L’identità del Movimento 5 Stelle è riassunta nel titolo di un articolo del Fatto Quotidiano: Stato sociale, Carta e lotta alla corruzione. Non si parla di ambiente, transizione ecologica, sostenibilità. Nello statuto del Movimento, le cinque stelle sono: beni comuni, ecologia integrale, giustizia sociale, innovazione tecnologica, economia eco-sociale di mercato. L’ecologia ha una stella, e parte di un’altra. Biodiversità ed ecosistemi hanno un ruolo rilevante… che voglio di più?

Il problema, come ho rimarcato altre volte, è che a tradurre in azioni questi principi si reclutano persone che non li riconoscono, come Roberto Cingolani, chiamato al ministero della Transizione Ecologica nel governo Draghi. Un ministero voluto fortissimamente dal M5S, visto l’esito delle negoziazioni di Conte con la Commissione Europea, tornato con 209 miliardi in buona parte da dedicare alla transizione ecologica. Il M5S accettò di appoggiare Draghi perché accettò di perseguire la transizione ecologica. Beppe Grillo lo definì un grillino. Una bella battuta comica.

Ho più volte evocato la campagna di denigrazione ai danni di Danilo Toninelli che, da ministro dei Trasporti, denunciò il contratto che concedeva ai Benetton di lucrare sul sistema autostradale italiano fino al disastro del ponte Morandi. Il ponte fu ricostruito a tempo di record e, per quel che se ne sa, senza ruberie, sotto la lente d’ingrandimento del ministero retto da Toninelli che, però, sbagliò il nome di un traforo. La stessa veemenza non venne utilizzata per stigmatizzare la scelta, voluta dal M5S, di un ministro della Transizione Ecologica inadeguato a portare a termine la transizione. Intendiamoci, Roberto Cingolani è competentissimo in altri ambiti, tanto che ora ha un ruolo chiave in Leonardo, ma non nel campo che riguarda la transizione ecologica, declinata come da statuto del Movimento. Il suo approccio alla sostenibilità è esclusivamente tecnologico, e non considera gli impatti delle tecnologie su biodiversità ed ecosistemi. Come è possibile che si predichi qualcosa e poi, a realizzarla, si mandi qualcuno che non è d’accordo? Il motivo, secondo me, risiede in radicate carenze culturali, anche in persone di altissima cultura.

Il compianto Domenico De Masi mi chiamò a parlare di Biodiversità ed Ecosistemi in un ciclo di lezioni alla Scuola del Fatto. Un corsista mi chiese di esprimermi su questioni politiche e De Masi lo interruppe, dicendo di non intavolare discorsi da bar. A me, esperto di biodiversità ed ecosistemi, si dovevano fare domande su argomenti tipo le barriere coralline, o le tartarughe. Le questioni politiche riguardano gli esperti di scienze politiche. Che ne sa uno zoologo di politica? Gli spiegai, in buon modo, che la necessità di una transizione ecologica deriva proprio da atteggiamenti come il suo nei confronti di biodiversità ed ecosistemi, ritenenuti “altro” rispetto alle questioni politiche, lasciate ad esperti che non sanno nulla di biodiversità ed ecosistemi. Importanti, sì, ma poi quando si parla di politica chi ne sa di ambiente è lasciato fuori dalla porta. È per questo atteggiamento culturale che si è resa necessaria la transizione ecologica: biodiversità ed ecosistemi sono politica e se gli scienziati politici non lo capiscono sono culturalmente inadeguati. De Masi capì dopo poche mie battute, e si sorprese di averlo capito in età così avanzata.

Ripeto queste cose in modo ossessivo, in questo blog: enunciare i valori è importantissimo e mi riconosco in pieno nelle stelle del M5S, ma dove sono le persone competenti che dovrebbero tradurli in atti politici? Il ministro Costa è un fulgido esempio di queste competenze, ma non me ne vengono in mente molti altri.

Immagino acidi commenti del tipo: perché non ti proponi tu, allora? Nel mio piccolissimo non ho alcuna intenzione di fare il politico. Sono a disposizione di qualunque parte politica mi chieda un parere su questioni su cui ho qualche competenza. Me lo ha chiesto più volte la Commissione Europea, e ho fatto diverse audizioni in Parlamento, affrontando temi che riguardano la transizione ecologica. Per me questi argomenti non sono di destra o di sinistra, solo il partito del suicidio può ignorare l’importanza di biodiversità ed ecosistemi, visto che dal loro stato di salute dipende il nostro stato di salute. Solo una cultura monca può non coprenderne l’importanza. Mi piacerebbe che lo capissero tutti. A parole, oramai, tutti dichiarano di averlo capito, e abbiamo messo entrambe le parole nella Costituzione, ma i fatti dicono altro, persino per i partiti che danno a questi temi maggiore importanza di altri. Noi “esperti” dobbiamo lavorare perché lo capiscano anche gli altri e perché si passi seriamente dalle parole ai fatti.

Mentre comprendo che ci siano diverse visioni su questioni sociali ed economiche, per me le questioni ambientali, se trattate con competenza, non hanno connotazione politica. Se a trattarle ci sono politici incompetenti, le ripercussioni sociali ed economiche sono gravi. Il concetto One Health, salute unica, significa che la nostra salute dipende dalla salute dell’ambiente. Anche la società e l’economia dipendono dalla salute dell’ambiente, ma è un concetto che ancora non fa parte della nostra cultura. Sono cosciente di essere ripetitivo, ma se certi argomenti non sono compresi non si può far altro che insistere nel ripeterli.

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