Lo hanno battezzato “Il Ghibellin fuggiasco”, con riferimento dantesco, ed è diventato un luogo-simbolo dell’accoglienza nei confronti degli stranieri in una città ricca come Verona. Si tratta di un edificio fatiscente, occupato e recuperato con lavori di restauro in proprio, che dal 2021, per iniziativa del centro sociale Paratodos, ha ospitato una quarantina di migranti regolari, tutti con un lavoro e uno stipendio. Un esempio virtuoso di africani inseriti nel tessuto produttivo, dotati di un reddito, ma emarginati dalla struttura sociale, visto che nessuno affitta loro una casa. Ma adesso il Ghibellin deve chiudere. “Entro l’inverno ce ne dovremo andare – spiega il portavoce Giorgio Brasola – perché la struttura sta collassando, non è più sicura e queste persone rischiano di finire per strada, se non verrà trovata un’alternativa”.
L’allarme si è tradotto in una lettera-appello scritta al sindaco Damiano Tommasi, a guida di una giunta di centrosinistra, e al vescovo Domenico Pompili che recentemente ha trovato posto a una quindicina di immigrati in un istituto religioso. La vicenda mette a nudo la contraddizione di persone che lavorano e non trovano un letto dove dormire, di una città in cui ci sono più di 17mila case sfitte (su un totale di oltre 138mila). Paratodos ricorda come l’avventura sia iniziata nel 2021 in seguito a una vertenza con il Comune di Verona, allora guidato dal sindaco Federico Sboarina di Fratelli d’Italia, riguardante la riduzione dei posti letto nei dormitori per la fine dell’emergenza freddo. “Insieme a chi aveva il disperato bisogno di un tetto, abbiamo reso vivibile uno stabile abbandonato da anni – scrive Paratodos – Dopo aver portato acqua ed elettricità, abbiamo iniziato a dare accoglienza alle persone che arrivavano chiedendo un aiuto in quanto costrette a dormire all’addiaccio dopo aver lavorato tutto il giorno, per lo più (ma non solo) come braccianti nelle locali aziende agricole”. Nel tempo il numero è cresciuto, superando anche le 50 unità.
“Con questa azione abbiamo cercato di dare una risposta a un bisogno primario ed essenziale, al diritto umano universale a una casa dignitosa, denunciando l’incapacità delle pubbliche istituzioni e della società civile tutta di garantirlo. Il problema dell’emergenza abitativa sta diventando sempre più drammatico e non riguarda solo i migranti, ma tante altre soggettività, dagli studenti, ai pensionati, ai lavoratori precari”. Un fenomeno generalizzato che vede i canoni di affitto in aumento vertiginoso e la crescita del numero di appartamenti destinati a locazioni turistiche. “Tali dinamiche distorte del mercato non trovano più alcuna correzione da parte dell’intervento pubblico – è la denuncia di Paratodos – L’edilizia popolare è ferma da anni e il patrimonio immobiliare degli enti preposti (Agec e Ater) si sta depauperando. I sussidi pubblici a sostegno del diritto alla casa (fondi per morosità incolpevole) vengono ridotti”.
Inoltre i dormitori pubblici sono insufficienti rispetto alle necessità, mentre il patrimonio immobiliare pubblico resta in parte inutilizzato. Contatti con le istituzioni ce ne sono stati, ma infruttuosi. “Da parte del Comune di Verona non è arrivata alcuna proposta concreta di soluzione, sia con l’amministrazione Sboarina, sia con quella Tommasi. Anzi, entrambe le amministrazioni hanno proceduto con un approccio repressivo al problema dei senza dimora, fatto di sgomberi e denunce in nome della lotta al degrado e all’illegalità. L’unico aiuto concreto è giunto dalla Caritas veronese e dal vescovo Pompili”.
L’appello è rivolto “a tutte le pubbliche istituzioni cittadine affinché si assumano le loro responsabilità e si facciano carico urgentemente del problema abitativo di queste persone, confermando ancora la nostra disponibilità a collaborare con l’obiettivo comune di una soluzione tempestiva che rispetti dignità e diritti, superando la logica e la rigidità dei dormitori”. Una risposta è venuta dall’assessore al sociale Luisa Ceni: “Il problema c’è, ma serve una rete per garantire luoghi abitativi sicuri. La maggior parte dei ragazzi che stanno al Ghibellin lavorano in provincia e i vari comuni dovrebbero contribuire all’individuazione di alloggi”.