Reso noto il 25 settembre, l’ultimo rapporto di Eurostat fotografa lo stato di salute dei cittadini europei. Emerge un’immagine molto positiva del nostro paese, con gli uomini che si pongono al terzo posto a livello europeo e le donne al quarto.
Arrivano buone notizie sul lato benessere dall’Eurostat, l’ufficio statistico dell’Unione Europea. Secondo i dati del 2022, nell’Unione Europea l’aspettativa di vita alla nascita è alta: 83 anni e 3 mesi per le donne, 77 anni e 8 mesi per gli uomini. Tutto merito di una serie di fattori, fra cui i miglioramenti di igiene, stile di vita e istruzione, come pure i progressi in campo medico e scientifico. E nonostante la botta della pandemia, le cose procedono bene. “Questi dati evidenziano che, passato il Covid, l’aspettativa di vita media torna finalmente ad aumentare”, osserva il prof. Gianni Pes, docente all’università di Sassari, esperto di longevità umana e membro del team Blue Zones Project del National Geographic. Non solo: si assiste anche a un miglioramento nel divario di genere relativo alla longevità, che favorisce solitamente le donne rispetto agli uomini. “Il divario di genere è un dato comune nelle popolazioni – tranne in Sardegna, nella zona blu dell’Ogliastra, dove gli uomini hanno lo stesso tasso di mortalità delle donne. Fino al 2019 il divario di genere si stava restringendo, poi è tornato ad aumentare con il Covid, e ora tende di nuovo a restringersi”, commenta l’esperto. A livello europeo, resta comunque tra uomini e donne una differenza di 5,4 anni di vita a vantaggio di queste ultime.
Quantità e qualità
Fin qui dunque tutto bene, con dati fondamentalmente positivi per il benessere della popolazione europea “diversamente giovane”. Ma poi, come vivono gli anziani questo prolungamento della vita? Perché finché ci sono salute e mobilità non ci sono problemi, ma quando cominciano a insediarsi malattie croniche, problemi mentali e fragilità, e si vede progressivamente ridurre la propria autonomia, la musica cambia. Per inquadrare meglio la problematica Eurostat ha sviluppato appositi indicatori di aspettative di salute. “Questi si focalizzano sulla qualità di vita trascorsa in uno stato di salute, piuttosto che sulla quantità di vita, come misurata dall’aspettativa di vita”, si legge sul sito. Naturale: tutti vogliamo vivere a lungo, ma stando bene il più possibile, compatibilmente con l’età. Ed ecco le rivelazioni di questi indicatori.
Italia sopra la media UE
Eurostat ci informa che nella UE il numero di anni di vita in buona salute alla nascita è mediamente di 62 e 6 mesi, quasi pari tra donne e uomini (rispettivamente 62 anni e 8 mesi e 62 anni e 4 mesi); considerando l’aspettativa europea di vita alla nascita, ciò significa che in media donne e uomini vivono in buona salute per la maggior parte della loro vita (le prime il 75%, i secondi l’80%).
La media italiana è decisamente lusinghiera: le nostre connazionali possono sperare in 67 anni e 8 mesi di buona salute, la loro controparte maschile di appena sette mesi in meno (67,1 anni). Pochi fanno meglio di noi; per quanto riguarda gli uomini, la palma va ai maltesi con 70,1 anni, seguiti dagli svedesi (67,5). Quanto alle donne, in pole position di nuovo Malta (70,3 anni); seguono Bulgaria (68,9) e Slovenia (68,5). Ma non tutti vantano numeri così favorevoli. Le donne danesi chiudono la classifica europea con 54,6 anni; va un po’ meglio per le lettoni (55,4 anni) e le olandesi (56,3 anni). In ambito maschile non se la passano benissimo i lettoni (53 anni), gli slovacchi (56,6 anni) e i danesi (57,1 anni).
Verso un invecchiamento sempre più felice?
Perché certi paesi se la cavano meglio di altri? E come mai paesi agli antipodi come Italia e Svezia vantano risultati paragonabili? C’è pure da considerare il caso della Norvegia, paese al di fuori della UE ma con un’aspettativa di vita in buona salute paragonabile a quella di Malta. Eurostat si limita a fotografare la realtà senza entrare nel dettaglio, e di certo la risposta non è univoca, considerando che in gioco ci sono parecchi fattori. “La mortalità dipende anche dalla qualità del sistema sanitario, che negli stati della Scandinavia è elevata, non paragonabile con quella dell’Italia – evidenzia il prof. Pes -. Noi compensiamo con lo stile di vita, con la dieta mediterranea e minori livelli di stress, anche se ultimamente la situazione economica li sta aumentando”. Ma si potrebbe fare di meglio? Auspicabilmente sì: come fa notare Pes, negli anni ‘70-’80 i demografi prospettavano che saremmo arrivati ad avere a fine vita solo 3-4 anni di disabilità, quindi una piccola fetta rispetto all’odierno 20-25%, che su 80 anni circa di aspettativa di vita non è poco.
È un obiettivo cui punta certamente ognuno di noi, ma anche la società, costretta a sobbarcarsi prepensionamenti per problemi di salute e costi sanitari elevati. “Se gli anni di vita in buona salute aumentano più rapidamente dell’aspettativa di vita, allora non solo le persone vivono più a lungo, ma vivono anche una maggiore porzione della loro vita senza problemi di salute”, scrive Eurostat. Non a caso, la politica sanitaria UE punta ad aumentare gli anni di vita in buona salute. Speriamo allora che il prossimo appuntamento con Eurostat ci porti altre buone notizie.