La debolezza dello yen, sceso nuovamente ai minimi storici sul dollaro statunitense e sull’euro e dell’economia in genere, anche grazie a un confuso esordio sull’argomento dell’attuale primo ministro Ishiba Shigeru (in carica dal 1 ottobre), sta amplificando un fenomeno crescente: il turismo sessuale.
Una delle derive del costante sovraffollamento turistico che sta vivendo il Giappone – si legge sul Japan Times e se ne discute su diversi media nipponici – con turisti felici dell’accresciuta possibilità d’acquisto nel Paese noto per l’efficienza nei trasporti, la pulizia ovunque, per l’ottimo cibo e l’apparente armonia, è la prostituzione illegale, particolarmente evidente negli storici quartieri della capitale dove pullulano i locali a “luci rosse”. A Kabukichō (Shinjuku) si trovano alcuni minuscoli vicoli in cui si concentra il distretto del sesso a pagamento di Tōkyō, e qui si notano sempre più uomini di varie nazionalità andarsene in giro nella notte: “In cerca di ragazze con cui soddisfare i propri desideri” afferma la giornalista Karin Kaneko, e non più solo lì. Pure nel Parco di Okubo, tra le stazioni di Seibu-Shinjuku e Shin-Okubo sulla linea Yamanote, c’è un gran via vai di stranieri, con interpreti al seguito, in cerca di sesso illegale a pagamento.
Sui social come TikTok o il cinese Xiaohongshu, poi, vengono postate le immagini, allargando così la visibilità del fenomeno. Altro dato in allarmante aumento è l’insicurezza di questi luoghi non protetti, che registrano violenze e prevaricazioni sulle ragazze, alcune delle quali minorenni. Cosa sta succedendo e come stanno affrontando il problema i politici al governo, esistono enti sociali che se ne occupano?
La direttrice dell’associazione no profit PAPS (Organization for Pornography and Sexual Exploitation Survivors) Kazuna Kanajiri, attiva nella prevenzione e aiuto alle vittime di violenza sessuale, digitale e di pornografia, racconta: “A Kabukichō, accade perfino che a qualsiasi donna che cammina da sola nella notte, venga proposto di svolgere attività sessuali, senza alcuna misura efficace in grado di affrontare la situazione”. Dall’opposizione di governo si levano alcune preoccupazioni, come quella espressa da Yamanoi Kazunori del Partito Costituzionale Democratico e membro della Camera Bassa: “La realtà è che il Giappone sta diventando un Paese dove gli stranieri possono comprare servizi sessuali da giovani donne, e non si tratta più di un problema interno, ma di come le donne nipponiche vengono percepite dalla comunità internazionale”.
Il fenomeno in aumento è conseguenza sia della pandemia, durante la quale molte donne hanno perso il lavoro, sia di un altro problema legato al mercato del sesso, per cui alcune frequentatrici degli “host club” (locali dove sono uomini di bell’aspetto a intrattenere le donne) ricorrono a scambi sessuali per pagare i debiti accumulati. Si tratta di luoghi i cui proprietari attuano schemi tali da indurre le donne a indebitarsi senza scampo, costringendole così a prostituirsi. Sempre dai dati acquisiti dalla giornalista Karin Kaneko, per il dipartimento di Polizia Metropolitana di Tōkyō il 43% delle donne arrestate nel 2023 afferma di avere iniziato a prostituirsi per pagare i debiti agli host club dove gravitano gli “idol” (adolescenti o poco più che ventenni diventati famosi per spettacoli e programmi TV) e l’80% di loro appartiene alla fascia d’età tra i 20 e i 30 anni.
In Giappone vendere e comprare prestazioni sessuali è vietato dalla legge, ma tale divieto si limita alla penetrazione e si applica una pena fino a sei mesi di prigione e multe pari a 10.000 Yen (61 euro) solo a chi si offre, non a chi “compra”. Ciò significa che, se un uomo paga per sesso al Parco di Okuko, è solo la donna a essere incriminata, cosa contestata dalle associazioni che si occupano dell’argomento e dal senso comune. Kanajiri, di PAPS, sostiene che sia prioritario imporre penalizzazioni a chi paga. Allo stesso tempo sottolinea la necessità di denunciare i clienti violenti e gli abusi compiuti sulle donne, che spesso rinunciano a cercare giustizia per paura di venire arrestate. Al giapponese “Mizu shobai”, tradizionale mercato dell’acqua e metafora con cui si indica l’industria del sesso fatta di “soapland, pink salons, centri di massaggi, e saune, si aggiunge ora l’overturism sessuale degli stranieri, qualcosa in più a cui porre rimedio.