Ancora una volta i Fridays For Future, movimento nato da Greta Thunberg, scendono in piazza per lo sciopero globale per il clima. La mobilitazione coinvolge molte città italiane. Le motivazioni sono diverse, alle antiche se ne sommano di nuove: i Fridays For Future si schierano apertamente contro il governo italiano, sia contro la proposta di autonomia differenziata che “acuirà le diseguaglianze, anche ambientali”, sia, ovviamente, contro il Decreto Sicurezza, definita una delle “leggi più liberticide della storia della Repubblica”. Il governo, si legge nella nota del movimento, usa la forza perché è incapace di convincere. Ma “la fortissima repressione e criminalizzazione delle proteste per la giustizia climatica e sociale è un sintomo della mancanza di risposte concrete ai problemi materiali del nostro presente”.

Ci si mobilita, insomma, contro le scelte della politica italiana. Ma anche contro Israele che, “con il supporto di Stati Uniti ed Europa, sta commettendo un brutale genocidio del popolo palestinese e un ecocidio delle loro risorse naturali, bombardando anche il popolo palestinese nella sua furia colonialista”. E infatti Greta Thunberg in questi ultimi mesi si è dedicata apertamente alla causa palestinese, scendendo in piazza e manifestando e venendo anche fermata (e arrestata) più volte. Particolare tensione ha creato la sua presenza in Germania, dove è stata appunto arrestata dalla polizia tedesca e definita da molti politici “antisemita”.

Anche in Italia non le vengono risparmiate critiche. Il giornale Il Foglio ha pubblicato un pezzo dal titolo La triste evoluzione di Greta, in marcia con gli islamisti. In molti sostengono che sia Greta che il movimento dei Fridays For Future dovrebbero occuparsi solo della causa climatica. Ma affermare questo significa non aver capito nulla né di Greta Thunberg né dei Fridays For Future. Che sempre hanno legato la lotta contro la crisi climatica ad una lotta sociale e politica. Giustizia ambientale e giustizia sociale sono due facce della stessa medaglia. Ecco perché la distruzione provocata da aziende come la Chevron, che l’attivista svedese invita apertamente a boicottare sul suo profilo Instagram, è la stessa distruzione provocata da Israele e dai suoi bombardamenti.

L’ecocidio e il genocidio, così lo definisce il movimento, nascono dalla stessa radice e sono egualmente inaccettabili ed egualmente da combattere. Il movimento climatico non può che essere politico e non può che combattere per la libertà dei popoli del mondo e contro ogni forma di oppressione, esattamente come combatte contro la crisi climatica e le due devastanti conseguenze.

La lotta, in definitiva, è contro la violenza e tutti i modi in cui si manifesta. Come recita un noto cartello che ha fatto il giro del web: “L’ambientalismo, senza lotta di classe, è giardinaggio”. Ma anche, direi: “L’ambientalismo, se non si schiera contro il massacro di una popolazione, è vuota e inutile azione”.

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