnazione d’ufficio ad alcuni Dealer – con successiva fatturazione – di veicoli non ordinati e non abbinati ad un cliente finale”.
Cliente che, tuttavia, sembra non arrivare: ad oggi il mercato europeo – e soprattutto italiano – dell’auto elettrica è fermo al palo e dà segni di vita solo quando spinto da generosissimi incentivi di Stato, incompatibili con le finanze statali e col principio stesso dei sussidi: gli stessi che dovrebbero aiutare le classi meno abbienti ad accedere alla mobilità ma che, nel caso delle vetture elettriche, immatricolazioni alla mano, finiscono per aiutare gli automobilisti più ricchi ad acquistare vetture di fascia premium, Tesla in primis. Nel 2023, poi, quasi il 40% dei 240 milioni di euro stanziati per incentivare il mercato dell’auto elettrica è finito a beneficio delle aziende.
“È prevedibile”, continua Artusi, “che i produttori, per non incorrere nelle pesanti sanzioni previste dal 2025, finiranno per ridurre la produzione di vetture con motore a combustione (ICE), contingentando la vendita dei modelli che, di fatto, continuano ad essere i più richiesti dal mercato e provocando un inevitabile calo dei volumi di attività delle concessionarie, mettendole potenzialmente in crisi, con un prevedibile e indesiderato effetto di ulteriore obsolescenza del parco ed il rischio di gravissime ripercussioni sulla sicurezza stradale e sull’inquinamento”.
Insomma, un circolo vizioso di fattori che secondo l’associazione dei concessionari italiani rischia di paralizzare l’intero settore. La questione, sottolinea Federauto, rischia di creare danni pure “sull’economia nazionale (con l’interruzione di produzioni o la chiusura di interi siti) e sul bilancio dello Stato che, da un minor numero di vendite di autoveicoli, subirebbe un forte calo del gettito non solo dovuto alla riduzione delle entrate provenienti dalla tassazione diretta e indiretta sulle immatricolazioni di auto nuove, ma anche per la difficoltà di rintracciare i margini tassabili delle aziende multinazionali in favore di paesi, anche europei, con fiscalità più favorevole”.
Nel frattempo, i concessionari europei di Stellantis scrivono alla presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen: “In qualità di distributori, siamo in contatto quotidiano con clienti finali che spesso rifiutano le auto elettriche a causa di preoccupazioni su prezzo, autonomia e accessibilità. Ciò ci pone in una posizione contraria a quella del produttore che rappresentiamo, che rimane ottimista circa il rispetto di queste severe normative Ue. Il settore non è ancora pronto a raggiungere il volume necessario di vendite di veicoli elettrici”. Posizione in linea con quella dell’Acea, l’Associazione dei costruttori europei di automobili: per l’associazione, centrare gli obiettivi di riduzione del 15% delle emissioni da parte dei costruttori europei nel 2025 “è un target che, con gli attuali numeri dell’elettrico, è raggiungibile solo riducendo la produzione di auto endotermiche di 2/2,5 milioni di unità. È un paradosso in un periodo già difficile per l’automotive”.