Il leader di Ankara ha approfittato della commemorazione del 7 ottobre per attaccare Tel Aviv. Anche per distogliere l'attenzione dalla crisi economica in patria
Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha celebrato il 7 ottobre con parole incendiarie mentre, contemporaneamente, continua a premere affinché l’Ucraina conceda parte del proprio territorio sovrano a Mosca per far terminare la guerra di aggressione del Cremlino. Del resto la formula dei doppiopesismo è sempre stata la preferita dal Sultano che da due anni e mezzo prova a spacciarsi per genuino mediatore tra Mosca e Kiev.
Erdogan il 7 ottobre ha addirittura denunciato che il governo del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu nutre ambizioni che includono l’invasione dell’Anatolia come avvertendo di una possibile guerra tra Ankara e Tel Aviv. Le previsioni di un’aggressione di Israele ai danni della Turchia non sono radicate nella realtà, tuttavia servono all’autocrate turco per indicare la volontà di Ankara di intensificare il proprio coinvolgimento nel conflitto regionale in corso contro Israele.
Durante la cerimonia di apertura della nuova sessione parlamentare turca, Erdogan ha osservato: “La leadership israeliana che agisce con il delirio della terra promessa e con un fanatismo puramente religioso, punterà alla nostra patria dopo la Palestina e il Libano”. I commenti di Erdogan arrivano poco dopo che Tel Aviv ha risposto a un anno di attacchi di razzi e droni quasi quotidiani da parte di Hezbollah contro il nord di Israele lanciando un’offensiva di terra in Libano.
Non è la prima volta che Erdogan allude a un conflitto armato con Israele. A una conferenza del proprio partito della Giustizia e Sviluppo (Akp) lo scorso 28 luglio, Erdogan aveva addirittura dichiarato che per prevenire questa eventualità “noi turchi dobbiamo essere molto forti per indurre Israele a smettere di colpire Hamas ed Hezbollah. Proprio come siamo entrati nel Nagorno Karabakh, proprio come siamo entrati in Libia, potremmo fare lo stesso con lo stato ebraico . Non c’è nulla che non possiamo fare. Solo dobbiamo essere forti e uniti per procedere in questa direzione”. Da questa dichiarazione era dunque già stato reso noto dallo stesso Erdogan che potrebbe usare un attacco contro Israele come difesa. Il detto reso famoso da Mussolini a Torino nel 1932, serve al Sultano – secondo il maggior partito di opposizione – anche per sviare l’attenzione dei milioni di turchi sempre più preoccupati per la nuova impennata dell’inflazione che sta distruggendo da ormai un lustro il proprio potere d’acquisto e qualità di vita facendoli precipitare nella povertà .
Dal 7 ottobre 2023, Erdogan ha lavorato costantemente per minare la capacità di Israele di difendersi. La Turchia è l’unico paese della Nato a sostenere la causa di Hamas, che è designata come organizzazione terroristica secondo le leggi degli Stati Uniti, dell’Unione Europea e del Canada. Erdogan ha intensificato la sua fornitura di supporto diplomatico e logistico ad Hamas. C’è anche una crescente mole di prove che i finanziamenti e le armi fornite dalla Turchia sono stati utilizzati dal gruppo estremista islamico di Gaza per pianificare attacchi terroristici contro Israele.
Più di recente, Erdogan ha incoraggiato l’Assemblea generale delle Nazioni Unite a usare la forza contro Israele se il Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite non fosse riuscito a fermare le misure israeliane contro i gruppi terroristici di Hamas ed Hezbollah in Libano. Erdogan ha anche criticato aspramente i paesi musulmani sunniti – Arabia Saudita, Emirati Arabi, Kuwait, Bahrein – che non hanno assunto una posizione più attiva contro Israele e li ha esortati ad aumentare la pressione economica, diplomatica e politica contro lo stato ebraico.
Mentre la minaccia di un conflitto che travolge l’intera regione continua ad aumentare, le parole e le azioni di Erdogan sono pericolose e contraddicono gli obiettivi fondamentali degli Stati Uniti e della Nato. La sua retorica divisiva è simile a quella del regime di Teheran. Sia Ankara che la Repubblica islamica iraniana sono oggi unite contro Israele e perseverano nel lodare le azioni terroristiche di Hamas ed Hezbollah.
Recenti resoconti dei media indicano che Washington e Ankara sono impegnati in colloqui per esplorare modi per reintegrare la Turchia nel programma di addestramento ed acquisizione dei caccia militari F-35. Le parole di Erdogan sono un chiaro segnale all’amministrazione Biden e al suo imminente successore che Ankara è intenzionata a minare e degradare gli interessi di sicurezza degli alleati degli Stati Uniti e la stabilità del Medio Oriente.