Non passa giorno qui in Campania dove la guerra dell’informazione ci fa sapere da un lato che non siamo mai stati così messi male sia come Salute che come Ssn – e nessuno più di noi ammalati campani se ne rende conto – ma dall’altro che non abbiamo mai avuto una così florida e produttiva attività manifatturiera e industriale, specie nel settore della farmaceutica, che guarda caso avrebbe il compito primario di aiutare a curare gli ammalati e innanzitutto quelli residenti nelle zone delle attività industriali e farmaceutiche, ma che a quanto pare non ci riesce.

L’8 ottobre 2024, il settimo Rapporto Gimbe ha evidenziato tra le altre cose:

– Finanziamento pubblico della spesa sanitaria in diminuzione, anche per gli obblighi di incrementare la spesa farmaceutica per i farmaci innovativi sotto brevetto e i vaccini (130,3 miliardi di euro), ma aumento della spesa privata (+45.862 milioni di euro);

Autonomia differenziata con incremento suicida della frattura strutturale Nord-Sud, certificato ad esempio dal bubbone esploso con l’acquisto di farmaci monoclonali costosissimi per la terapia delle bronchioliti dei bambini del nord ma non del Sud Italia.

Mentre così tanto si piange e si soffre nel Ssn con oltre 4.5 milioni di cittadini italiani che smettono di curarsi perché non sono in grado di pagarsi privatamente visite e farmaci, dall’altro lato si esulta per la eccezionale performance del settore farmaceutico, specie in Campania, cioè proprio la Regione con i peggiori dati sanitari di Italia.

Pierluigi Petrone, farmacista, nella sua veste di vicepresidente dell’Unione industriali di Napoli e di leader con le aziende di famiglia del settore chimico-farmaceutico, felicissimo degli eccezionali risultati raggiunti in termini di profitto, afferma che “non c’è industria senza logistica” e presenta uno dei progetti più innovativi per il Sud nel settore di sua competenza, in un’ottica mediterranea: l’incontro, cioè, tra la logistica e le aziende farmaceutiche e biomedicali del territorio da cui far scaturire un polo di logistica industriale. In parole semplici e comprensibili a tutti, i nostri farmacisti e le nostre aziende farmaceutiche regionali, la cui proprietà resta straniera (vedi Novartis), si propongono di migliorare tecnologicamente il packaging (confezionamento) e la distribuzione dei farmaci non solo al Sud ma in tutta l’area del Mediterraneo.

Il peso del farmaceutico sull’export del Mezzogiorno continua ad aumentare, come dimostrano i 29 miliardi delle esportazioni della sola Campania nel 2023. E’ vera gloria? E’ vero progresso utile alla tutela della salute innanzitutto dei cittadini italiani?

Quale farmacoeconomista, e per questo ostracizzato da decenni perché non parlo solo dopo essere andato in pensione come Garattini, nella responsabilità prioritaria di difendere il mio Ssn quale dipendente pubblico, da circa 15 anni sono diventato il paladino della necessità ineludibile di dare priorità assoluta in Campania alla Prevenzione Primaria e non Secondaria per almeno tentare di ridurre l’eccezionale numero di casi incidenti che stanno falcidiando, anche economicamente, la mia Regione per il disastro ambientale noto come Terra dei Fuochi.

Questi dati di “packaging” ed export farmaceutico, presentati come eccezionalmente positivi per la Campania, non li trovo per niente positivi per il Ssn regionale, ma solo per i farmacisti e le aziende farmaceutiche quasi tutte straniere. Senza controlli aziendali di farmacoeconomia serrati, trasparenti e pubblici, in Regione Campania, le cure in eccellenza mondiale determinano un folle incremento dei costi tutti a carico del già moribondo Ssn, ma soprattutto è pericolosissimo, al limite del suicidio per lo Stato italiano ma anche per la intera Ue, avere lasciato pressoché in monopolio a India e Cina la produzione dei principi attivi dei farmaci fuori brevetto. Abbiamo oltre 3600 principi attivi già carenti nelle nostre farmacie come certifica Aifa. Non abbiamo mai “impacchettato” tanti farmaci nel nostro Paese, non abbiamo mai avuto tanta carenza di farmaci in farmacia per noi italiani.

Se domattina e per un qualunque motivo India e Cina bloccano l’import dei principi attivi fuori brevetto che poi vengono “impacchettati” e distribuiti (con grande profitto) dai nostri farmacisti, l’Italia intera da un giorno all’altro rischia di trovarsi senza farmaci nelle farmacie, come già avvenuto con le banalissime mascherine Ffp2 anti Covid nel 2020.

Stiamo correndo un rischio mortale come Stato Italiano. Ogni giorno, ogni cittadino campano deve lottare per farsi curare e trovare farmaci in farmacia. Eppure, non abbiamo mai avuto tanta ricerca di eccellenza ma a costi assolutamente folli e tenuti nascosti che di fatto contribuiscono non ad aiutare ma a sbriciolare il nostro meraviglioso e ormai moribondo Sistema Sanitario nazionale pubblico, universale e solidale, affossato dai suoi stessi medici e farmacisti che non “avvisano” il decisore politico di turno.

Si cura meglio dove si fa ricerca, ma non si deve mai far sapere quanto ci costa e dove si produce il principio attivo una volta uscito fuori brevetto. Curare il risparmio, per non risparmiare cure, sarebbe una azione gestionale sacrosanta e indispensabile in tutte le nostre aziende sanitarie, specie negli Irccs, ma chi lo fa o tenta di farlo viene stroncato, non aiutato, salvo poi lasciarlo parlare liberamente – ma solo dopo la pensione!

Meritiamo l’estinzione, se prima India o Cina non ci bloccano l’import di farmaci essenziali da “impacchettare” e distribuire – ma non produrre – sul nostro territorio nazionale.

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