Da criminologa a necrofora. La sua scelta è definitiva e consapevole e la racconta le stessa al Corriere della Sera. Stiamo parlando di Linda Corsaletti, 46enne abruzzese con laurea in Scienze dell’investigazione. C’è serenità nel parlare di una professione che da molti viene considerata un tabù: “È un lavoro che adoro, non vedo l’ora di cominciare. A pulire e disinfettare i cadaveri, truccarli per renderli presentabili, radere barbe ai defunti, tingere capelli di signore rimaste con la ricrescita a metà, ricomporre le lesioni da morte violenta, omicidio, suicidio, incidente stradale…”. Qualche giorno fa, sul suo profilo Facebook, Corsaletti ha scritto: “Nei casi di omicidio quando contribuisci a trovare la verità, dai un piccolo sollievo ai famigliari della vittima. Anche nel settore funebre dare dignità al corpo di una persona alla quale i suoi cari devono dare l’ultimo saluto, aiuta a rendere quei momenti un po’ meno traumatici, perché prima che la bara si chiuda , quell’ultima immagine resterà impressa. Fare in modo che non siano troppo visibili i processi di trasformazione cadaverica, traumi ecc, è l’obiettivo principale della tanato estetica e tanatoprassi. Non vedo l’ora di fare lo step successivo del corso che ho iniziato solo ieri per specializzarmi in questo. Nel frattempo tornare sui “banchi di scuola “ mi piace molto, ma ho tantissima fretta di imparare”.
E al quotidiano di via Solferino racconta: “Farò il make up ai defunti, trucco e parrucco: un’estetista sui generis, certo, ma è un lavoro fondamentale che io vivo come una missione, un gesto d’amore verso i parenti. Lo sa che ogni anno in Italia migliaia di famiglie rinunciano a salutare un proprio caro, rimasto sfigurato al momento del decesso, nel timore di non riuscire a dimenticare l’ultima scioccante immagine?”. L’obiettivo di Corsaletti è “nascondere l’effetto trasformativo cadaverico, le ipostasi, la bocca contratta in una smorfia, gli occhi sbarrati, gli squarci nella pelle, è un regalo ai parenti. Il nostro lavoro concede loro un raccoglimento più sereno, un congedo più dolce”. Il momento il cui ha deciso di diventare necrofora se lo ricorda, eccome: “Anni fa fui consulente criminologa dello zio di Pamela Mastropietro, la ragazza romana squartata e depezzata nelle Marche, ridotta talmente a brandelli da finire in 32 sacchetti di plastica. La testa era macerata, l’assassino, l’africano, l’aveva immersa nella candeggina. Inimmaginabile farla vedere alla mamma in quello stato. Ecco, io invece vidi tutto, presi piena cognizione dei reperti… E pensando a Pamela voglio svolgere un servizio utile, dignitoso, civile“. E semmai qualcuno dovesse ‘storcere il naso’, lei commenta: “Stupidaggini. Battute da bar. Come chi fa le corna quando passa davanti alle pompe funebri. Questo lavoro qualcuno lo deve pur fare e se, come nel mio caso, ci metti cuore e passione, c’è solo da ringraziarci”.