Un'ipotesi che confermerebbe i timori del mondo ambientalista circa la marcia indietro sul clima ingranata dal governo Meloni
Di 100% rinnovabili network
Di Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile, Greenpeace, Kyoto Club, Legambiente e WWF Italia
La possibile destituzione di un presidente di Elettricità Futura che ha perseguito con forza una politica di decarbonizzazione assolutamente condivisibile non fa altro che confermare i nostri timori di un rischio evidente di salto nel passato, tra un possibile ritorno surreale del nucleare e lo status quo di un Paese in balia dei produttori di gas, che sono ben felici di questa operazione davvero discutibile messa in campo da parti di Confindustria dentro Elettricità futura.
Stando a quanto anticipato in un articolo di Repubblica, sarebbe in corso in Confindustria un’operazione per sostituire Agostino Re Rebaudengo al vertice di Elettricità Futura. Questa ricostruzione giornalistica conferma le preoccupazioni che le nostre organizzazioni manifestano rispetto ai gravi passi indietro che il Paese rischia di fare sulla transizione energetica per arrivare alla possibile decarbonizzazione del sistema elettrico entro il 2035, come già deciso in Germania. Il lavoro del governo Meloni per rallentare la transizione ecologica è molto evidente e il Pniec inviato a Bruxelles è la cartina di tornasole di questa involuzione a favore dei signori del gas. Le ripetute uscite del neo presidente di Confindustria Orsini contro il Green Deal non fanno altro che assecondare un possibile declino dell’economia verde made in Italy a favore dell’industria green cinese e statunitense.
Noi continueremo a sostenere a Roma come sui territori la necessaria rivoluzione energetica basata su rinnovabili, sviluppo di reti e accumuli. Come del resto evidenziato anche da Mario Draghi secondo il quale “soffriamo di investimenti infrastrutturali lenti e non ottimali, sul fronte sia delle energie rinnovabili che delle reti”. Con buona pace dei fautori delle fossili, della crisi climatica e del declino di un settore importante della manifattura italiana che rischiamo di far soccombere a tutto vantaggio dei competitori stranieri.