So (di nuovo) che non lo farà, ma almeno resti agli atti: la Commissione parlamentare antimafia dovrebbe ascoltare il testimone Pino Masciari, che ha recentemente rivelato fatti gravissimi che riguardano il rapporto tra la ‘ndrangheta che non dimentica e lo Stato che invece rischia di dimenticare, nella migliore delle ipotesi.
I fatti sono stati resi noti al pubblico nei giorni scorsi attraverso un articolo a firma Giuseppe Legato su La Stampa edizione torinese e successivamente ripresi da diverse testate calabresi (La voce; Il vibonese; Gazzetta del sud; LaCnews24). A me è toccato viverli in presa diretta.
Il lettore tenga presente che Giuseppe Masciari è uno dei testimoni di giustizia più importanti che l’Italia abbia avuto sul fronte della denuncia contro la ‘ndrangheta calabrese; che a causa del rischio elevato al quale ha sottoposto se stesso e la sua famiglia è stato inserito nello speciale programma di protezione dal Ministero dell’Interno unitamente a tutto il nucleo famigliare; che dallo speciale programma dopo tredici anni è uscito nel 2009 e che da allora la sua protezione è affidata alle autorità territoriali della località nella quale ha deciso di ricominciare una vita “normale” e cioè Torino. Le autorità territoriali in questione fanno comunque in ultima istanza riferimento al Ministero dell’Interno, come ovvio che sia.
Succede che a partire dal dicembre 2023 il signor Masciari viene contattato in privato da un uomo che dopo i primi scambi di messaggi si qualifica come Andrea Mantella, nientemeno che uno dei più importanti collaboratori di giustizia uscito dalle file della ‘ndrangheta calabrese e protagonista con le sue dichiarazioni del maxi processo Rinascita-Scott, di cui si attende la sentenza di secondo grado e che vede alla sbarra la “crema” della mafia del Vibonese.
Andrea Mantella con i suoi messaggi fa quattro cose.
Confessa a Pino Masciari di essere stato una fonte di ispirazione: se Mantella da soldato di mafia ha deciso di “saltare il fosso” è stato anche grazie all’esempio di un uomo coraggioso e per bene come Masciari. Poi rivela a Masciari che nel 2004 era partito l’ordine di ucciderlo. Terzo: il Mantella conferma a Masciari che i mafiosi vibonesi (e non soltanto questi) non dimenticano e che pertanto Masciari è un predestinato, che lui – Mantella – ha iniziato a collaborare nel 2016, che queste cose, insieme a tante altre, le ha riferite ai magistrati e che su alcuni fatti non può essere più preciso perché sono ancora coperti da segreto investigativo (ma che non appena saranno “discoverati” Masciari li potrà apprendere). Infine Mantella scrive a Masciari di essere pronto a farsi ascoltare proprio dalla Commissione antimafia su questi fatti… Se mai qualcuno lo chiamasse!
Questo scambio tra Masciari e Mantella che avveniva nel dicembre del 2023 faceva precipitare il signor Masciari in uno stato di comprensibile terrore. Tempestivamente Masciari ne informava le autorità preposte alla sua sicurezza, mantenendo su tutta la vicenda il più assoluto riserbo. Fino alla scorsa settimana. Perché? Perché l’ennesima inchiesta contro la ‘ndrangheta resa pubblica a Torino nelle scorse settimane, denominata “Factotum”, inchiesta che nuovamente interessa emanazioni delle famiglie mafiose del vibonese insediate da decenni tra Moncalieri, Nichelino e Carmagnola, svela il piano della ‘ndrangheta piemontese di screditare proprio il pentito Andrea Mantella.
Perché di questa vicenda dovrebbe occuparsi la Commissione Parlamentare antimafia?
Proprio nel 2004, quando secondo il Mantella l’ordine di assassinare Masciari era partito dalle cosche del vibonese, a Pino Masciari veniva revocato lo speciale programma di protezione: messo alla porta e tanti saluti! Eppure i processi nei quali Masciari era testimone erano in corso, anzi proprio nel 2004 uno dei più importanti era arrivato a sentenza di primo grado: sentenze pesanti di condanna grazie alle denunce di Masciari. Esiste un nesso tra questi fatti?
Se Masciari e la sua famiglia non furono espulsi dallo speciale programma di protezione nel 2004 questo dipese dal ricorso al Tar che immediatamente Masciari fece, impugnando la decisione della Commissione centrale del Ministero dell’Interno. Andrea Mantella scrive a Masciari di aver fatto dichiarazioni durante la sua collaborazione (iniziata nel 2016) che riguardano Masciari. Ammesso che sia vero e che le informazioni descrivano l’attualità e la gravità del rischio per la vita di Masciari e della sua famiglia, come mai negli ultimi anni a più riprese le autorità territoriali dalle quali dipende la protezione di Masciari hanno revocato le misure tutorie o hanno “minacciato” di revocarle, salvo poi ritirare revoche e “minacce” di revoche? Come mai, a differenza di quanto capita ad altre personalità sottoposte ad un medesimo regime tutorio, il personale assegnato a Masciari cambia in continuazione? Come mai l’interlocuzione col Mantella si è interrotta proprio quando Masciari ne ha informato riservatamente le autorità?
Rispondere a queste domande e assicurare alla famiglia Masciari un sostegno efficace e rispettoso ha a che fare con una questione decisiva per quel-che-resta della democrazia in Italia: conviene di più affidarsi allo Stato o ai mafiosi? La domanda è di drammatica attualità: le inchieste sulle “curve infiltrate” hanno illuminato una “attrazione fatale” tra vip di chiara fama e boss mafiosi, come se accompagnarsi con certi individui fosse normale, persino “sexy”. Succedeva anche nella Prima Repubblica, ma allora almeno si faceva di tutto, anche uccidere, pur di tenerlo nascosto: leggi alla voce Carlo Alberto Dalla Chiesa.