“La situazione è sicuramente allarmante in queste ultime settimane. Gli scontri a fuoco e i bombardamenti sono quotidiani a causa delle incursioni dell’esercito israeliano all’interno del territorio libanese. L’esercito israeliano ci ha anche chiesto di lasciare alcune posizioni vicino alla linea blu: ne abbiamo circa 29 con circa 10.400 soldati provenienti da più di 50 paesi. Ma abbiamo deciso di rimanere, una decisione presa non solo dall’Onu ma anche da tutti i paesi che fanno parte dell’Unifil”. Sono le parole pronunciate ai microfoni di Effetto giorno, su Radio24, da Andrea Tenenti, portavoce della missione italiana Unifl in Libano. Allo stato attuale, Israele ha allargato l’operazione di terra nel sud del Libano fino alla zona dove si trovano i soldati italiani di Unifil, i quali sono in massima allerta. La missione conta 10.400 caschi blu di cui oltre 1200 sono italiani (è il contingente più numeroso dopo l’Indonesia).
Tenenti spiega il motivo per cui Unifl ha rifiutato l’invito di Israele a far andare via i soldati: “È importante fare in modo che la bandiera dell’Onu ancora sventoli in queste zone e cercare di abbassare le tensioni. Siamo rimasti ma sicuramente la situazione è preoccupante per quello che sta succedendo in questi giorni”.
Alla domanda della giornalista Valentina Furlanetto, che gli chiede se la missione di pace ha ancora una forte deterrenza, Tenenti risponde: “Diciamo che è importante al momento riuscire a rimanere nelle nostre posizioni. Sicuramente quello che sta succedendo rende molto difficile la nostra possibilità di monitorare il territorio ma riusciamo ugualmente a cercare di vedere quello che succede intorno alle nostre basi. La cosa importante al momento è far sì che ci sia un canale aperto con entrambe le parti, che viene mantenuto dal capo della missione, dal generale Lazaro – spiega – il quale continua a parlare con ambedue per cercare di abbassare le tensioni. L’altra cosa importante è consentire l’apertura di un corridoio umanitario per assistere la popolazione che è rimasta nel sud del Libano. Su 550mila persone, più di 350mila hanno lasciato quelle zone, ma sono rimaste ancora persone bloccate in molti villaggi. Quindi, è fondamentale che si ritorini a operare e ad aiutare la popolazione assieme a tutte le agenzie dell’Onu che stanno cercando di farlo ma è molto difficile a causa dei bombardamenti quotidiani“.
Il portavoce della missione Onu ribadisce che la situazione umanitaria è gravissima in tutto il Libano: “Gli sfollati sono più di un milione e la situazione si sta aggravando di giorno in giorno. Mancano i beni di prima necessità come il cibo e probabilmente, a breve, anche l’acqua. Quindi, è importante che si capisca la necessità urgente dei corridoi umanitari per portare assistenza, come abbiamo sempre fatto in passato, anche se Unifil non è propriamente una missione umanitaria – precisa – ma di monitoraggio. Ma abbiamo sempre aiutato la popolazione con progetti, attività, assistenza medica. È una cosa che dovremo continuare a fare ma, ripeto, è una situazione molto difficile. Ma ci proviamo insieme all’esercito libanese, alla Croce Rossa e ad altre organizzazioni umanitarie“.
Circa l’incolumità dei soldati italiani, Tenenti puntualizza: “Sicuramente la situazione è seria e preoccupante, ma si sta facendo di tutto per mantenere in sicurezza i contingenti della missione Unifil, ovvero i 1200 caschi blu italiani della Brigata Sassari. Quando ci sono situazioni di pericolo a livello di bombardamenti, è importante riuscire a rimanere all’interno delle basi. Quindi, al momento, sono al sicuro, riescono ancora a fare quello che si può fare nei momenti in cui non ci sono bombardamenti. La sicurezza dei caschi blu è una priorità per tutti noi e per la missione delle Nazioni Unite. E deve essere una priorità anche per Hezbollah e per Israele“.