di Giorgio Boratto

A proposito del Nobel dato per la Fisica a John Hopfield e Geoffrey Hinton, per l’acquisizione delle reti neurali artificiali per l’apprendimento nei computer, devo dire che spesso sono i fisici a metterci in contatto con il trascendentale; però a mio avviso non sarà l’Intelligenza Artificiale (IA) a portarci in quella dimensione che sta sopra a tutte le categorie, insomma senza una percezione di sé, senza coscienza non si va da nessuna parte.

Le macchine non hanno coscienza e la nostra tendenza ad antropomorfizzare le cose non aiuta a collocarle in una giusta dimensione. Elaborare un sacco di dati – immessi nella macchina dall’uomo – non significa averne coscienza. Nello scontro tra fautori del raggiungimento di una forma di coscienza attraverso l’Intelligenza Artificiale, la IA, e chi invece l’avversa, un posto di rilievo tra questi ultimi lo ricopre Nicholas Humphrey.

Il punto di partenza di Nicholas Humphrey, psicologo britannico, conosciuto per i suoi lavori sull’evoluzione dell’intelligenza e della coscienza umana, è centrato sulla ripresa dell’introspezione, una pratica che si affida al racconto delle esperienze psicologiche soggettive. Esiste un hic et nunc, un ‘qui ed ora’ che è l’esperienza sensoriale e non c’è bisogno di capacità analitica per vivere questo stadio dell’esistenza. E’ il momento denso della coscienza.

Gli umani sviluppando questa esperienza di sensazioni hanno costruito una ‘nicchia dell’anima’. La coscienza è l’elemento soggettivo che dà vita alle sensazioni. Con il libro Rosso, pubblicato nel 2008, Nicholas Humphrey spiega le sensazioni per cui riceviamo informazioni dai sensi e poi con la mente le interpretiamo: con ciò che ‘sentiamo’ e con l’introspezione noi facciamo esperienza, così conosciamo di più. La coscienza diventa l’interiorizzazione di esperienze vissute.

Per me se il computer avesse la coscienza si suiciderebbe, ovvero si rifiuterebbe di accendersi. Il computer o quella macchina che rappresenta l’IA, agisce su comandi esterni; il suo ‘ragionare’ è un algoritmo’ una formula matematica esadecimale che elabora, calcola, accendendo o spegnendo una miriade di interruttori.

Penso che questa sfida sarà risolta popperianamente da una falsificazione. Il vero problema del tormentone continua ad essere quello di come funziona la mente e da quali processi emerga la coscienza. Ma nascondersi dietro a formule matematiche non aiuta.

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