Venti di glamour soffiano da un angolo del pianeta all’altro. Perché anche la cultura della bellezza può avere un ruolo nel processo di pace. Si comincia con i fasti di Palazzo Torlonia a Roma per i magnifici 60 anni della Sartoria Tirelli. Umberto Tirelli è stato l’artigiano/couturier che ha vestito le dive di Hollywood per i kolossal, di cui 17 sono stati premiati con l’Oscar, tra questi Il Gattopardo, l’Età dell’Innocenza e Il Paziente Inglese. Umberto, cresciuto creativamente da Visconti, è scomparso prematuramente e Dino Trappetti, suo compagno, davanti al bivio, vendere o continuare, ha scelto la seconda. Il coraggio della sua decisione ha portato la Sartoria Tirelli, fucina di abiti da sogno, a essere oggi un museo d’immensa a grandezza Formello con 15mila abiti esposti, ognuno di loro, un film a sé, un copione di ricordi da raccontare.
A Palazzo Torlonia insieme alle gran dame dell’aristocrazia ci saranno anche tutte le maestranze. È sopratutto la loro festa. Neanche il tempo di fare stirare lo smoking che bisogna re/infilarlo in valigia per volare a New York, a Madison Avenue, per l’apertura del nuovo building, da sempre l’headquarter di Giorgio Armani, ma è stato interamente riprogettato per ospitare unità residenziali, il ristorante gourmet, le nuove boutique tra cui Armani/Casa e ovviamente un parterre di star, fra cui Cate Blanchette, ambassador dello stilista. Armani celebra 50 anni di stile, l’essenza di una eleganza senza tempo, un vintage di Armani è oggi più attuale che mai. A sfilare il suo talento straordinario, la sua parabola artistica che lo hanno reso il numero uno al mondo, anche in termini di fatturato, e che mai venderà agli stranieri. Il signore Armani, così lo chiamano in azienda, è vigile su ogni dettaglio che sia un accessorio, il fascio di luce che illumina la passerella o la nota musicale di accompagnamento. Prima la sfilata, poi l’after party. Per GA, New York è il ritorno a casa, una città che, dopo Milano, gli spalancò le porte. Le altre griffe cambiano team di creativi, Armani is still, come direbbero gli americani, matita in mano, disegna e crea. Non fa una moda urlata, non mette le modelle in mutande.
Aggiustiamo il fuso orario degli orologi ed eccoci a Tblisi, capitale della Georgia, per festeggiare i “Tre Bicchieri”, l’Oscar del vino, e il calendario fotografato da Massimo Listri, il gigante del click d’autore, ispirato alla “Pantera e alla Sirena”. È la 23esima edizione anche della formula party itinerante dei fratelli Generoso e Roberto Di Meo che sono partiti dalla loro tenuta di caccia borbonica con filari di vigneti in terra irpina per approdare nelle capitali d’Europa: Parigi, Madrid, Londra, Lisbona, Vienna, Mosca, Praga…e ora in Georgia che è un po’ la Svizzera del Caucaso, con boschi, montagne e laghi, solo spalancata sul Mar Nero. La sorpresa è che gli ospiti arriveranno in funicolare della Mtatsminda Palace in quello stile fiorito degli anni ’20. Il dress code è d’ispirazione alla regina delle regine Tamara, il giorno dopo è dedicato alla Opera House con performance del gruppo “Erisioni”, che sono un po’ Maneskin, un po’ ballerini da Bolshoi.
Si sfoglia l’almanacco per arrivare al Grande Giorno di The Cal, bastano tre lettere per evocare un sogno, quello che Pirelli regala ai suoi collezionisti da 51 anni. Dalle pin up ammiccanti per camionisti delle prime edizioni del calendario l’ingranaggio è cambiato e sono diventati oggetto di culto. Messo in scena quest’anno da Ethan James Green, bello come un modello, 34 anni di talento che lasciano indizi prima dell’Unveiling, la cerimonia di presentazione al mondo di The Cult. Starring, nel senso di impeccabili anfitrioni, The President Marco Tronchetti Provera e il principe reale Aimone d’Aosta, che sono anche gli uomini più eleganti del mondo. E il cerchio si chiude al Natural History Museum di Londra.
Milano: le tradizioni sono importanti e il Premiolino, nato negli anni ’60 da un’idea di un gruppo di industriali, oggi vanta il sostegno di Pirelli. E Marco Tronchetti Provera e la giornalista Chiara Beria d’Argentine lo consegnano a Lorenzo Tondo, siciliano di Sciacca, corrispondente del The Guardian per il Sud Italia e il Mediterraneo. Tutti connessi per la ricostruzione della parola Pace.