Il governo di Benjamin Netanyahu sta considerando di trasferire la responsabilità della distribuzione degli aiuti umanitari a Gaza totalmente all’esercito israeliano. La notizia circola da lunedì sui media israeliani, che riferiscono che il premier starebbe considerando, per la prima volta, quella che è una richiesta di lunga data dell’estrema destra israeliana, ma che pone numerose difficoltà sia sotto il profilo economico che su quello della sicurezza.
Come funziona la gestione delle forniture umanitarie a Gaza – Attualmente, la gestione degli aiuti umanitari destinati ai palestinesi della Striscia è affidata a un complesso, spesso farraginoso, sistema di coordinamento tra i militari israeliani, le missioni delle Nazioni unite, in particolare dall’Unrwa, e le organizzazioni umanitarie che operano sul campo, che devono relazionarsi per le loro attività con il governo civile di Gaza, controllato da Hamas dal 2007. Le Idf sorvegliano l’arrivo dei camion di aiuti fino ai varchi di frontiera con Gaza (attualmente gli unici attivi sono quelli di Kerem Shalom e Nahal Oz a est, dopo la chiusura a tempo indeterminato del valico di Rafah a sud per l’operazione militare israeliana) e il loro ingresso dentro la Striscia su alcune strade definite come “umanitarie” e fino ai magazzini gestiti.
La distribuzione degli aiuti viene gestita dal governo di Gaza con gli operatori umanitari, ma è intralciata spesso dalle attività militari e complicata dalla situazione socialmente esplosiva nella Striscia. Sono stati documentati in più occasioni dall’intelligence sia attacchi israeliani che hanno messo a rischio la vita degli operatori e dei civili durante la distribuzione di aiuti, sia abusi da parte di Hamas sugli stessi abitanti di Gaza, sia casi di furti e saccheggi, a volte condotti da gruppi informali di palestinesi armati. Le agenzie umanitarie hanno denunciato più volte che il loro personale non può operare a causa dei rischi dovuti ai bombardamenti, dell’impossibilità di accedere ad ampie aree della Striscia per via dei blocchi delle Idf e dei furti di camion e le minacce ricevute da parte di Hamas.
Il progetto di Smotrich: togliere gli aiuti ad Hamas e all’Onu – Domenica, secondo un retroscena di Yedioth Aronoth, Netanyahu avrebbe discusso l’argomento a margine di un gabinetto di guerra con i ministri di ultradestra Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir. Smotrich in particolare, che è ministro delle Finanze, sostiene da tempo che i camion umanitari di cui Israele consente l’ingresso nella Striscia siano una “risorsa per Hamas” che ne requisisce il contenuto. Secondo il ministro, ex colono della Cisgiordania, il controllo degli aiuti umanitari a Gaza è uno dei due “perni” che i miliziani islamisti hanno a disposizione per danneggiare Israele, l’altro sono gli ostaggi. Smotrich vuole diventare “ministro degli aiuti umanitari”, ha ironizzato amaramente Zvi Bar’el su Haaretz.
Dopo aver scartato l’ipotesi per mesi, a un anno dall’inizio della guerra Netanyahu avrebbe chiesto all’Idf di preparare piani operativi per prendere in carico la distribuzione delle forniture umanitarie per Gaza. Secondo Yedioth Aronoth, Netanyahu avrebbe anche pensato di nominare un generale incaricato della supervisione: il generale di brigata Elad Goren. Ma l’idea incontra l’opposizione ferma dei vertici delle forze israeliane, il capo dello Shin Bet Ronen Bar e il capo di stato maggiore delle Idf Herzl Halevi, e del ministro della Difesa Yoav Gallant, che partecipano al gabinetto di guerra e c’erano anche all’incontro di domenica.
Esercito e ministro della Difesa contrari: troppo rischioso e costoso – La prima preoccupazione è per la sicurezza dei soldati, che sarebbero esposti al rischio di attacchi da parte di Hamas. Non solo, il caso della “strage della farina” di maggio ha mostrato quanto la situazione possa degenerare quando i militari delle Idf si ritrovano attorniati da una folla di civili palestinesi affamati e disperati.
Un’altra criticità è l’onere finanziario del programma, che potrebbe aumentare a causa dei costi di trasporto, stoccaggio e mantenimento. Secondo le stime della sicurezza, il costo delle forniture alimentari di base sarà di circa 5,4 miliardi di shekel all’anno, 1,4 miliardi di dollari. Inoltre, Israele dovrà spendere miliardi per attrezzature mediche, tende, combustibili e le altre forniture umanitarie previste dal diritto internazionale. Occorrerà costruire e sorvegliare magazzini e centri di distribuzione, ricostruire le infrastrutture per garantire gli spostamenti dei camion e, soprattutto, dislocare un numero consistente di soldati per assicurare la distribuzione finale degli aiuti. Secondo le stime delle Idf, la piena governance militare di Gaza costerebbe a Israele circa quasi 11 miliardi di dollari l’anno (40 miliardi di shekel). Ma il ministro delle Finanze Smotrich non si mostra impressionato da queste proiezioni economiche.
Sia le Idf che il servizio di sicurezza israeliano Shin Bet hanno chiarito di ritenere che senza un organismo internazionale riconosciuto da tutti gli attorio con la responsabilità della gestione umanitaria, Hamas continuerà ad approfittarsi degli aiuti che entrano a Gaza, ricavando ingenti somme di denaro dal racket delle derrate. I vertici dell’esercito israeliano vorrebbero trasferire la responsabilità di assicurare gli aiuti umanitari a organizzazioni internazionali o organizzazioni private attive nelle zone di conflitto. Questo includerebbe anche un accordo con l’Onu e con l’Autorità nazionale palestinese (controllata dal partito di Fatah) per la gestione amministrativa di Gaza. Quello che le Idf e lo stesso ministro Gallant hanno chiamato il “piano per il dopoguerra a Gaza”. Ma Netanyahu, spinto dalla necessità di accontentare i suoi alleati di estrema destra, si è sempre opposto al ritorno dell’Anp nella Striscia, come si è visto rispetto alle discussioni sul “corridoio di Filadelfia” al confine con l’Egitto.
Il diritto internazionale e la questione del controllo militare – Oltre alle questioni pratiche, un altro tema riguarda il diritto internazionale. Secondo le convenzioni umanitarie, infatti, ogni entità statale (o meno) che controlla un territorio ha l’obbligo di garantire assistenza umanitaria alle popolazioni che le sono assoggettate. Dal ritiro degli insediamenti nel 2005, Israele ha sempre negato di avere il controllo militare della Striscia, gettando la responsabilità della grave situazione sanitaria e nutrizionale della popolazione di Gaza sull’amministrazione civile gestita da Hamas e sulle carenze delle Nazioni Unite. A luglio, Tel Aviv ha accusato ong e Onu di non aver distribuito il contenuto del 35% dei camion umanitari autorizzati all’ingresso a Gaza. Com’è noto, inoltre, il governo di Tel Aviv ritiene che agenzie Onu come quella per i rifugiati palestinesi Unrwa siano la grancassa degli islamisti.
Tuttavia, prendere il controllo della distribuzione degli aiuti umanitari a Gaza, per le attività, secondo diverse analisi, e lo stesso esercito israeliano, implicherebbe la creazione di una sorta di governo militare israeliano sulla Striscia. Prospettiva che obbligherebbe lo Stato ebraico a rispondere totalmente di fronte alle autorità internazionali per la crisi umanitaria della Striscia, con la cronica carenza di accesso a cibo, acqua e medicinali denunciata da molte organizzazioni internazionali, peggiorando potenzialmente la posizione di Israele, che sconta già un procedimento aperto della Corte penale internazionale contro Netanyahu e Gallant.
Il piano profondo dell’estrema destra: fondare nuove colonie a Gaza – Ma neanche questa prospettiva sembra spaventare i leader della destra israeliana: l’occupazione militare della Striscia di Gaza rientra, in effetti, nei progetti di Smotrich e Ben-Gvir. Il ministro delle Finanze israeliano lo ha chiarito domenica nel suo post su Facebook dedicato dell’anniversario del massacro del 7 ottobre: “Questa guerra finirà quando a Gaza Hamas sarà scomparsa e non avrà più la possibilità di riprendersi. Quando l’Idf avrà preso il controllo completo della Striscia di Gaza, e per molto tempo. In questa situazione, e date le condizioni politiche favorevoli, sarà possibile far rinascere gli insediamenti nella Striscia e garantire una presenza ebraica stabile e permanente, una presenza sionista che, come sappiamo, è l’unica garanzia per un futuro presenza militare e sicurezza”, ha scritto Smotrich.
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Gestire gli aiuti umanitari per Gaza con l’esercito: Netanyahu apre al piano dell’estrema destra per “occupare” la Striscia
Il governo di Benjamin Netanyahu sta considerando di trasferire la responsabilità della distribuzione degli aiuti umanitari a Gaza totalmente all’esercito israeliano. La notizia circola da lunedì sui media israeliani, che riferiscono che il premier starebbe considerando, per la prima volta, quella che è una richiesta di lunga data dell’estrema destra israeliana, ma che pone numerose difficoltà sia sotto il profilo economico che su quello della sicurezza.
Come funziona la gestione delle forniture umanitarie a Gaza – Attualmente, la gestione degli aiuti umanitari destinati ai palestinesi della Striscia è affidata a un complesso, spesso farraginoso, sistema di coordinamento tra i militari israeliani, le missioni delle Nazioni unite, in particolare dall’Unrwa, e le organizzazioni umanitarie che operano sul campo, che devono relazionarsi per le loro attività con il governo civile di Gaza, controllato da Hamas dal 2007. Le Idf sorvegliano l’arrivo dei camion di aiuti fino ai varchi di frontiera con Gaza (attualmente gli unici attivi sono quelli di Kerem Shalom e Nahal Oz a est, dopo la chiusura a tempo indeterminato del valico di Rafah a sud per l’operazione militare israeliana) e il loro ingresso dentro la Striscia su alcune strade definite come “umanitarie” e fino ai magazzini gestiti.
La distribuzione degli aiuti viene gestita dal governo di Gaza con gli operatori umanitari, ma è intralciata spesso dalle attività militari e complicata dalla situazione socialmente esplosiva nella Striscia. Sono stati documentati in più occasioni dall’intelligence sia attacchi israeliani che hanno messo a rischio la vita degli operatori e dei civili durante la distribuzione di aiuti, sia abusi da parte di Hamas sugli stessi abitanti di Gaza, sia casi di furti e saccheggi, a volte condotti da gruppi informali di palestinesi armati. Le agenzie umanitarie hanno denunciato più volte che il loro personale non può operare a causa dei rischi dovuti ai bombardamenti, dell’impossibilità di accedere ad ampie aree della Striscia per via dei blocchi delle Idf e dei furti di camion e le minacce ricevute da parte di Hamas.
Il progetto di Smotrich: togliere gli aiuti ad Hamas e all’Onu – Domenica, secondo un retroscena di Yedioth Aronoth, Netanyahu avrebbe discusso l’argomento a margine di un gabinetto di guerra con i ministri di ultradestra Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir. Smotrich in particolare, che è ministro delle Finanze, sostiene da tempo che i camion umanitari di cui Israele consente l’ingresso nella Striscia siano una “risorsa per Hamas” che ne requisisce il contenuto. Secondo il ministro, ex colono della Cisgiordania, il controllo degli aiuti umanitari a Gaza è uno dei due “perni” che i miliziani islamisti hanno a disposizione per danneggiare Israele, l’altro sono gli ostaggi. Smotrich vuole diventare “ministro degli aiuti umanitari”, ha ironizzato amaramente Zvi Bar’el su Haaretz.
Dopo aver scartato l’ipotesi per mesi, a un anno dall’inizio della guerra Netanyahu avrebbe chiesto all’Idf di preparare piani operativi per prendere in carico la distribuzione delle forniture umanitarie per Gaza. Secondo Yedioth Aronoth, Netanyahu avrebbe anche pensato di nominare un generale incaricato della supervisione: il generale di brigata Elad Goren. Ma l’idea incontra l’opposizione ferma dei vertici delle forze israeliane, il capo dello Shin Bet Ronen Bar e il capo di stato maggiore delle Idf Herzl Halevi, e del ministro della Difesa Yoav Gallant, che partecipano al gabinetto di guerra e c’erano anche all’incontro di domenica.
Esercito e ministro della Difesa contrari: troppo rischioso e costoso – La prima preoccupazione è per la sicurezza dei soldati, che sarebbero esposti al rischio di attacchi da parte di Hamas. Non solo, il caso della “strage della farina” di maggio ha mostrato quanto la situazione possa degenerare quando i militari delle Idf si ritrovano attorniati da una folla di civili palestinesi affamati e disperati.
Un’altra criticità è l’onere finanziario del programma, che potrebbe aumentare a causa dei costi di trasporto, stoccaggio e mantenimento. Secondo le stime della sicurezza, il costo delle forniture alimentari di base sarà di circa 5,4 miliardi di shekel all’anno, 1,4 miliardi di dollari. Inoltre, Israele dovrà spendere miliardi per attrezzature mediche, tende, combustibili e le altre forniture umanitarie previste dal diritto internazionale. Occorrerà costruire e sorvegliare magazzini e centri di distribuzione, ricostruire le infrastrutture per garantire gli spostamenti dei camion e, soprattutto, dislocare un numero consistente di soldati per assicurare la distribuzione finale degli aiuti. Secondo le stime delle Idf, la piena governance militare di Gaza costerebbe a Israele circa quasi 11 miliardi di dollari l’anno (40 miliardi di shekel). Ma il ministro delle Finanze Smotrich non si mostra impressionato da queste proiezioni economiche.
Sia le Idf che il servizio di sicurezza israeliano Shin Bet hanno chiarito di ritenere che senza un organismo internazionale riconosciuto da tutti gli attorio con la responsabilità della gestione umanitaria, Hamas continuerà ad approfittarsi degli aiuti che entrano a Gaza, ricavando ingenti somme di denaro dal racket delle derrate. I vertici dell’esercito israeliano vorrebbero trasferire la responsabilità di assicurare gli aiuti umanitari a organizzazioni internazionali o organizzazioni private attive nelle zone di conflitto. Questo includerebbe anche un accordo con l’Onu e con l’Autorità nazionale palestinese (controllata dal partito di Fatah) per la gestione amministrativa di Gaza. Quello che le Idf e lo stesso ministro Gallant hanno chiamato il “piano per il dopoguerra a Gaza”. Ma Netanyahu, spinto dalla necessità di accontentare i suoi alleati di estrema destra, si è sempre opposto al ritorno dell’Anp nella Striscia, come si è visto rispetto alle discussioni sul “corridoio di Filadelfia” al confine con l’Egitto.
Il diritto internazionale e la questione del controllo militare – Oltre alle questioni pratiche, un altro tema riguarda il diritto internazionale. Secondo le convenzioni umanitarie, infatti, ogni entità statale (o meno) che controlla un territorio ha l’obbligo di garantire assistenza umanitaria alle popolazioni che le sono assoggettate. Dal ritiro degli insediamenti nel 2005, Israele ha sempre negato di avere il controllo militare della Striscia, gettando la responsabilità della grave situazione sanitaria e nutrizionale della popolazione di Gaza sull’amministrazione civile gestita da Hamas e sulle carenze delle Nazioni Unite. A luglio, Tel Aviv ha accusato ong e Onu di non aver distribuito il contenuto del 35% dei camion umanitari autorizzati all’ingresso a Gaza. Com’è noto, inoltre, il governo di Tel Aviv ritiene che agenzie Onu come quella per i rifugiati palestinesi Unrwa siano la grancassa degli islamisti.
Tuttavia, prendere il controllo della distribuzione degli aiuti umanitari a Gaza, per le attività, secondo diverse analisi, e lo stesso esercito israeliano, implicherebbe la creazione di una sorta di governo militare israeliano sulla Striscia. Prospettiva che obbligherebbe lo Stato ebraico a rispondere totalmente di fronte alle autorità internazionali per la crisi umanitaria della Striscia, con la cronica carenza di accesso a cibo, acqua e medicinali denunciata da molte organizzazioni internazionali, peggiorando potenzialmente la posizione di Israele, che sconta già un procedimento aperto della Corte penale internazionale contro Netanyahu e Gallant.
Il piano profondo dell’estrema destra: fondare nuove colonie a Gaza – Ma neanche questa prospettiva sembra spaventare i leader della destra israeliana: l’occupazione militare della Striscia di Gaza rientra, in effetti, nei progetti di Smotrich e Ben-Gvir. Il ministro delle Finanze israeliano lo ha chiarito domenica nel suo post su Facebook dedicato dell’anniversario del massacro del 7 ottobre: “Questa guerra finirà quando a Gaza Hamas sarà scomparsa e non avrà più la possibilità di riprendersi. Quando l’Idf avrà preso il controllo completo della Striscia di Gaza, e per molto tempo. In questa situazione, e date le condizioni politiche favorevoli, sarà possibile far rinascere gli insediamenti nella Striscia e garantire una presenza ebraica stabile e permanente, una presenza sionista che, come sappiamo, è l’unica garanzia per un futuro presenza militare e sicurezza”, ha scritto Smotrich.
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Amsterdam, 3 feb. –(Adnkronos) - E' nell'ottica di una semplificazione "in linea con i cambiamenti comunicati" a dicembre al momento dell'uscita di Carlos Tavares, la riorganizzazione annunciata questa mattina da Stellantis. Un 'aggiornamento' che rafforza il ruolo delle singole regioni, accorpa ingegneria e software, rilancia su qualità e marketing e vede l'uscita di scena di alcuni top manager. Decisioni - si spiega in una nota - che "consentono il giusto equilibrio tra responsabilità regionali e globali, facilitando la rapidità delle scelte e la loro esecuzione" e "rafforzano ulteriormente l’impegno di Stellantis nell’ascoltare i propri clienti" ponendo "le basi per una rinnovata crescita".
A livello di management, Linda Jackson lascia il gruppo e al vertice del brand Peugeot è sostituita da Alain Favey. Abbandona anche Yves Bonnefont, Chief Software Office, visto che "le attività software sono ora integrate in un’organizzazione di sviluppo e tecnologia del prodotto guidata da Ned Curic allo scopo di semplificare il processo di immissione sul mercato di prodotti e servizi innovativi per tutti i brand in tutti i mercati in cui l’azienda è presente". Nuovo responsabile anche per Jeep, con la nomina di Bob Broderdorf, dal momento che Antonio Filosa - che mantiene il suo attuale ruolo di COO delle Regioni d’America - assume la leadership globale dell’ente Quality, definito "fulcro della promessa dell’azienda ai clienti".
Nuovo capo anche per DS, dal momento che Olivier François - che mantiene la responsabilità di Fiat e Abarth - guiderà un nuovo Marketing Office, per seguire meglio le attività di promozione dei singoli brand e "supportarli al meglio, in particolare attraverso la pubblicità, gli eventi globali e le sponsorizzazioni". Gli enti Corporate Affairs e Communications sono stati uniti sotto la guida di Clara Ingen-Housz e Anne Abboud è stata nominata alla guida dell’unità veicoli commerciali di Stellantis Pro One.
Come sottolinea il Chairman di Stellantis John Elkann "gli annunci di oggi semplificheranno ulteriormente la nostra organizzazione e aumenteranno la nostra agilità e il rigore dell’esecuzione a livello locale. Non vediamo l’ora di guidare la crescita fornendo ai nostri clienti una scelta ancora più ampia di straordinari veicoli a combustione, ibridi ed elettrici”. Confermata la linea sul processo di nomina del nuovo Chief Executive Officer che "è in corso, gestito da un Comitato Speciale del Consiglio d’Amministrazione, e si concluderà entro la prima metà del 2025".
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - “Siamo vicini ad Antonio Tajani, alla sua famiglia e soprattutto a suo figlio Filippo, vittima di un malore durante una partita di calcio. Gli auguriamo una pronta guarigione, e che possa tornare presto in campo”. Lo dichiarano i capigruppo della Lega alla Camera e al Senato, Riccardo Molinari e Massimiliano Romeo.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - "Esprimo il mio più profondo riconoscimento alla Brigata Sassari per il coraggio, la dedizione e l’alto senso del dovere dimostrato durante tutta la missione Unifil. Ringrazio il generale Messina, con il quale sono sempre rimasta in contatto per essere costantemente informata sullo stato del contingente. I nostri soldati hanno affrontato sfide complesse e delicate, portando avanti il nome dell’Italia con grande professionalità. Il loro impegno ha garantito la stabilità in una regione così fragile, e sono fiera di come abbiano rappresentato la nostra Nazione". Lo ha affermato la deputata di Fratelli d'Italia Barbara Polo, componente della commissione Difesa, al rientro del contingente della Brigata Sassari.
"Da sarda, -ha aggiunto- non posso che essere estremamente orgogliosa nel vedere i miei concittadini impegnati con tanto valore nelle operazioni internazionali. La Brigata Sassari è il fiore all’occhiello del nostro esercito, una realtà che continua a distinguersi per preparazione e coraggio”.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - "Ci mancavano i sedicenti comitati civici che spalleggiano gli occupanti abusivi di immobili a rendere sempre più invivibile il quartiere Esquilino, uno dei più belli di Roma da tempo in mano ad immigrati clandestini e bande criminali. Ne ha fatto le spese un bravo giornalista come Luca Telese aggredito per aver difeso i presidi di legalità che dopo le denunce della Lega le istituzioni stanno predisponendo. Telese chiamato ad un’assemblea pubblica da un sedicente Polo Civico ha avuto l'ardire di affermare che cancellate di protezione dei luoghi di socialità non sono poi da demonizzare. Per difendere la possibilità di vivere in pace e nella legalità all'Esquilino di Roma, come in tutte le periferie d'Italia, è necessario che venga subito definitivamente approvato il ddl sicurezza”. Lo afferma il deputato della Lega ed ex magistrato Simonetta Matone.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - “Nella loro foga alla ricerca del complotto, di qualcuno su cui scaricare le proprie responsabilità, di uno spauracchio a cui assegnare colpe per nascondere le inadeguatezze del governo Meloni, i colleghi di Fratelli d’Italia hanno nuovamente toccato inesplorate vette di contraddizione. L’ultimo attacco frontale è stato riservato a Gimbe e al suo presidente Cartabellotta, colpevole di aver detto con dati inequivocabili che il decreto dell’Esecutivo sulle liste d’attesa è fermo al palo e che solo uno dei sei decreti attuativi è stato già approvato". Lo afferma Andrea Quartini, capogruppo del Movimento 5 Stelle in commissione Affari sociali della Camera e coordinatore del Comitato politico salute e inclusione sociale del M5S.
"Oltre a usare parole estremamente gravi nei confronti di chi porta avanti con serietà e professionalità un preziosissimo lavoro scientifico a tutela della sanità, il senatore Zaffini -aggiunge l'esponente pentastellato- ha però di fatto confermato i ritardi denunciati da Cartabellotta, sebbene secondo lui siano in realtà tempi record. Una contraddizione decisamente bizzarra. E nel frattempo, i medici di medicina generale operano come meglio credono e la proposta di Forza Italia in merito è ancora ben lontana dal concretizzarsi".
"Al presidente Cartabellotta -conclude Quartini- va tutta la mia solidarietà, visto che ultimamente è stato identificato come avversario politico, alla stregua di una forza di opposizione, come persino Bruno Vespa aveva avuto l’indecenza di dire. Questo attacco scomposto, in ogni caso, non fa che confermare la linea di questa maggioranza: è sempre colpa degli altri. Dai magistrati, a coloro che distribuiscono la benzina, fino a Gimbe”.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - "Il nemico del giorno del governo è la Fondazione Gimbe e in particolare il suo presidente Nino Cartabellotta, accusato da esponenti di maggioranza di essere un bugiardo che falsifica i dati perché ‘cavalier servente’ e comunista. Affermazioni di una gravità inaudita contro un organismo indipendente e autorevole come Gimbe, che fa un grande lavoro di raccolta e verifica dei dati sanitari. La colpa di Cartabellotta? Aver fatto notare che a sei mesi dall’approvazione del decreto liste d’attesa mancano ancora cinque dei sei decreti attuativi, cosa tra l’altro confermata dalla stessa maggioranza". Lo afferma Mariolina Castellone, senatrice M5S e vicepresidente del Senato.
"Ancora una volta, questa destra cerca di trasferire su altri le colpe della propria incapacità e si produce in un costante bullismo contro professionisti che fanno il proprio lavoro, cercando di intimorirli. Per fortuna -conclude l'esponente pentastellata- ci sono i numeri a parlare e a smentire la propaganda di governo. E ci siamo noi a tutelare le voci libere e indipendenti”.
Roma, 2 feb. (Adnkronos) - “Quello delle liste di attesa è un tema che riguarda non solo la salute ma anche la dignità della persona. Un tema che richiede senso di responsabilità e che non riscontro nelle dichiarazioni sparate a raffica da esponenti di Pd, 5 stelle e sinistra. Gli stessi che ci hanno consegnato un Servizio sanitario nazionale allo sfascio e per il quale ci stiamo adoperando per rimetterlo in sesto. Il collega Cartabellotta e la Fondazione Gimbe meritano rispetto, in quanto sono giustificati per la mancata conoscenza del lavoro che il Governo ha messo in campo sui decreti attuativi. Non posso al contrario giustificare i colleghi senatori che siedono nella commissione Sanità del Senato presieduta dal presidente Zaffini o i presidenti di Regione che prendono parte alla Conferenza Stato-Regioni". Lo afferma il senatore Ignazio Zullo, capogruppo di Fratelli d'Italia in commissione Sanità in Senato.
"Se non sanno -aggiunge- devo purtroppo arguire che dormono mentre se, come penso, sanno e attaccano il presidente Zaffini, che ha solo voluto puntualizzare il lavoro del Governo in risposta alle valutazioni della Fondazione Gimbe, è grave perché si tratta di un comportamento in grave mala fede. Si può anche non conoscere quanto si stia facendo sul tema, ma il senso di responsabilità vuole che prima di sparare a salve ci si informi e ci si documenti . In questo modo si prenderebbe facilmente atto che quanto annunciato dalla Fondazione Gimbe non è proprio puntuale perché -e lo ha spiegato bene il presidente Zaffini- la situazione riguardo ai decreti attuativi è la seguente: Criteri di funzionamento della piattaforma nazionale e regionali delle liste d’attesa: Il decreto è stato trasmesso alla Conferenza Stato-Regioni. In attesa del parere della Conferenza Stato Regioni alla quale è stato inviato il 13 settembre 2024".
"Funzionamento della piattaforma nazionale di monitoraggio in coerenza con il modello di classificazione e stratificazione della popolazione, risulta ‘fatto’. Poteri sostitutivi del ministero della Salute in caso di inottemperanza delle Regioni e il rispetto agli obiettivi della legge: decreto trasmesso in Conferenza Stato-Regioni il 6 novembre 2024. Linee di indirizzo per l’attivazione dei sistemi di disdetta da parte dei Cup: il decreto è in fase di definizione da attuare con il Piano nazionale delle liste d’attesa in lavorazione predisposto dalla Direzione generale della Programmazione sanitaria già condiviso con Regioni e Mef. Metodologia per la definizione del fabbisogno di personale del Ssn (superamento tetti di spesa): il decreto è in via di ultimazione. Il Piano di azione per rafforzare i servizi sanitari e sociosanitari (nelle Regioni del Sud destinatarie dei fondi del Piano nazionale Equità e salute): decreto trasmesso alla conferenza Stato-Regioni il giorno 8 gennaio 2025".
"In questo confronto tra Zaffini e i nostri avversari politici -conclude Zullo- si può cogliere la differenza tra noi e loro: noi lavoriamo per mettere riparo agli sfasci che ci hanno lasciato in eredità, loro non sanno andare oltre l’irresponsabile e deleteria polemica sterile, dannosa dell’immagine del nostro Servizio sanitario nazionale”.