Il governo di Benjamin Netanyahu sta considerando di trasferire la responsabilità della distribuzione degli aiuti umanitari a Gaza totalmente all’esercito israeliano. La notizia circola da lunedì sui media israeliani, che riferiscono che il premier starebbe considerando, per la prima volta, quella che è una richiesta di lunga data dell’estrema destra israeliana, ma che pone numerose difficoltà sia sotto il profilo economico che su quello della sicurezza.
Come funziona la gestione delle forniture umanitarie a Gaza – Attualmente, la gestione degli aiuti umanitari destinati ai palestinesi della Striscia è affidata a un complesso, spesso farraginoso, sistema di coordinamento tra i militari israeliani, le missioni delle Nazioni unite, in particolare dall’Unrwa, e le organizzazioni umanitarie che operano sul campo, che devono relazionarsi per le loro attività con il governo civile di Gaza, controllato da Hamas dal 2007. Le Idf sorvegliano l’arrivo dei camion di aiuti fino ai varchi di frontiera con Gaza (attualmente gli unici attivi sono quelli di Kerem Shalom e Nahal Oz a est, dopo la chiusura a tempo indeterminato del valico di Rafah a sud per l’operazione militare israeliana) e il loro ingresso dentro la Striscia su alcune strade definite come “umanitarie” e fino ai magazzini gestiti.
La distribuzione degli aiuti viene gestita dal governo di Gaza con gli operatori umanitari, ma è intralciata spesso dalle attività militari e complicata dalla situazione socialmente esplosiva nella Striscia. Sono stati documentati in più occasioni dall’intelligence sia attacchi israeliani che hanno messo a rischio la vita degli operatori e dei civili durante la distribuzione di aiuti, sia abusi da parte di Hamas sugli stessi abitanti di Gaza, sia casi di furti e saccheggi, a volte condotti da gruppi informali di palestinesi armati. Le agenzie umanitarie hanno denunciato più volte che il loro personale non può operare a causa dei rischi dovuti ai bombardamenti, dell’impossibilità di accedere ad ampie aree della Striscia per via dei blocchi delle Idf e dei furti di camion e le minacce ricevute da parte di Hamas.
Il progetto di Smotrich: togliere gli aiuti ad Hamas e all’Onu – Domenica, secondo un retroscena di Yedioth Aronoth, Netanyahu avrebbe discusso l’argomento a margine di un gabinetto di guerra con i ministri di ultradestra Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir. Smotrich in particolare, che è ministro delle Finanze, sostiene da tempo che i camion umanitari di cui Israele consente l’ingresso nella Striscia siano una “risorsa per Hamas” che ne requisisce il contenuto. Secondo il ministro, ex colono della Cisgiordania, il controllo degli aiuti umanitari a Gaza è uno dei due “perni” che i miliziani islamisti hanno a disposizione per danneggiare Israele, l’altro sono gli ostaggi. Smotrich vuole diventare “ministro degli aiuti umanitari”, ha ironizzato amaramente Zvi Bar’el su Haaretz.
Dopo aver scartato l’ipotesi per mesi, a un anno dall’inizio della guerra Netanyahu avrebbe chiesto all’Idf di preparare piani operativi per prendere in carico la distribuzione delle forniture umanitarie per Gaza. Secondo Yedioth Aronoth, Netanyahu avrebbe anche pensato di nominare un generale incaricato della supervisione: il generale di brigata Elad Goren. Ma l’idea incontra l’opposizione ferma dei vertici delle forze israeliane, il capo dello Shin Bet Ronen Bar e il capo di stato maggiore delle Idf Herzl Halevi, e del ministro della Difesa Yoav Gallant, che partecipano al gabinetto di guerra e c’erano anche all’incontro di domenica.
Esercito e ministro della Difesa contrari: troppo rischioso e costoso – La prima preoccupazione è per la sicurezza dei soldati, che sarebbero esposti al rischio di attacchi da parte di Hamas. Non solo, il caso della “strage della farina” di maggio ha mostrato quanto la situazione possa degenerare quando i militari delle Idf si ritrovano attorniati da una folla di civili palestinesi affamati e disperati.
Un’altra criticità è l’onere finanziario del programma, che potrebbe aumentare a causa dei costi di trasporto, stoccaggio e mantenimento. Secondo le stime della sicurezza, il costo delle forniture alimentari di base sarà di circa 5,4 miliardi di shekel all’anno, 1,4 miliardi di dollari. Inoltre, Israele dovrà spendere miliardi per attrezzature mediche, tende, combustibili e le altre forniture umanitarie previste dal diritto internazionale. Occorrerà costruire e sorvegliare magazzini e centri di distribuzione, ricostruire le infrastrutture per garantire gli spostamenti dei camion e, soprattutto, dislocare un numero consistente di soldati per assicurare la distribuzione finale degli aiuti. Secondo le stime delle Idf, la piena governance militare di Gaza costerebbe a Israele circa quasi 11 miliardi di dollari l’anno (40 miliardi di shekel). Ma il ministro delle Finanze Smotrich non si mostra impressionato da queste proiezioni economiche.
Sia le Idf che il servizio di sicurezza israeliano Shin Bet hanno chiarito di ritenere che senza un organismo internazionale riconosciuto da tutti gli attorio con la responsabilità della gestione umanitaria, Hamas continuerà ad approfittarsi degli aiuti che entrano a Gaza, ricavando ingenti somme di denaro dal racket delle derrate. I vertici dell’esercito israeliano vorrebbero trasferire la responsabilità di assicurare gli aiuti umanitari a organizzazioni internazionali o organizzazioni private attive nelle zone di conflitto. Questo includerebbe anche un accordo con l’Onu e con l’Autorità nazionale palestinese (controllata dal partito di Fatah) per la gestione amministrativa di Gaza. Quello che le Idf e lo stesso ministro Gallant hanno chiamato il “piano per il dopoguerra a Gaza”. Ma Netanyahu, spinto dalla necessità di accontentare i suoi alleati di estrema destra, si è sempre opposto al ritorno dell’Anp nella Striscia, come si è visto rispetto alle discussioni sul “corridoio di Filadelfia” al confine con l’Egitto.
Il diritto internazionale e la questione del controllo militare – Oltre alle questioni pratiche, un altro tema riguarda il diritto internazionale. Secondo le convenzioni umanitarie, infatti, ogni entità statale (o meno) che controlla un territorio ha l’obbligo di garantire assistenza umanitaria alle popolazioni che le sono assoggettate. Dal ritiro degli insediamenti nel 2005, Israele ha sempre negato di avere il controllo militare della Striscia, gettando la responsabilità della grave situazione sanitaria e nutrizionale della popolazione di Gaza sull’amministrazione civile gestita da Hamas e sulle carenze delle Nazioni Unite. A luglio, Tel Aviv ha accusato ong e Onu di non aver distribuito il contenuto del 35% dei camion umanitari autorizzati all’ingresso a Gaza. Com’è noto, inoltre, il governo di Tel Aviv ritiene che agenzie Onu come quella per i rifugiati palestinesi Unrwa siano la grancassa degli islamisti.
Tuttavia, prendere il controllo della distribuzione degli aiuti umanitari a Gaza, per le attività, secondo diverse analisi, e lo stesso esercito israeliano, implicherebbe la creazione di una sorta di governo militare israeliano sulla Striscia. Prospettiva che obbligherebbe lo Stato ebraico a rispondere totalmente di fronte alle autorità internazionali per la crisi umanitaria della Striscia, con la cronica carenza di accesso a cibo, acqua e medicinali denunciata da molte organizzazioni internazionali, peggiorando potenzialmente la posizione di Israele, che sconta già un procedimento aperto della Corte penale internazionale contro Netanyahu e Gallant.
Il piano profondo dell’estrema destra: fondare nuove colonie a Gaza – Ma neanche questa prospettiva sembra spaventare i leader della destra israeliana: l’occupazione militare della Striscia di Gaza rientra, in effetti, nei progetti di Smotrich e Ben-Gvir. Il ministro delle Finanze israeliano lo ha chiarito domenica nel suo post su Facebook dedicato dell’anniversario del massacro del 7 ottobre: “Questa guerra finirà quando a Gaza Hamas sarà scomparsa e non avrà più la possibilità di riprendersi. Quando l’Idf avrà preso il controllo completo della Striscia di Gaza, e per molto tempo. In questa situazione, e date le condizioni politiche favorevoli, sarà possibile far rinascere gli insediamenti nella Striscia e garantire una presenza ebraica stabile e permanente, una presenza sionista che, come sappiamo, è l’unica garanzia per un futuro presenza militare e sicurezza”, ha scritto Smotrich.
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Gestire gli aiuti umanitari per Gaza con l’esercito: Netanyahu apre al piano dell’estrema destra per “occupare” la Striscia
Il governo di Benjamin Netanyahu sta considerando di trasferire la responsabilità della distribuzione degli aiuti umanitari a Gaza totalmente all’esercito israeliano. La notizia circola da lunedì sui media israeliani, che riferiscono che il premier starebbe considerando, per la prima volta, quella che è una richiesta di lunga data dell’estrema destra israeliana, ma che pone numerose difficoltà sia sotto il profilo economico che su quello della sicurezza.
Come funziona la gestione delle forniture umanitarie a Gaza – Attualmente, la gestione degli aiuti umanitari destinati ai palestinesi della Striscia è affidata a un complesso, spesso farraginoso, sistema di coordinamento tra i militari israeliani, le missioni delle Nazioni unite, in particolare dall’Unrwa, e le organizzazioni umanitarie che operano sul campo, che devono relazionarsi per le loro attività con il governo civile di Gaza, controllato da Hamas dal 2007. Le Idf sorvegliano l’arrivo dei camion di aiuti fino ai varchi di frontiera con Gaza (attualmente gli unici attivi sono quelli di Kerem Shalom e Nahal Oz a est, dopo la chiusura a tempo indeterminato del valico di Rafah a sud per l’operazione militare israeliana) e il loro ingresso dentro la Striscia su alcune strade definite come “umanitarie” e fino ai magazzini gestiti.
La distribuzione degli aiuti viene gestita dal governo di Gaza con gli operatori umanitari, ma è intralciata spesso dalle attività militari e complicata dalla situazione socialmente esplosiva nella Striscia. Sono stati documentati in più occasioni dall’intelligence sia attacchi israeliani che hanno messo a rischio la vita degli operatori e dei civili durante la distribuzione di aiuti, sia abusi da parte di Hamas sugli stessi abitanti di Gaza, sia casi di furti e saccheggi, a volte condotti da gruppi informali di palestinesi armati. Le agenzie umanitarie hanno denunciato più volte che il loro personale non può operare a causa dei rischi dovuti ai bombardamenti, dell’impossibilità di accedere ad ampie aree della Striscia per via dei blocchi delle Idf e dei furti di camion e le minacce ricevute da parte di Hamas.
Il progetto di Smotrich: togliere gli aiuti ad Hamas e all’Onu – Domenica, secondo un retroscena di Yedioth Aronoth, Netanyahu avrebbe discusso l’argomento a margine di un gabinetto di guerra con i ministri di ultradestra Bezalel Smotrich e Itamar Ben-Gvir. Smotrich in particolare, che è ministro delle Finanze, sostiene da tempo che i camion umanitari di cui Israele consente l’ingresso nella Striscia siano una “risorsa per Hamas” che ne requisisce il contenuto. Secondo il ministro, ex colono della Cisgiordania, il controllo degli aiuti umanitari a Gaza è uno dei due “perni” che i miliziani islamisti hanno a disposizione per danneggiare Israele, l’altro sono gli ostaggi. Smotrich vuole diventare “ministro degli aiuti umanitari”, ha ironizzato amaramente Zvi Bar’el su Haaretz.
Dopo aver scartato l’ipotesi per mesi, a un anno dall’inizio della guerra Netanyahu avrebbe chiesto all’Idf di preparare piani operativi per prendere in carico la distribuzione delle forniture umanitarie per Gaza. Secondo Yedioth Aronoth, Netanyahu avrebbe anche pensato di nominare un generale incaricato della supervisione: il generale di brigata Elad Goren. Ma l’idea incontra l’opposizione ferma dei vertici delle forze israeliane, il capo dello Shin Bet Ronen Bar e il capo di stato maggiore delle Idf Herzl Halevi, e del ministro della Difesa Yoav Gallant, che partecipano al gabinetto di guerra e c’erano anche all’incontro di domenica.
Esercito e ministro della Difesa contrari: troppo rischioso e costoso – La prima preoccupazione è per la sicurezza dei soldati, che sarebbero esposti al rischio di attacchi da parte di Hamas. Non solo, il caso della “strage della farina” di maggio ha mostrato quanto la situazione possa degenerare quando i militari delle Idf si ritrovano attorniati da una folla di civili palestinesi affamati e disperati.
Un’altra criticità è l’onere finanziario del programma, che potrebbe aumentare a causa dei costi di trasporto, stoccaggio e mantenimento. Secondo le stime della sicurezza, il costo delle forniture alimentari di base sarà di circa 5,4 miliardi di shekel all’anno, 1,4 miliardi di dollari. Inoltre, Israele dovrà spendere miliardi per attrezzature mediche, tende, combustibili e le altre forniture umanitarie previste dal diritto internazionale. Occorrerà costruire e sorvegliare magazzini e centri di distribuzione, ricostruire le infrastrutture per garantire gli spostamenti dei camion e, soprattutto, dislocare un numero consistente di soldati per assicurare la distribuzione finale degli aiuti. Secondo le stime delle Idf, la piena governance militare di Gaza costerebbe a Israele circa quasi 11 miliardi di dollari l’anno (40 miliardi di shekel). Ma il ministro delle Finanze Smotrich non si mostra impressionato da queste proiezioni economiche.
Sia le Idf che il servizio di sicurezza israeliano Shin Bet hanno chiarito di ritenere che senza un organismo internazionale riconosciuto da tutti gli attorio con la responsabilità della gestione umanitaria, Hamas continuerà ad approfittarsi degli aiuti che entrano a Gaza, ricavando ingenti somme di denaro dal racket delle derrate. I vertici dell’esercito israeliano vorrebbero trasferire la responsabilità di assicurare gli aiuti umanitari a organizzazioni internazionali o organizzazioni private attive nelle zone di conflitto. Questo includerebbe anche un accordo con l’Onu e con l’Autorità nazionale palestinese (controllata dal partito di Fatah) per la gestione amministrativa di Gaza. Quello che le Idf e lo stesso ministro Gallant hanno chiamato il “piano per il dopoguerra a Gaza”. Ma Netanyahu, spinto dalla necessità di accontentare i suoi alleati di estrema destra, si è sempre opposto al ritorno dell’Anp nella Striscia, come si è visto rispetto alle discussioni sul “corridoio di Filadelfia” al confine con l’Egitto.
Il diritto internazionale e la questione del controllo militare – Oltre alle questioni pratiche, un altro tema riguarda il diritto internazionale. Secondo le convenzioni umanitarie, infatti, ogni entità statale (o meno) che controlla un territorio ha l’obbligo di garantire assistenza umanitaria alle popolazioni che le sono assoggettate. Dal ritiro degli insediamenti nel 2005, Israele ha sempre negato di avere il controllo militare della Striscia, gettando la responsabilità della grave situazione sanitaria e nutrizionale della popolazione di Gaza sull’amministrazione civile gestita da Hamas e sulle carenze delle Nazioni Unite. A luglio, Tel Aviv ha accusato ong e Onu di non aver distribuito il contenuto del 35% dei camion umanitari autorizzati all’ingresso a Gaza. Com’è noto, inoltre, il governo di Tel Aviv ritiene che agenzie Onu come quella per i rifugiati palestinesi Unrwa siano la grancassa degli islamisti.
Tuttavia, prendere il controllo della distribuzione degli aiuti umanitari a Gaza, per le attività, secondo diverse analisi, e lo stesso esercito israeliano, implicherebbe la creazione di una sorta di governo militare israeliano sulla Striscia. Prospettiva che obbligherebbe lo Stato ebraico a rispondere totalmente di fronte alle autorità internazionali per la crisi umanitaria della Striscia, con la cronica carenza di accesso a cibo, acqua e medicinali denunciata da molte organizzazioni internazionali, peggiorando potenzialmente la posizione di Israele, che sconta già un procedimento aperto della Corte penale internazionale contro Netanyahu e Gallant.
Il piano profondo dell’estrema destra: fondare nuove colonie a Gaza – Ma neanche questa prospettiva sembra spaventare i leader della destra israeliana: l’occupazione militare della Striscia di Gaza rientra, in effetti, nei progetti di Smotrich e Ben-Gvir. Il ministro delle Finanze israeliano lo ha chiarito domenica nel suo post su Facebook dedicato dell’anniversario del massacro del 7 ottobre: “Questa guerra finirà quando a Gaza Hamas sarà scomparsa e non avrà più la possibilità di riprendersi. Quando l’Idf avrà preso il controllo completo della Striscia di Gaza, e per molto tempo. In questa situazione, e date le condizioni politiche favorevoli, sarà possibile far rinascere gli insediamenti nella Striscia e garantire una presenza ebraica stabile e permanente, una presenza sionista che, come sappiamo, è l’unica garanzia per un futuro presenza militare e sicurezza”, ha scritto Smotrich.
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Roma, 4 feb. (Adnkronos) - Disagi in vista oggi in Lombardia per chi si sposta in treno. Dalle 3 di mercoledì 5 febbraio 2025 alle 2 di giovedì 6 il sindacato Orsa ha proclamato una giornata di sciopero che potrà generare ripercussioni al servizio Regionale, Suburbano, Aeroportuale e la Lunga Percorrenza di Trenord. Viaggeranno i treni con partenza prevista dopo le 6 e dopo le 18, con arrivo previsto entro le 9 ed entro le 21.
Nel caso di cancellazione dei treni del servizio aeroportuale, saranno istituiti bus senza fermate intermedie tra: Milano Cadorna e Malpensa Aeroporto per il Malpensa Express. Da Milano Cadorna gli autobus partiranno da via Paleocapa 1. Stabio e Malpensa Aeroporto per il collegamento aeroportuale S50 Malpensa Aeroporto – Stabio.
Disagi in vista anche per chi viaggia in aereo con lo sciopero del personale delle aziende di handling associate a Assohandlers indetto dalla Flai Trasporti e Servizi.
Cagliari, 04 feb. - (Adnkronos) - È morto il principe Karim Aga Khan, fu lui il 14 marzo del 1962 a fondare il Consorzio Costa Smeralda e portare al centro del mondo un angolo di Sardegna. "Non abbiamo parole. Solo una: grazie", è il commento ufficiale del Consorzio. L'annuncio ufficiale della scomparsa arriva dall'Aga Khan Development Network. "Sua Altezza il principe Karim Al-Hussaini, Aga Khan IV, 49° Imam ereditario dei musulmani sciiti ismailiti e diretto discendente del profeta Maometto (pace sia con lui), è deceduto pacificamente a Lisbona il 4 febbraio 2025, all'età di 88 anni, circondato dalla sua famiglia". A breve è previsto l'annuncio del suo successore.
"I leader e lo staff dell'Aga Khan Development Network porgono le nostre condoglianze alla famiglia di Sua Altezza e alla comunità ismailita di tutto il mondo - si legge in una nota -. Mentre onoriamo l'eredità del nostro fondatore, il principe Karim Aga Khan, continuiamo a lavorare con i nostri partner per migliorare la qualità della vita degli individui e delle comunità in tutto il mondo, come lui desiderava, indipendentemente dalle loro appartenenze religiose o origini".
Roma, 4 feb. (Adnkronos) - "La presidente del Consiglio riferisca in Parlamento sulla vicenda Almasri. Prima lo farà, prima potrà occuparsi dei gravi problemi del Paese e tentare qualche soluzione alla crisi industriale, al Pil che ristagna, alla sanità ormai alla deriva. Perda meno tempo nella comunicazione social e ne trovi per cose più gravi e urgenti. Chi la segue nei suoi video e poi legge la bolletta della luce e del gas comincia a chiedersi come mai tanta distanza fra la realtà e la rappresentazione che ne dà Meloni. Sulla vicenda Almasri ci metta la faccia, ma in Parlamento e non su X o Instagram. Solo così potrà chiudere una vicenda gestita male e conclusa peggio". Lo dice Daniela Ruffino di Azione.
Roma, 4 feb. (Adnkronos) - Fdi e Lega all'attacco del Pd sull'inchiesta campana sul favoreggiamento dell'immigrazione clandestina che vede coinvolto il tesoriere regionale dem, Nicola Salvati, già sospeso ieri dal partito. "Siamo sconcertati da queste notizie che coinvolgono i 'buoni e generosi' del Pd. Se le accuse fossero confermate sarebbe gravissimo", attacca direttamente Matteo Salvini via social. Anche la premier Giorgia Meloni dedica un post alla vicenda sottolineando come l'inchiesta campana confermi "ancora una volta quanto denunciato dal Governo: per anni, la gestione dei flussi migratori è stata terreno fertile per criminali senza scrupoli". La premier garantisce: "Continueremo a lavorare per ristabilire regole serie e legalità".
Non tarda la replica dei dem che, dopo aver sospeso ieri Salvati, oggi hanno incaricato il tesoriere nazionale del Pd, Michele Fina, di assumere la gestione della tesoreria regionale. "Quanto al merito della vicenda, oltre ad averlo rimosso dall'incarico di tesoriere, dopo un secondo lo abbiamo immediatamente sospeso in via cautelare dall'anagrafe degli iscritti del Pd -sottolinea lo stesso Fina-. E' giusto il caso di osservare che una ministra della Repubblica, rinviata a giudizio per falso in bilancio e sotto indagine per truffa ai danni dello Stato, siede ancora tranquillamente al suo posto. Prego di notare le differenze".
Nella vicenda intervengono anche i 5 Stelle. Il capogruppo Riccardo Ricciardi va giù duro: "Per qualsiasi percorso di alleanza, nazionale o territoriale, ci vuole la massima intransigenza. Ci auguriamo che chi vuole sottoscrivere un accordo con i 5 stelle faccia una pulizia totale in casa propria". Una 'pulizia' che in Campania la stessa Elly Schlein ha come obiettivo. Giuseppe Conte ricorda come "l'etica pubblica è fondamentale" per i 5 Stelle ma è su Meloni che il leader M5S batte, anche su questa vicenda. E a stretto giro ribatte via social al post della premier. "Non posso crederci: Meloni, davvero hai fatto un post per denunciare che l’'immigrazione non può essere lasciata in balia della criminalità'? Cioè tu scappi dal Parlamento per non spiegare agli italiani perché hai rimpatriato con volo di Stato un boia, con accuse di stupri di bambini, al centro dei traffici di migranti e oggi te ne esci con un post così? Ma davvero ti sei convinta che noi italiani siamo tutti idioti a eccezione di te, tua sorella e dei tuoi stretti sodali? Per farti tornare alla realtà ti allego due immagini: in una il criminale Almasri che scende dal volo di Stato, nell'altra una notizia di qualche mese fa dai comuni d'Italia".
Roma, 4 feb. (Adnkronos) - “Giorgia Meloni continua a fuggire dal parlamento preferendo parlare continuamente sui social, quasi fosse una influencer e non la Presidente del Consiglio. Manda i due ministri, Nordio e Piantedosi, che avevano fatto saltare la precedente informativa con una motivazione menzognera: siccome c'era il segreto istruttorio e per rispetto delle indagini, non avrebbero potuto partecipare. Mentivano sapendo di mentire". Così Angelo Bonelli, parlamentare di AVS e portavoce di Europa Verde.
"Perché la Legge Costituzionale n°1 del 16 gennaio 1989, all'articolo 6, stabilisce in modo inequivocabile che il procuratore invia la denuncia al tribunale dei ministri senza svolgere alcuna indagine. È quindi evidente che gli interessati sapevano che non ci sono indagini e che non c'è alcun segreto istruttorio da rispettare. Infatti, domani i ministri Piantedosi e Nordio si presentano a Montecitorio per l'informativa. Si presentano per non far venire la premier Meloni: colei che ha accusato l'opposizione, in particolar modo Alleanza Verdi e Sinistra, di essere amici dei trafficanti di esseri umani".
"Ora l'Italia e l'opinione pubblica internazionale hanno la prova che lei è amica e complice dei trafficanti di esseri umani. Giorgia Meloni venga in Aula a spiegare perché! È ora di farla finita con il complottismo e il vittimismo da propaganda di Giorgia Meloni, che sparge sui social e nelle trasmissioni televisive amiche", conclude Bonelli.
Civitavecchia, 4 feb. (Adnkronos) - "Sono in corso i lavori per la costruzione del nuovo Terminal Donato Bramante che, ci auguriamo, sarà pronto entro la seconda parte del 2025. Sarà una struttura completamente green che migliorerà l’esperienza dei crocieristi che vengono qui a Civitavecchia. Abbiamo inoltre completato l’impianto fotovoltaico del Terminal Vespucci, che quindi sarà interamente alimentato da energia rinnovabile. Stiamo lavorando sul rinnovamento del design del Terminal 10 per poi trasferirlo al 18 e che sarà dedicato alle navi boutique, a conferma della vocazione di Civitavecchia come hub europeo principale per questo genere di imbarcazioni". Ad affermarlo è John Portelli, Direttore Generale della Roma Cruise Terminal (Rct) alla conferenza stampa che si è tenuta presso la Sala Comitato dell’AdSP – Molo Vespucci snc a Civitavecchia – illustrando i molteplici interventi infrastrutturali che stanno rendendo il porto di Civitavecchia sempre più funzionale ed ecosostenibile.
"Ma ci sono altri progetti importanti che vedono il ripensamento di tutta l’area portuale di Civitavecchia – continua Portelli -, i nuovi varchi che saranno inaugurati nel 2025, il ponte che collegherà questa parte del porto con le banchine delle crociere. E poi, le nuove bitte di 300 tonnellate che sono piuttosto rare nei porti italiani e che sono fondamentali per dare flessibilità agli ormeggi, specialmente per le grandi navi che si fermano nel porto di Civitavecchia".
Civitavecchia, 4 feb. (Adnkronos) - "Dopo aver superato la soglia dei 3 milioni di turisti in transito nel porto di Civitavecchia, l’anno scorso, traguardo mai raggiunto da nessun porto in Italia, oggi celebriamo il risultato di 3.459.000, un risultato importantissimo e straordinario, non solo su base nazionale, ma europeo e mondiale, visto che siamo secondi – e, ormai, di poco – solo a Barcellona, e contiamo di superarla in un paio d’anni, posizionandoci ormai tra i primi sei porti crocieristici al mondo". Ad affermarlo è Pino Musolino, Commissario Straordinario dell’AdSP del Mar Tirreno Centro Settentrionale, in occasione della conferenza stampa che si è tenuta presso la Sala Comitato dell’AdSP – Molo Vespucci snc a Civitavecchia – per illustrare i dati delle crociere del 2024 e le prospettive di sviluppo del traffico crocieristico.
"Un altro dato importante – continua Musolino – riguarda anche l’effetto che le crociere turnaround, cioè che partono e arrivano a Civitavecchia hanno prodotto sui servizi di ricettività della città. Il 79% degli operatori di bed and breakfast o di alberghi dichiara che senza le crociere il loro lavoro sarebbe fortemente penalizzato. Parliamo di ristoranti, parcheggi fuori dal porto un’industria che produce tanto lavoro in molti settori”. Un indotto che non favorisce solo Civitavecchia, ma di cui beneficia, ovviamente, oltre alla città di Roma, meta di riferimento per i turisti delle crociere, anche tutto il territorio laziale. “In questi anni, siamo riusciti a mandare oltre 20.000 persone in località come Viterbo e Bomarzo", conclude il Commissario Straordinario dell’AdSP del Mar Tirreno Centro Settentrionale.