Ostaggi a Singapore, in attesa di un processo. Privati dei passaporti e confinati in un hotel senza avere l’opportunità di lasciare la struttura fino all’udienza prevista per la prossima settimana. Trattenuti per aver manifestato il loro malcontento contro Peter Lim, imprenditore asiatico e socio di maggioranza del Valencia, vandalizzando un edificio di sua appartenenza: Dani Cuesta e la moglie, tifosi del club spagnolo, si sarebbero immaginati una gita fuori porta in Asia dall’epilogo del tutto differente rispetto a quello che stanno vivendo. “Lim go home” e poi “Lim Out”: una protesta diventata ormai uno slogan ridondante dalle parti del Mestalla. Quanto accaduto a Singapore è solo l’ultimo di una serie di contestazioni che stanno condizionando pesantemente il clima attorno al club. Arrivato nel 2014 come salvatore, oggi nessuno vuole più vedere Peter Lim. Imprenditore miliardario e figura controversa, tanto per le decisioni prese quanto per quelle mai attuate. Vendere i migliori, senza rimpiazzarli adeguatamente. Ma non solo. Una gestione scellerata e irrispettosa nei confronti di un club storico – come il Valencia – che ora per colpa suo presidente rischia il fallimento sportivo ed economico.

Dall’olio di palma al mondo del calcio: chi è Peter Lim
Da una povera famiglia di Singapore fino a diventare uno dei più ricchi investitori del mondo, il passo è breve. E il merito è soprattutto della start-up Wilmar, produttrice di olio di palma. Diventata colosso globale e vendute le quote, Lim è partito per l’Europa con un obiettivo ben chiaro: acquistare un club di calcio. Ci ha provato con Liverpool e Milan, poi è arrivato il Valencia. Ha acquisito la maggioranza azionaria (83%) del club spagnolo per 400 milioni di euro, riuscendo a salvare il club da un potenziale fallimento per i troppi debiti accumulati negli anni con le diverse banche (una situazione che aveva portato alle dimissioni di due presidenti nel giro di 5 anni). Questo perché, pur di provare a competere con Real Madrid e Barcellona, la dirigenza spende senza freni. E il conto da pagare – nonostante la bacheca si sia riempita di due Coppe del Re, due campionati, una Coppa UEFA e una Supercoppa europea – è altissimo.

La (presunta) rinascita del Valencia non passa solo tra le mani di Peter Lim: al suo fianco incombe anche la presenza del “super agente” Jorge Mendes, che si serve del rapporto di fiducia con l’imprenditore asiatico a suon di favori e raccomandazioni. Pochi mesi dell’acquisizione del Valencia, infatti, il fondo Meriton Capital (di proprietà di Peter Lim), acquista dal Benfica i diritti dei talenti Rodrigo e André Gomes (entrambi sotto la gestione di Mendes): una boccata d’aria per le casse del club portoghese, con la promessa che questi avrebbero fatto parte della nuova gestione Lim al Valencia. Nell’operazione viene incluso anche Nuno Espírito Santo, sempre sotto la commissione dell’agente di CR7. E proprio lo stesso Cristiano Ronaldo, nel 2015, ha effettuato il passaggio dei suoi diritti d’immagine alla società hongkonghese Mint Media, che ha sempre a che fare con Lim. Come scambio equo, la comunicazione del Valencia è poi passata sotto la gestione di 7egend (azienda del calciatore portoghese e di Mendes). Insomma, una squadra creata a loro immagine e somiglianza: nessun vero progetto sportivo, ma un riciclaggio di soldi all’ombra di tifosi che speravano nei grandi colpi.

Valencia, una caduta nel vuoto tra avidità e potere nelle mani sbagliate
Peter Lim ha avuto la brillante intuizione e capacità di diventare nel giro di un anno, prima il salvatore poi il nemico giurato di una tifoseria che non aspetta altro che il suo addio. Dicevamo di Nuno Espirito Santo: dal suo addio si sono susseguiti ben 13 allenatori, con scarsi risultati. Tutti, tranne uno: questo il caso di Marcelino. Un vero e proprio paradosso per una società sportiva. Vinci? Ti mandiamo via. E così è stato: nonostante il trionfo in Coppa del Re, Lim aveva fatto intendere che la società non era per nulla interessata a vincere un trofeo “minore”. L’unico obiettivo era la qualificazione in Champions League. Marcelino ottenne anche quella, ma non cambiò la sua presa di posizione. Così a 10 anni dal suo annuncio, il club è economicamente devastato e senza una vera identità e un progetto solido alle spalle. I tifosi hanno chiuso qualsiasi rapporto, la retrocessione sembra essere dietro l’angolo e degli acquisti sensati e mirati nemmeno l’ombra. Tra la mediocrità e l’indifferenza, il livello della rosa si è abbassato notevolmente e, ora, il Valencia si è trasformata in una squadra da “media-bassa classifica”. E ancora oggi, i tifosi non hanno ancora capito a quale gioco stia giocando Lim.

Contestazioni senza fine
“Il club è nostro e ci possiamo fare tutto quello che vogliamo, e nessuno può dire nulla“, scrive sui social la figlia dell’asiatico. L’indifferenza è evidente; i risultati non cambiano il suo umore e non scalfiscono la sua posizione. Quasi come se si stesse prendendo gioco dei tifosi, come a voler dire: “Voi vi lamentate? Tanto decido io”. Da almeno due anni, sugli spalti “Peter, go now” è il coro più cantato e nella stagione 2021/2022 il simbolico minuto 19 (che riprende il 1919, data della fondazione del club) si è trasformato nei 60 secondi di silenzio al Mestalla: bocche chiuse e braccia al cielo con il cartello “Lim Go Home”. Un lento declino verso l’oblio: 10 anni di errori e feroci battaglie contro un proprietario che non guarda alla storia e che rifiuta le offerte di diversi acquirenti. Forte di un potere miliardario che sta soffocando la passione di migliaia di tifosi.

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