di Nadia D’Agaro

“Poteva essere un gravissimo danno alla nostra economia”. Così si lamenta Giuseppe Bommarito, presidente dell’Associazione “Con Nicola, oltre il deserto dell’indifferenza” a proposito del camion fermo a Civitanova Marche con 170 suini morti provenienti dalla zona rossa in Lombardia e diretti da Lodi a Latina, pericolosamente fermi – per due giorni a quanto pare – nel Maceratese a settembre ’24. Ma come mai?

Purtroppo gli abbattimenti di suini infetti da Peste Suina Africana in Lombardia ha raggiunto una soglia critica, e gli stabilimenti per il loro smaltimento nelle vicinanze degli allevamenti non bastano. Dunque gli animali si mettono in moto: non è più un “trasporto di animali vivi” verso il macello, ma un trasporto di animali morti verso l’incenerimento. Nulla deve rimanere di loro, non più un insaccato, un prosciutto DOP, una costarella: devono essere inceneriti, affinché il virus non si diffonda. Invece per un cambio autista il mezzo si ferma a Civitanova, e gente di passaggio lì residente o forse un autista del camion (non è chiaro) osserva “liquidi di incerta qualificazione e liquami sanguinolenti.”

Ora, la biosicurezza dovrebbe essere una priorità nella lotta alla PSA. Ma da quando l’Efsa (Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare) ancora nel 2018 sollecitava la “vigilanza passiva della popolazione”, cioè invitava alla segnalazione di selvatici morti (“rimane il modo più efficace per individuare nuovi casi di PSA in fase precoce nelle zone precedentemente indenni dalla malattia”), molto tempo è passato, molti cinghiali sono morti (nonostante sempre l’Efsa ritenesse inopportuna, presente l’epidemia, la movimentazione dei cinghiali, cioè le battute di caccia) e sono morti moltissimi “animali da reddito”, cioè i suini d’allevamento, morti e poi bruciati; molti soldi sono andati in fumo e i focolai di PSA si sono molto diffusi.

Questa era appunto la giustificata paura di Bommarito. “Il tutto, quindi, poteva far incorrere in gravissimi rischi sia per la salute umana che per l’economia della provincia, perché ove anche dalle nostre parti fosse insorto qualche focolaio di peste suina africana, sarebbe stato un disastro a livello economico, con immediati obblighi di abbattimento degli animali (centinaia, se non migliaia di capi) e il blocco su tutti i mercati della carne suina proveniente dal maceratese.”

Di pochi giorni fa è il video scioccante della giornalista Giulia Innocenzi con riprese dall’interno di due allevamenti di suini in Emilia Romagna, zona rossa di restrizione per PSA. Topi che camminano sulle scrofe, suini morti lasciati con quelli vivi e con la loro madre immobilizzata nella gabbia, animali morti lasciati all’aperto, su un trattore, alla mercé degli animali: ma è così che si contrasta la PSA? Ma ci rendiamo conto che, oltre al “danno economico”, ci sono rischi enormi per la salute umana? Fortunatamente, così mi risulta, l’onorevole Eleonora Evi ha presentato una interrogazione parlamentare sulla situazione biosicurezza denunciata dalla giornalista Innocenzi.

Spero vivamente che l’interrogazione porti alla dimissione di un altro ministro di questo improvvido governo, che sta mettendo a rischio non solo l’economia nazionale, ma anche la salute degli italiani. “Allevato in Italia” è un cartellino che segnala un pericolo?

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