Il mercato dell’editoria non sta bene, nonostante i segnali di ripresa post pandemia e i risultati positivi del 2023. Nei primi sei mesi del 2024 ha registrato un segno negativo nelle vendite (-0,1%) che AIE definisce “rallentamento”. A mio avviso è un campanello di allarme che evidenzia la fragilità del settore. Una fragilità che dovrebbe far riflettere tutti gli operatori del comparto e che emerge dalle cifre dei primi sei mesi del 2024. Il presidente dell’Associazione Italiana Editori Innocenzo Cipolletta ha denunciato il taglio di almeno 100 milioni di euro di risorse pubbliche e ha chiesto alla politica un intervento organico per la lettura e il libro. Però, osservando gli interventi del governo, appare evidente che la cultura non è tra le sue priorità.
Nei primi sei mesi del 2024 sono state vendute 46,1 milioni, in calo di 900mila rispetto all’anno precedente. Nemmeno i social, in particolare il tanto acclamato Tik Tok, sono riusciti a dare la scossa necessaria per far muovere gli acquisti. E soprattutto sono calate sensibilmente (-2,8%) le vendite dei libri per ragazzi dai 6 ai 10 anni, un dato preoccupante perché significa che non formiamo i lettori del futuro. Per fortuna continuano a crescere la narrativa italiana e straniera, ma il 35% degli italiani non ha letto un libro. Però c’è una costante: le donne (71%) leggono più degli uomini (59%).
E poi ci sono le librerie. Non basta sottolineare che sono scelte dal 53,7% degli italiani, mentre l’online solo dal 41,7%, perché ogni giorno leggiamo di una nuova chiusura, in questi giorni i proprietari di “Noi” di Milano hanno lanciato una raccolta fondi per salvare la libreria. Recentemente mi ha colpito la notizia che a fine dicembre chiuderà anche “Il Covo della ladra”. Nemmeno Mariana Marenghi, una libraia illuminata che ho citato spesso nei miei post perché nel suo “covo” milanese accoglieva e promuoveva anche i romanzi di autori autopubblicati, è riuscita a contrastare il trend negativo. I costi di gestione sono sempre troppo alti per i risicati guadagni consentiti dalla vendita di libri. Inoltre, è opportuno sottolineare che nel mercato editoriale il prezzo di vendita finale non lo stabilisce chi vende ma chi produce e questo toglie alle librerie una delle leve fondamentali del fare impresa. Inoltre, va evidenziata un’anomalia presente solo in Italia: vi sono società come Mondadori o Feltrinelli che svolgono contemporaneamente le funzioni di editore, distributore e rivenditore.
L’Associazione Librai e il suo presidente Paolo Ambrosini fanno bene a ricordare che il Corso di Alta Formazione in gestione della libreria prepara nuove leve. A ottobre si sono diplomati 42 nuovi aspiranti librai che andranno a occupare posti in strutture già esistenti o di prossima apertura. Il problema è quanto resisteranno le librerie indipendenti? Quali strumenti hanno per contrastare la scarsa attitudine di lettura degli italiani?
Ci possiamo consolare raccontandoci che l’editoria italiana è quarta in Europa – dietro a Germania, Regno Unito e Francia – e sesta nel mondo, che i 7.838 diritti di traduzione venduti rappresentano una buona capacità di imporsi all’estero e che sarà il Paese Ospite d’Onore alla Frankfurter Buchmesse dal 16 al 20 ottobre, ma la realtà è più amara: il numero di lettori si riduce ogni anno e i giovani si stanno allontanando dai libri. Ed è troppo facile scaricare le colpe su Amazon e sull’editoria digitale, forse sarebbe meglio capire come cogliere nuove opportunità e trovare spazi di crescita necessari per riportare il settore sui numeri positivi. Ma per fare questo dovremmo iniziare dalla scuola e insegnare di nuovo ai bambini quali meraviglie sono racchiuse in un libro.